M. Rozen, The Mediterranean in the Seventeenth Century: Captives, Pirates and Ransomers
(a cura di Francesco Carnevale)
M. Rozen, The Mediterranean in the Seventeenth Century: Captives, Pirates and Ransomers, Quaderni “Mediterranea” Ricerche storiche n.32 (2016), pp. 151.
Pirati, bucanieri, corsari, sono figure che da sempre affascinano l’immaginario collettivo. Essi hanno dato e continuano ad evocare racconti che vanno ben oltre il confine della fantasia, ispirando cicli romanzeschi e cinematografici che minano il senso di un discorso storiografico serio con analisi dettagliate sui fenomeni culturali, sociali e civili che incisero sulle società creatrici e succubi dell’attività di questi, che possiamo considerare attori sociali a tutti gli effetti lungo le diverse epoche.
L’agile saggio della storica Minna Rozen, esperta di storia ebraica dell’università di Haifa, potrebbe essere una delle possibili scintille da cui partire per innescare un percorso di ricerca storica sul fenomeno della pirateria in Età Moderna. Il volume rappresenta il trentaduesimo numero della collana “Quaderni”, della rivista diretta da Orazio Cancila, – Mediterranea ricerche storiche – .
I campi d’azione nelle quali si esprime l’analisi della storica sono bene delimitati e riguardano l’età d’oro della pirateria, Il XVII secolo, uno spazio circoscritto, il Mediterraneo ed una cultura precisa, quella ebraica.
Il lavoro scaturisce da una conferenza che ha avuto luogo nel settembre 2013 presso l’Università di Paderborn, in Germania. Il tema della giornata di studi era il seguente: The Ransom of Prisoners in the Mediterranean: An Interreligious Comparison.
Un’ottica comparativa quindi, che nella disamina della storica israelita emerge chiaramente nell’ultimo paragrafo del volume, tra i più interessanti dell’intero saggio, nella quale vengono giustapposte le pratiche di riscatto dei prigionieri ebraici, cristiani e musulmani durante il periodo in esame.
La ricerca esamina la prigionia, la differenziazione di status e le pratiche legate al riscatto dei prigionieri da parte degli stati o dei popoli danneggiati dalle attività di pirateria. Delle conseguenze economiche e sociali dell’attività criminale legata alla navigazione mediterranea nel XVII secolo. Dopo un breve excursus sullo stato dell’arte, Minna Rozen entra nel cuore del problema, la prigionia degli ebrei nello spazio compreso tra la costa adriatica verso Est, fino al medioriente ed il mediterraneo meridionale, gli aspetti finanziari del loro riscatto, le ramificazioni socioculturali di questo fenomeno.
La storica, partendo dagli assunti religiosi, da una prospettiva di comparazione interreligiosa, arriva a parlare di uno statuto sovra-religioso sotteso alle vicende della liberazione dei prigionieri.
Se è vero, come è vero che il riscatto dei prigionieri è considerato uno delle più alte espressioni di solidarietà tra gli ebrei. Ricordando che la prigionia è considerata peggiore della morte. E’ altrettanto vero che non può essere confinato il discorso ad un mero contesto religioso, ed ancora riferendosi alla cultura religiosa ebraica, già nella Mishnah, ricorda Minna Rozen, esistono degli anticorpi allo sfruttamento di questa pratica, al fine di rendere sin troppo appetibili ai criminali del mare le prede ebraiche, evitando una situazione in cui i prigionieri ebrei sarebbero diventati una sin troppo desiderabile una merce.
Uno dei tratti distintivi del puntiglioso saggio della storica è senza dubbio la preziosa appendice documentaria, composta in prevalenza da scambi epistolari, con testo ebraico a fronte, che permettono al lettore di trovare direttamente nel testo i riferimenti a quanto detto in fase di riflessione storica permettendo a quest‘ultimo di trovare dei precisi riferimenti al contesto culturale ebraico seicentesco.
Per la storica israeliana, in definitiva, la liberazione dei prigionieri, di tutti i prigionieri, fu soprattutto nel secolo d‘oro della pirateria, un business a tutti gli effetti, e l’ingiunzione religiosa in ultima analisi, ha costituito una premessa per lo svolgimento di un grande giro d‘affari internazionale, in una fase storica dove il diritto internazionale era in uno stadio embrionale, e in un contesto nel quale la principale merce erano gli esseri umani.
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