Un fischio che non fa paura
Ottant’anni di storia musicale (e non solo) della città compressi in una dimensione temporale astratta, nella quale si muovono personaggi dai nomi più fantasiosi, dietro cui è però agevole riconoscere figure storiche della musica napoletana degli ultimi decenni. Nel suo lungo racconto “’O fischio ca nun fa paura” (Colonnese) il sassofonista e compositore Marco Zurzolo, alla sua seconda prova narrativa dopo “I napoletani non sono romantici”, evoca il mondo musicale in cui è cresciuto, partendo da un’originale idea di fondo: durante l’occupazione tedesca del 1943 alcuni giovani musicisti si mettono insieme in maniera un po’ avventurosa, per dare vita improvvisati concerti nei rifugi che accolgono i napoletani durante i bombardamenti. Così al fischio che fa paura, quello degli ordigni sganciati dagli aerei, si contrappone quello che invece non fa paura, cioè il suono prodotto dagli strumenti dei musicisti. Anche se si tratta spesso di un suono non del tutto rifinito, prodotto con strumenti non di prima qualità: forse più simile a un fischio, per l’appunto. Ma nel racconto di Zurzolo la dimensione temporale si espande, abbracciando anche i giorni nostri. E concludendo la narrazione con l’omicidio, avvenuto pochi mesi fa, del giovane musicista Giovan Battista “Giogiò” Cutolo, a cui il libro è dedicato. Omicidio la cui dinamica viene descritta con precisione, ma senza mai utilizzare i veri nomi dei protagonisti. D’altronde nessuno nel libro viene chiamato con il suo vero nome: è facile però identificare le figure di James Senese, Mario Musella, Franco Del Prete, Pino Daniele, Tullio De Piscopo, Joe Amoruso e Rino Zurzolo, il contrabbassista fratello dell’autore, scomparso nel 2017. Tra l’occupazione tedesca a cui è seguita la ribellione delle Quattro giornate e l’omicidio del giovane musicista passano ottant’anni esatti, che però Marco Zurzolo non è interessato rievocare in chiave realistica. E’ come se tutto accadesse nello stesso momento storico. Ciò che gli preme è celebrare il potere taumaturgico della musica, dovesse anche ridursi semplicemente a “un fischio che non fa paura”. E rendere omaggio alla nobiltà, magari stravagante e “irregolare”, di chi alla musica dedica la propria vita. Con uno sguardo attento e affettuoso sulla sua città, unica ai suoi occhi anche per tutta l’arte che nel corso del tempo è riuscita a produrre. Sembra ovvio che l’autore resta soprattutto un musicista, felice di questa sua condizione, e che non ha alcuna velleità di porsi come scrittore, che non ha insomma ambizioni letterarie, che scrivere per lui è un altro modo di rendere omaggio al suo mondo e alla sua storia. Utilizzando uno stile venato d’ironia e speziato con espressioni dialettali e frasi gergali, con movenze anche da monologo teatrale. Completano il volumetto dodici brani eseguiti dallo stesso Marco Zurzolo con i suoi musicisti, che è possibile ascoltare utilizzando un lettore di codice QR. Brani soprattutto degli Showmen, ma anche di Napoli Centrale, Pino Daniele e Musicanova. La colonna sonora più adeguata per un libro scritto con autentica passione.