Pietro Giannone, intellettuale eretico a Vienna
Storia di un pensatore scomodo e del suo tempo nel volume L’affaire Giannone face à l’ Europe. Vie de Pietro Giannone, Profession de foi et Abjuration, a cura di Schlüter e Ricuperati (Paris, Honoré Champion, 2019)
In un Paese quale l’Italia – in cui il sensazionalismo e il racconto fondato sulla mitologia incidono maggiormente sulla coscienza civica dei suoi abitanti, e quindi sui destini degli stessi – non è un caso che l’opera e l’attività di un intellettuale come Pietro Giannone sia poco conosciuta.
L’Antologia ideata da Gisela Schlüter e Giuseppe Ricuperati offre una visuale ampia e problematica sul ruolo che il giureconsulto napoletano ricoprì nello sviluppo di una cultura laica svincolata dai dogmi, dalla superstizione e dall’opportunismo, vizi di cui i nostri intellettuali, o presunti tali, non si sono mai del tutto ritenuti scevri. La vicenda umana del giurista pugliese, nato ad Ischitella, si intreccia indissolubilmente con quella dell’elaborazione culturale, dando vita a una dimensione civile delle due attività per cui nell’universo mentale del nostro non ci sarà mai lo spazio per poter concepire un arretramento e, quindi, salvare l’una a detrimento dell’altra. Lo stesso profilo dell’analisi sviluppata dal libero pensatore pugliese non abbasserà il tono della sua riflessione per compiacere il potere.
Dunque, Pietro Giannone viene presentato al lettore francese come un anticipatore di tutti quei temi che costituiranno l’asse fondativo del pensiero illuminista e che egli, quasi come un profeta, aveva preannunciato ed evocato.
Lo scritto che lo renderà famoso è certamente l’Istoria civile del Regno di Napoli ma, a causa della strenua difesa delle tesi in essa contenute, è anche l’opera che lo indurrà all’esilio, lo renderà vittima della diffamazione, della condanna dell’Inquisizione, della persecuzione e infine della carcerazione. Le critiche tese a screditare l’Istoria civile furono tante, non ultima l’accusa di plagio rivoltagli da Alessandro Manzoni, dagli adepti del neoguelfismo e recentemente ripresa in una trasmissione televisiva da un raffinato storico marxista.
Ma, come è stato osservato da Giuseppe Ricuperati e da Andrea Merlotti, a questi intellettuali sfugge il senso profondo dell’opera “che non stava nella ricostruzione erudita degli eventi del Regno, ma nell’affermazione del principio dell’autonomia dello Stato” 1.
Il clima del dibattito culturale, avviato nel Regno di Napoli dai lavori di Gaetano Argento e di Alessandro Riccardi, mutava con l’arrivo del nuovo viceré, il cardinale Fridrich Michal von Althann. Questa infausta circostanza indusse Pietro Giannone a emigrare a Vienna. Nella capitale degli Asburgo, grazie alla consuetudine che stabilì con l’ambiente cosmopolita, alle frequentazioni della biblioteca di Corte, del principe Eugenio, del barone di Hohendorf, Giannone maturò l’idea che le contestazioni mosse nei confronti del potere della compagine cattolica dovessero superare l’ambito giurisdizionale e coinvolgere soprattutto la riflessione filosofica.
In Austria, inoltre, avrà modo di confrontarsi con il pensiero di Baruch Spinoza e abbracciarne le tesi, finendo, così, per allargare il focus della sua critica rivolta al potere della Chiesa dalle discipline storiche e giuridiche a quelle proprie dell’antropologia. Attraverso un’attenta disamina delle opere dei teologi scolastici e dei Padri della Chiesa, Giannone comprese che l’operazione di sant’Agostino tesa a riconoscere l’immortalità dell’anima consisteva in “uno spostamento del problema da un ambito conoscitivo verso un piano puramente teologico e utilizza l’anima per sancire i caratteri spirituali del corpo umano” 2.
Questo approccio consentirà a Gregorio Magno di avanzare l’idea dell’esistenza del Purgatorio per redimere l’anima e consentirne l’accesso al Paradiso, un orientamento che permetterà al Papa di accentuare “le processus de consolidation du primat de la Rome papale et de l’inscription de ce primat dans la lignée de l’universalité de l’Empire” 3.
Partendo da tali premesse, Giannone imposta un piano di letture che lo porterà a scrivere il Triregno; questo suo programma proseguirà con i libri su l’Istoria del pontificato di Gregorio Magno e l’Apologia de’ Teologi Scolastici. Con questi scritti Giannone disvela le origini mistificatorie su cui si fonda il potere della Chiesa la quale, non potendolo contrastare sul piano scientifico, dovrà ricorrere a metodi più subdoli per farlo tacere. La stessa sagacia e talvolta l’ironia con la quale lo studioso conduce le sue ricerche diventano una minaccia per il potere. Scoppia così “la questione Giannone”.
Il pericolo diventa ancor più imminente per l’Inquisizione quando Giannone si trasferirà a Venezia. Infatti, dalla Repubblica venne rapito, poi abbandonato nei territori dello Stato Pontificio dove grazie all’aiuto di Ludovico Antonio Muratori riuscì a intraprendere il viaggio che lo avrebbe condotto a Ginevra. Successivamente, nel 1736, per assistere alla Messa pasquale a Vésenaz, Giannone si reca in Savoia dove cade nel tranello del marchese d’Ormea, che lo arresterà con l’intento di usare lo studioso come merce di scambio al fine di indurre lo Stato pontificio a sottoscrivere un trattato più favorevole ai sabaudi.
Durante la detenzione, Giannone sarà costretto a sottoscrivere l’abiura – che viene pubblicata per la prima volta nell’Antologia in una forma filologicamente aderente all’originale – e redigerà la Vita scritta da se medesimo. Entrambi i testi sono strettamente legati all’Affaire Giannone perché con l’abiura lo studioso rinnega tutte le convinzioni riportate nelle sue opere senza annoverare tra queste la sua biografia, mentre proprio nel racconto autobiografico egli aveva ripreso e riaffermato il valore e il contenuto dei suoi scritti. Come giustamente osserva Giuseppe Ricuperati:
En 1736/37, pendant sa détention, Giannone rédigea sa longue Vie de Pietro Giannone écrite par lui-même, dans laquelle il explique d’une manière détaillée ses œuvres complètes dans une intention apologétique – toutes ces œuvres qu’il devait désavouer un an plus tard dans sa rétractation. La Vie – fait révélateur – n’est pas nommée dans la rétractation. Elle sert de contrepoids à l’Abjuration. Si l’Abjuration se fit dans l’obscurité de la prison, éclairée par des bougies pour ainsi dire, la Vie fait apparaître en plein jour la pensée et l’itinéraire de Giannone protagoniste du siècle des Lumières. 4
Il lascito della riflessione di Giannone è soprattutto una ricerca sulla genealogia e sulla legittimazione dei poteri che traggono la loro forza nel veicolare degli orizzonti mitici, di scenari tratti da un insieme di credenze e di pratiche rituali scaturite da ambienti culturalmente arretrati, i cui principi poggiano su presupposti magici e soprannaturali.
Ma dall’Affaire Giannone emerge anche il carattere di una classe dirigente italiana conformista, avvezza al compromesso, ai patteggiamenti e incline all’autoritarismo. Avvertiamo il carattere ambivalente dell’Italia la quale nella sua storia ha saputo esprimere al tempo stesso la forza omologante del potere e lo spirito creativo della protesta e dell’eclettismo. Non della bomba atomica o della forza distruttiva dei virus dovremmo aver paura ma di chi intende tacitare il dibattito culturale in un oscuro silenzio.
Note:
1 A. Merlotti, Pietro Giannone, in “Dizionario Biografico degli Italiani”, volume 54 (2000). p. 512.
2 S. Barbagallo, Postfazione, in G. Ricuperati, Le sfide di Baruch Spinoza e di Pierre Bayle. L’invenzione dell’“ateo virtuoso” alle origini della “religione civile”, Nino Aragno Editore, Torino 2019, pp. 360-361.
3 L’affaire Giannone face à l’Europe. Vie de Pietro Giannone, Profession de foi et Abjuration, Un choix de textes traduits, annotés et commentés par G. Schlüter et G. Ricuperati, Paris, Honoré Champion, 2019, p. 30.
4 L’affaire Giannone face à l’Europe. Vie de Pietro Giannone, Profession de foi et Abjuration, Un choix de textes traduits, annotés et commentés par G. Schlüter et G. Ricuperati, Paris, Honoré Champion, 2019, pp. 8-9.