Un caffè con l’autore -Aurelio Musi-
La quarta perla della Collana “Studi e Ricerche” della casa editrice New Digital Frontiers è un saggio che mira a diventare l’apripista di una riflessione epistemologica sulla storia e sul rapporto di questa con le altre scienze. Abbiamo voluto porre alcune domande al suo autore.
- Partiamo dal titolo della sua ultima fatica, “Memoria, cervello e storia” edito dalla casa editrice New Digital Frontiers all’interno della collana “Studi e ricerche”. Lei in questo lavoro, tenta un’impresa ardua, se non rivoluzionaria. Mette insieme e fa dialogare il mondo delle scienze “dure” con le scienze storico-sociali, cerca cioè di creare un ponte “epistemologico” tra biologia e storia. Come nasce l’idea per un lavoro di questo tipo, quali difficoltà o resistenze ha incontrato lungo il cammino?
In un’epoca in cui la storia non gode di successo e attenzione nel senso comune, ho cercato di farne capire l’utilità per la vita. Insomma la storia serve. Le difficoltà e le resistenze che ho incontrato per questo libro sono di due tipi. Primo tipo: la visione tradizionale della separazione fra scienze umane, storico-sociali e scienze biologiche. Secondo tipo le resistenze dell’accademia, poco sensibile ai temi da me trattati.
- In questa operazione di paragone tra biologia e storia, qual è il ruolo dello storico?
Il ruolo dello storico è quello di fare lo storico, , con la consapevolezza che oggetto della storia è l’uomo nella sua integralità.
- Tra le pagine del suo libro troviamo scritto che: Non sarebbe difficile ritrovare nella costruzione del rapporto tra fonte e fatto meccanismi che svolgono funzioni simili ad esempio a quelli della memoria olfattiva. Che significa questa affermazione? Che i processi che regolano il mio ricordo del profumo del caffè al mattino sono gli stessi che regolano quello tra una lettera del Cardinal Filomarino e la rivolta di Masaniello?
No, il rapporto non è certo così meccanico. Ho voluto solo dire che il rapporto stimolo-risposta, con tutte le mediazioni che richiede, è assai analogico al rapporto fra la fonte e il fatto. Anche il documento come rappresentazione del fatto contiene una miriade di sfumature che, tuttavia, ci riconducono alla sua base materiale di riferimento.
- Quando si parla del rapporto tra memoria e storia, non si può fare a meno di parlare d’identità. In che rapporto stanno le costruzioni identitarie delle comunità e dei singoli con la memoria?
Bisogna sfatare l’equivoco delle “identità condivise”. Tra storia e memoria collettiva non c’è identità. La prima è una forma di conoscenza fondata su un metodo scientifico, sull’analisi e l’interpretazione critica di fonti e documenti. Il rapporto presente-passato è necessario. Sono i problemi del presente che inducono a considerare e riconsiderare i fatti del passato. Ma esso non può mai essere schiacciato strumentalmente sull’attualità. La memoria invece è un insieme complesso e a volte contraddittorio di sentimenti e risentimenti; ha a che fare con la sfera emotiva, che spesso falsa l’immagine e la rappresentazione del passato. Per tutti questi motivi è assai difficile costruire una “memoria condivisa”.
- Oggi si sente parlare tanto di “uso pubblico della storia”, si sottolinea come le memorie collettive e la storia vengano piegate a questo o a quel fine politico. Si pensi ad esempio al caso della recente delibera del consiglio regionale della Puglia che ha istiutito il 13 febbraio come giornata ufficiale in cui commemorare i meridionali che perirono in occasione dell’unità d’Italia. Al di là del giudizio sul signolo fatto, come può una riflessione sulle tematiche affrontate nel libro essere utile al dibattito su queste vicende?
Alcuni partiti e movimenti, in crisi di idee e di ideali, alla ricerca di un facile consenso, stanno spudoratamente strumentalizzando sentimenti, risentimenti, frustrazioni di strati di popolazione meridionale afflitti da una drammatica crisi generale. Attraverso una scorretta operazione collage, priva di qualsiasi riferimento storico e contestuale, imboccano la scorciatoia della nostalgia per qualche voto in più.
- Leggendo il suo libro, emerge chiara la volontà da parte dell’autore di porre in risalto la natura profondamente “storica” della realtà, che in estrema sintesi si riduce al concetto di “storicità del vivente”. Questo, fino all’estrema considerazione che anche il nostro patrimonio genetico, il nostro cervello, hanno a che fare con la storia. Non crede ci sia il rischio di essere accusato di delirio di Onnipotenza?
No, voglio solo fare entrare più storia nella vita e più vita nella storia.