Libri e librai nel XVI secolo
La rivoluzione della stampa e il ruolo di Palermo
A Palermo, il Cassaro, oggi via Vittorio Emanuele, ha rappresentato non solo il cuore della città ma anche un polo culturale caratterizzato dalla presenza di tipografie.
Ancora oggi all’interno di ques’arteria principale della città è possibile constatare le tracce di queste attività, sottolineata dalla presenza di molte librerie.
Nel XVI secolo in Europa si assiste a una diffusione dal libro stampato e di conseguenza a un proliferare della cultura. Questa rivoluzione venne agevolata dall’invenzione della stampa a caratteri mobili ad opera del tipografo tedesco Johannes Gutenberg (1455). L’invenzione fu il catalizzatore che favorì la nascita di altri centri in cui veniva adoperata questa portentosa macchina: di fatto alla fine del XV secolo si contavano intorno ai 1000 torchi in 200 città d’Europa(1).
Dai torchi uscivano non soltanto libri di argomento medico e di diritto, ma anche di carattere religioso, come la Bibbia che divenne il best-seller di quel periodo. La stampa divenne nella prima età moderna un’arma potente nelle mani di Lutero e nel corso della Riforma protestante, con non meno di 10.500 edizioni nel XV secolo e 64.000 nel XVI, tenendo conto solo delle edizioni giunte fino a noi, l’Italia ebbe un ruolo principale nella prima età della stampa(2).
Tra le varie zone della penisola italiana, grande risalto ebbe il ruolo della Repubblica di Venezia. Di fatto il mercato librario nella Serenissima viene ricondotto all’operato del tipografo tedesco Giovanni da Spira(3).
Nel 1490 dagli altri territori italiani arrivarono uomini che erano intenzionati a intraprendere il mestiere del tipografo. Il primato di Venezia in Italia e nel mondo era assoluto: nel decennio 1541-1550 quasi il 62% dei titoli italiani furono stampati nella città lagunare(4).
A Palermo, capitale del Regno di Sicilia, il commercio del libro a stampa cominciò a diffondersi tramite l’opera di esponenti come Pietro Piffari e alla sua bottega. Nel ‘500 la città divenne il centro della produzione libraria dell’isola, mentre per lo smistamento di questo piccolo oggetto del desiderio veniva utilizzata dai mercanti il porto di Messina.
Figure di spicco come giuristi, nobili ed ecclesiastici, tramite il consumo dell’oggetto libro, partecipavano a un processo di fioritura culturale che si stava espandendo in Europa. Come tutte le merci che venivano commercializzate, il libro creò una rete, un vero e proprio mercato che tuttavia aveva una clientela ristretta.
Lo studio condotto da Carmen Salvo sull’archivio del viceré Ettore Pignatelli rivela una conoscenza approfondita che era in possesso anche della classe dirigente vicina all’imperatore Carlo V. Nonostante l’impatto che ebbe la stampa nel XVI secolo, lo storico Antonino Giuffrida sottolinea come nella seconda metà del Cinquecento alcuni merciai palermitani non tenessero più libri nelle proprie botteghe-bazar, ad eccezione di Embert che mantenne un’offerta variegata fatta di quadri, libri, opere d’arte, penne e inchiostro.
Dopo le armi da fuoco, la stampa divenne un mezzo importante per la diffusione della cultura e delle idee nel corso del XVI secolo di cui si “armarono” gli intellettuali e altri esponenti della società dell’età moderna.
Note:
1 Cfr. O. Rossini, M. Miglio, Gutenberg e Roma. Le origini della stampa nella città dei papi (1467-1477), Electa, Napoli, 1997, p. 18
2 Cfr. C. Gandi, Il controllo della stampa a Venezia. Padroni dei libri e dell’informazione, Università Ca’ Foscari, pag. 20
3 Cfr. M. Lowry, Nicolas Jenson e le origini dell’editoria veneziana nell’Europa del rinascimento, Il veltro editrice, 2002, p.44
4 Cfr. M. Infelise, Padroni dei libri. Il controllo sulla stampa nella prima età moderna, Laterza, Roma-Bari 2014, pag. 60