George Washington: primo presidente e padre fondatore degli Stati Uniti d’America
George Washington, nella storia degli Stati Uniti, ha rappresentato e rappresenta ancora oggi un monumento per il popolo americano. Nonostante la famiglia Washington fosse di origini inglesi e benché avesse servito durante la Guerra dei sette anni, nel corso della Rivoluzione americana divenne il comandante dell’esercito continentale. Alla fine del conflitto, George Washington venne nominato primo presidente dei neonati Stati Uniti d’America e “padre della nazione”, diventando un punto di riferimento per il popolo anche dopo la sua morte.
La vita di George Washington: l’infanzia e la gioventù del primo presidente degli Stati Uniti
George Washington nacque nel 1732 a Pope Creeck, nella contea di Westmoreland, dal secondo matrimonio tra Augustine Washington (1694-1743), un piantatore della Virginia, che a quel tempo era una colonia britannica, e Mary Bell Washington (1708-1789).
Nel corso della sua giovinezza Washington, che era il primo di sei figli del secondo matrimonio, visse nella piantagione di Ferry Farm, fino alla morte del padre nel 1743.
Da quel momento George cominciò ad aiutare la madre nella gestione della piantagione. Nonostante queste occupazioni, grazie al fratello Lawrence, figlio del primo matrimonio del padre, riuscì ad ottenere un’educazione di base fino all’età di 15 anni presso Williamsburg.
Nel corso della sua educazione, il giovane Washington sviluppò un forte interesse per le materie scientifiche, soprattutto per la topografia.
Nonostante avesse ricevuto una formazione basilare, riuscì ad avere contatti con l’aristocrazia territoriale e con personalità influenti come i coniugi George William Fairfax e Sarah Cary, conosciuta anche con il nome di Sally Fairfax. Quest’ultima divenne determinante nella vita del futuro primo presidente degli Stati Uniti perché gli diede un’educazione più raffinata, basata sullo studio di autori classici e nelle materie umanistiche.
Intanto suo fratello, Lawrence Washington, aveva sposato Annie Fairfax, cognata di Sally Fairfax, facendo diventare George, a buon titolo, un membro della famiglia Fairfax. I coniugi William e Sally Fairfax tornarono successivamente in Inghilterra dove morirono di tubercolosi. George Washington ereditò così la proprietà di famiglia a Mount Vernon e si arruolò nella milizia della Virginia nella guerra franco-indiana (1754-1763), uno dei fronti della Guerra dei sette anni.
La carriera militare di George Washington nella Guerra dei sette anni
Durante il conflitto anglo-francese nella Guerra dei sette anni, George Washington servì sotto il comando del generale Edward Braddock (1659-1755), che è arrivò dall’Inghilterra sul suolo nordamericano nel 1755. L’intento del generale britannico era quello di sconfiggere i francesi, i quali tesero un’imboscata al contingente comandato da Braddock, che venne ferito da un proiettile e portato in salvo dal giovane aiutante di campo George Washington.
Dopo la morte di Braddock, Washington venne nominato colonnello a soli 23 anni. Dopo spedizioni e incursioni, decise di erigere una serie di fortini al confine per difendere il territorio dagli attacchi francesi. In seguito, alla fine del conflitto tra Inghilterra e Francia nel Nord America nel 1763, una volta congedatosi, George Washington prese in moglie Martha Dandridge Custis su insistenza di Sally Fairfax.
Dopo il matrimonio, nel 1759, i due coniugi si stabilirono nella residenza di Mount Vernon che era stata ristrutturata con l’aiuto della stessa Sally. Nel periodo di riposo Washington divenne deputato del congresso continentale (1774), che diede inizio alla sua ascesa politica che lo porterà a diventare una delle figure di riferimento nel corso della Rivoluzione americana (1776).
George Washington e la Rivoluzione americana
Divenuto rappresentante nel parlamento della Virginia, Washington conobbe Thomas Jefferson (1743-1826) – che sarà il terzo presidente degli Stati Uniti d’America, dal 1801 al 1809 – attraverso cui aderì alla lotta contro la madre patria. Nel 1775, in seguito alle conquiste di alcuni avamposti britannici da parti di alcuni generali, venne creato l’Esercito continentale.
L’esperienza maturata durante la Guerra dei sette anni gli tornò utile a Washington nella lotta contro l’oppressione inglese: di fatto nel 1775 venne nominato comandante in capo. Nonostante il futuro presidente degli Stati Uniti non avesse una grande esperienza strategica, riuscì ad organizzare una milizia di volontari, benché poco addestrata e indisciplinata.
La tattica di Washington fu quella di evitare scontri in campo aperto, ingaggiando una vera e propria guerra di logoramento, fatta di guerriglia e attacchi a sorpresa, che mirava a sfoltire le schiere dell’esercito britannico, meglio equipaggiato e addestrato della milizia volontaria. I membri delle milizie coloniali più preparati e disciplinati erano i minutemen del New England.
Tuttavia, per colmare la mancanza di preparazione dal punto di vista strategico, Washington si circondò di ufficiali stranieri di varia provenienza e provenienti dal continente americano, preparati sul piano tattico e disciplinare.
Nel 1781 la milizia volontaria comandata dal generale Alexander Hamilton (1727-1806), braccio destro di Washington, con l’aiuto delle truppe francesi, guidate da Marie-Joseph marchese de La Fayette (1757-1834), sconfiggerà il generale inglese Charles Cornwallis (1738-1805) a Yorktown. Con il Trattato di Parigi del 1783, l’Inghilterra riconobbe l’indipendenza delle 13 colonie americane, che di conseguenza decretò la fine della Rivoluzione americana.
La Convenzione di Filadelfia
Con l’indipendenza americana dalla madrepatria, nel 1787 venne convocato a Filadelfia, alla presenza di 54 deputati, il Congresso continentale. In quell’assemblea, George Washington divenne presidente e fu delineato il sistema politico basato su due schieramenti.
Nel corso del Congresso, vennero stabiliti i criteri attraverso cui venivano ripartiti i voti e i seggi per i singoli Stati. Si decise poi di dare lo stesso valore al voto di tutti i deputati, imponendo che il loro numero dipendesse da quello degli abitanti dello Stato che essi rappresentavano; mentre il numero di senatori era fissato con due senatori per ogni Stato. Questo compromesso si rese necessario dopo che il voto di New York, a favore della proposta avanzata dagli Stati più piccoli, aveva portato a una situazione di stallo tra gli schieramenti.
George Washington e la schiavitù in America, le premesse della Guerra di secessione
All’epoca della formazione degli Stati Uniti d’America, non fu perfettamente chiara la posizione degli schiavi, che, se da un lato venivano conteggiati come singoli cittadini, dall’altro non godevano di alcun diritto.
Gli Stati del Sud chiedevano che gli schiavi contassero come singoli cittadini, mentre quelli del Nord aspiravano a mantenere la popolazione afro-americana in una condizione di privazione dei diritti. A causa queste frizioni scoppierà la Guerra di secessione americana tra gli Stati del Nord, che daranno vita all’Unione, e quelli del Sud, riuniti nella Confederazione.
In ultima istanza, George Washington decise di dare maggior rilievo al potere esecutivo e di dare al governo una forma di tipo presidenziale, attraverso cui il presidente godeva di un potere maggiore rispetto ai governatori dei singoli Stati. Dai tempi di Washington fino ai giorni nostri, il presidente degli Stati Uniti d’America è il comandante in capo delle forze armate e nomina i giudici della Corte Suprema.
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La presidenza di George Washington
Nel 1783, in seguito alla firma del Trattato di Parigi tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti, Washington, credendo di aver fatto il proprio dovere, rinunciò al comando dell’esercito e tornò a Mount Vernon, intento a riprendere la sua vita di gentleman farmer e uomo di famiglia.
Tuttavia, nel 1787, gli fu chiesto di partecipare alla Convenzione costituzionale a Filadelfia e dirigere il comitato per redigere la nuova Costituzione. La sua impressionante leadership aveva convinto i delegati di essere di gran lunga l’uomo più qualificato per diventare il primo presidente della nazione. In un primo momento Washington aveva esitato. Avrebbe voluto, finalmente, tornare a una vita tranquilla a casa e lasciare ad altri il governo della nuova nazione. Ma l’opinione pubblica era così forte che alla fine cedette.
La prima elezione presidenziale si tenne il 7 gennaio 1789 e Washington vinse facilmente. John Adams (1735-1826), che aveva ricevuto il secondo maggior numero di voti, diventò il primo vicepresidente della nazione. Il 57enne Washington fu “incoronato” il 30 aprile 1789 a New York City. Poiché Washington D.C., la futura capitale americana, non era ancora stata costruita, il presidente visse tra New York e Filadelfia. Mentre era in carica, firmò un disegno di legge che istituiva una futura capitale permanente degli Stati Uniti lungo il fiume Potomac, la città in seguito chiamata Washington, D.C., in suo onore.
Gli Stati Uniti erano una piccola nazione quando Washington entrò in carica, e non c’erano precedenti su come il nuovo presidente avrebbe dovuto condurre gli affari nazionali o esteri. Consapevole che le sue azioni avrebbero probabilmente determinato il modo in cui i futuri presidenti avrebbero dovuto governare, Washington lavorò duramente per dare un esempio di equità, prudenza e integrità.
In materia estera, ebbe rapporti cordiali con altri Paesi, ma seppe mantenere anche una posizione di neutralità nei conflitti esteri. Sotto la sua guida di Washington, gli Stati ratificarono il Bill of Rights e cinque nuovi territori entrarono nell’unione: North Carolina (1789), Rhode Island (1790), Vermont (1791), Kentucky (1792) e Tennessee (1796). Nel 1796 Washington si ritirò. Tornò a Mount Vernon e dedicò le sue attenzioni a rendere la piantagione produttiva come lo era stata prima di diventare presidente.
Nel dicembre 1799, prese un raffreddore dopo aver ispezionato le sue proprietà sotto la pioggia. Il raffreddore si trasformò in un’infezione alla gola e Washington morì la notte del 14 dicembre 1799 all’età di 67 anni. Fu sepolto a Mount Vernon, che nel 1960 fu designato come punto di riferimento storico nazionale.
Ideali e convinzioni di George Washington
Washington fu molto popolare non soltanto per le sue azioni eroiche e per essere stato il primo presidente degli Stati Uniti d’America.
Infatti egli divenne famoso per essere stato tollerante verso le altre religioni, a volere l’emancipazione degli schiavi nonostante la mentalità del periodo e per il suo legame con la massoneria. Nel corso della sua vita, George Washington come gli altri esponenti di spicco della società dell’epoca, possedeva degli schiavi. La sua famiglia era proprietaria una piantagione in cui lavoravano numerosi schiavi a cui si aggiunsero anche quelli della moglie.
Dopo la fine della Guerra di indipendenza Washington espresse in molte occasioni pubbliche la sua avversione nei confronti della schiavitù e diede un importante supporto alle visioni a favore dell’emancipazione degli schiavi. Pur non avendo liberato nessuno dei suoi schiavi nel corso della sua vita, volle che tutti i suoi schiavi venissero liberati dopo la morte di sua moglie Martha, eccezione fatta per il suo servitore personale William Lee, che fu liberato secondo le ultime volontà di Washington dopo la sua morte. Nel rapporto con le altre religioni si sa che Washington fu un cristiano praticante, tollerante nei confronti dei cattolici e aperto al dialogo con gli ebrei.
Nel 1752 venne iniziato nella Loggia di Federicksburg e divenne Maestro l’anno dopo; fu eletto Maestro Venerabile della Loggia di Alexandria, in Virginia e il 30 aprile 1789 gli fu conferito il titolo di Gran Maestro, carica che mantenne ed esercitò fino alla sua morte.