La storia del ritratto di Felice Settimo Napoli, principessa di Fitalia
Sulle tracce di un dipinto di Giuseppe Patania, a cavallo tra la storia dei casati e quella della città di Palermo
Il ritratto – firmato da Giuseppe Patania e datato 1839, rintracciato sul mercato romano e raffigurante Maria Felice Settimo, principessa di Fitalia – è riportato nell’elenco delle opere del pittore redatto da Agostino Gallo, suo attivo mecenate, ammiratore e agente (1).
Il 1839 è stato per Patania un anno abbastanza prolifico come ritrattista ed il dipinto in esame è citato come Ritratto della fu Principessa di Fitalia dell’età giovanile sino a petto cavato da una miniatura (2). La figura della donna, ritratta a mezzo busto con indosso un elegante vestito di velluto verde scuro stile impero, si staglia su uno sfondo neutro color ocra. Le maniche ed il resto dell’abito mostrano un ricco panneggio, a creare un forte effetto chiaroscurale. La scollatura è sottolineata da un pizzo bianco che risalta sulla pelle liscia e giovane del décolleté. Il collo è slanciato.
Lo sguardo, ingenuamente sereno, non nasconde una certa complicità con lo spettatore. Il naso è importante, ma il castano degli occhi ed il volto roseo lo addolciscono. I capelli corvini sono acconciati secondo la moda del primo impero e presentano una crocchia in alto e dei tirabaci ai lati del volto.
Seminascosto dall’orecchino destro è dipinto un piccolo neo, scarsamente visibile in una miniatura, quindi richiesto espressamente dal committente. Una semplice parure di rubini, composta da orecchini e spilla, al centro della scollatura, ravviva la tinta scura dell’abito. L’autore si sofferma sui dettagli dei gioielli, sull’eleganza dell’abito e dell’acconciatura a dimostrare che la giovane dama appartenga al gran mondo.
La principessa di Fitalia riportata nell’elenco del Gallo era Felice Napoli Naselli (1779-1837), figlia del principe di Resuttano, Pietro (1750-1805), e di Aurora Naselli e Morso dei principi d’Aragona. Felice apparteneva ad una delle famiglie della più alta aristocrazia dell’isola e trascorse la sua giovinezza nelle splendide residenze ristrutturate in stile rocailles dalla famiglia poco prima della sua nascita. Il palazzo di Palermo, in parte distrutto dai bombardamenti del 1943 (3), e la grandiosa villa a San Lorenzo, affrescata e decorata dagli artisti più in voga del Settecento palermitano: Vito D’Anna (1718-1769) e Gaspare Fumagalli (primi del XVIII sec.-1764) (4).
I suoi genitori si sposarono il 25 aprile del 1773 e dallo loro unione nacquero Felice, la maggiore, nel 1779, Luigi, nato nel 1782 e futuro principe di Resuttano, Giuseppe, venuto alla luce nel 1783, e Stefania, nel 1785. La famiglia materna, i Naselli principi d’Aragona, era di una nobiltà ancora più antica e prestigiosa di quella dei Napoli ed il loro patrimonio feudale molto più grandioso. Tuttavia nei primi anni dell’Ottocento il principe d’Aragona, Baldassare VII fu costretto a scrivere una supplica al re delle Due Sicilie, Ferdinando I di Borbone, per evitare il carcere, a causa dei fortissimi debiti contratti, sostenendo che ormai fosse ridotto alla condizione di mendico (5).
Nel 1793 viene celebrato il matrimonio di Felice con il cugino Girolamo Settimo Calvello principe di Fitalia (1769-1843). È un’alleanza matrimoniale di notevole prestigio, i Settimo Calvello hanno alle spalle una grande tradizione feudale e lo stesso Girolamo rinnova la licentia populandi per un nuovo centro abitato posto nei suoi possedimenti feudali, Campofelice di Fitalia, il cui nome viene dato in onore della sua giovanissima sposa. La giovane coppia abiterà nel palazzo Settimo di Giarratana, in piazza Teatro Santa Cecilia, antica residenza di famiglia, dove si trovava la biblioteca Settimiana costituita da preziosi manoscritti raccolti nei primi del Settecento da Girolamo Settimo, marchese di Giarratana (6).
L’importante dimora era stata aggiornata e ridecorata tra il 1799 ed il 1800 con il ciclo pittorico raffigurante “Aurora che annuncia il giorno ai mortali” da Giuseppe Velasco (1750-1827) coadiuvato da Vincenzo Riolo (1772-1837) nella realizzazione dei pannelli posti a soprapporta raffiguranti episodi omerici e tra questi un “Achille che trascina il corpo di Ettore”, firmato dal Riolo e datato 1799, oggi conservato a Palazzo arcivescovile di Palermo (7).
Il palazzo è stato quasi interamente demolito per il taglio della via Roma nel 1922 (8). Il nome di Felice è ricordato nell’inventario dei doni ricevuti dalla madre Aurora Napoli e Naselli nel 1803 (9). Nel 1807 Luigi, principe di Resuttano e fratello di Felice, viene ucciso dai ladri in casa due anni dopo la morte del padre, e suo fratello Giuseppe diventerà l’erede della famiglia. Il matrimonio di quest’ultimo continua a confermare la propensione endogamica della nobiltà isolana: infatti sposerà nel 1797 la figlia della sorella Felice, Stefania Settimo.
L’imperversare del colera, già presente nell’isola nel 1836, non lascia indenne la famiglia dei principi di Fitalia. Nello stesso anno, all’età di trentacinque anni, muore Stefania, principessa di Resuttano, e l’anno successivo morirà per la stessa malattia la madre Felice. all’età di cinquantotto anni. Quest’ultima verrà sepolta con tutti gli onori nella chiesa di san Domenico a Palermo nel sepolcro realizzato dallo scultore Valerio Villareale (773-1854). Due anni dopo la morte di Felice, Giuseppe Patania realizza il suo ritratto ricavato da una miniatura di lei giovane, per espressa volontà del marito (10).
Tra le lettere del Patania ad Agostino Gallo vi è un biglietto datato 19 febbraio 1839 in cui gli chiede il consaputo ritratto altrimenti non può mettere mano al lavoro in questione… giacché è necessitato di cominciare un altro lavoro (11). Il consaputo ritratto non può che essere un riferimento alla miniatura di Felice, principessa di Fitalia perché nell’elenco delle opere del 1839 non si fa accenno ad altra opera ricavata da un precedente dipinto.
Giuseppe Patania riceve in quegli anni dalla famiglia di Felice diverse commissioni: nel 1837 realizza il ritratto della fu S.a Principessa di Resuttana a mezza figura ed un altro con lo stesso soggetto per intiero con molti accessori per suo padre S.r Principe di Fitalia (12). Si tratta di Stefania Settimo, moglie del principe di Resuttana e figlia di Felice e di Girolamo Settimo, principi di Fitalia. La realizzazione del dipinto avviene ad un anno dalla morte di Stefania e lo stesso anno della morte della madre Felice.
Il figlio primogenito ed erede di Girolamo e Felice di Fitalia, Pietro, sposerà nel 1843 Annetta Turrisi Colonna (1820-1848). Le donne di casa Turrisi Colonna erano raffinate e colte artiste. Annetta era una pittrice di talento e la sorella Giuseppina, divenuta poi principessa di Galati, appassionata poetessa. La prima ha avuto maestri di grande valore come Giuseppe Patania e Salvatore Lo Forte (13). Nonostante le sue buone qualità, l’attività di pittrice pare del tutto cessata al momento delle sue nozze. Diversi dipinti della Turrisi Colonna transitano nelle collezioni dei principi di Fitalia e tra questi uno dei dipinti più suggestivi della pittura storica di tutto l’Ottocento siciliano Costanza Normanna esce dal monastero, realizzato nel 1843 e donato dal figlio Girolamo Settimo alla Società siciliana di storia patria di Palermo. L’opera riprende l’episodio della regina Costanza così come è narrato nel III canto del Paradiso, brano da lei conosciuto attraverso il suo maestro, il poeta Giuseppe Borghi, sostenitore degli studi danteschi in Sicilia.
Un ritratto, dedicato al precettore Giuseppe Borghi ed oggi in collezione privata, si trovava nella collezione Fitalia recante sul retro l’iscrizione: Ritratto di G. Borghi dipinto da Annetta Turrisi, 1837. Il precettore vi è raffigurato con un volto rubicondo, particolarmente realistico, e un abito da ecclesiastico nero. Intorno alla sua sagoma corre un tralcio di alloro, allusione alla sua attività poetica. Ricordo che il Gallo cita un altro ritratto di padre Borghi realizzato dal Patania nel 1835 oggi non rintracciabile (14).
I grandi cambiamenti urbanistici della Palermo postunitaria saranno determinanti per diverse famiglie della vecchia nobiltà ancora residente negli antichi palazzi di famiglia. Il palazzo Settimo di Giarratana, residenza dei Settimo di Fitalia, verrà demolito per la realizzazione, tra il 1908 e 1920, del terzo tronco della monumentale via Roma (15). Di conseguenza Girolamo Settimo è costretto a cercare un’altra residenza per la propria famiglia e nell’agosto del 1919 affitta un’ala della grande villa Florio all’Olivuzza poi acquistata il 13 maggio del 1922 (16). La famiglia Florio, a causa delle gravi difficoltà economiche, lottizzerà il grande parco della sua principale residenza cittadina e dividerà in più unità abitative il grande complesso immobiliare. Il palazzo, acquistato dal principe di Fitalia, è una delle parti più importanti della dimora ed era stata l’abitazione di Ignazio Florio junior e di sua moglie Franca.
La residenza, al momento del trasferimento dei principi di Fitalia, era stata ridimensionata dal taglio della via Oberdan che l’aveva definitivamente separata dal resto del complesso immobiliare Florio. Il palazzo – già Florio, ora Fitalia – aveva i connotati di un’elegante e moderna residenza signorile ristrutturata intorno al 1893 dall’architetto Ernesto Basile in occasione delle nozze di Ignazio Florio con Franca Iacona di San Giuliano. Presentava un monumentale scalone in marmo rosso del monte Kumeta, pavimenti in legno intarsiato, importanti soffitti lignei, grandi cornici marmoree intorno alle porte interne, camini in marmo e pavimenti maiolicati.
Il soffitto della grande sala da pranzo, in legno scolpito a disegni geometrici e recante i simboli dell’abbondanza, è un’elaboratissima opera di ebanisteria che incorniciava la grande tela di Giuseppe Sciuti (1834-1911), Il trionfo di Bacco, oggi dispersa. L’opera ci è nota attraverso un bozzetto dello stesso autore, in collezione privata catanese. I Fitalia apporteranno solo alcune modifiche e commissioneranno alcuni affreschi all’artista Salvatore Gregorietti (1870-1952) (17). Nell’accordo di vendita sarà prevista la cessione in usufrutto al principe Girolamo e a sua moglie del grande dipinto di Giuseppe Sciuti, assicurato per sessanta mila lire, e di una serie di arredi destinati agli ambienti privati di casa Florio come il salotto di toletta di donna Franca (18).
I Fitalia trasferiscono nella loro nuova residenza gli arredi di famiglia e la famosa biblioteca Settimiana. Il fondo, insieme ai manoscritti a lui appartenuti, fu donato, nel 1929, per legato testamentario alla Biblioteca della Società siciliana di storia patria in Palermo, dove si trova tuttora. Un’altra parte, donata al Circolo matematico di Palermo nel 1923, è andata dispersa (19). Viene trasferita anche la cospicua collezione di dipinti tra i quali è contemplato il ritratto di Felice Settimo di Fitalia di Giuseppe Patania e quello di Giuseppe Borghi di Annetta Turrisi Colonna.
I dipinti rimangono presso la famiglia almeno fino al 1929, quando il principe Girolamo Settimo di Fitalia lascia con testamento olografo il palazzo e suoi arredi al Seminario vescovile di Palermo affinché i seminaristi possano giovarne meglio nel soggiorno degli studi (20). L’11 settembre del 1929 l’esecutore testamentario, Vito Rallo, in accordo con i parenti del principe, appone i sigilli al palazzo e cura l’inventario dell’arredo. Il Seminario arcivescovile di Palermo rimane proprietario dell’immobile fino al 1937 ma non si farà più alcun riferimento agli arredi e ai dipinti (21).
Intorno al 1930 il profumiere Arturo Cangialosi acquista a Palermo contemporaneamente due dipinti: un ritratto femminile di Giuseppe Patania e uno raffigurante padre Giuseppe Borghi di Annetta Turrisi Colonna (22). Le opere rimasero nella medesima collezione, trasferita poi in Piemonte, fino al 2018 per poi essere vendute separatamente da un noto gallerista romano. La presenza di entrambe le opere nella stessa collezione è un’ulteriore conferma che la dama ritratta dal Patania nel 1839 sia la principessa Felice Settimo Napoli di Fitalia.
Bibliografia:
Renato Zappulla, L’architettura a Palermo dal 1860 al 1930, Palermo 1983
Ivana Bruno, Giuseppe Patania, pittore dell’Ottocento, Palermo 1993
Rosario La Duca, Repertorio bibliografico degli edifici pubblici e privati di Palermo, Palermo 1994
Tiziana Crivello, Anna Turrisi Colonna, Palermo 2001
Francesca Mercadante, I Florio e il Regno dell’Olivuzza, Bagheria 2003
Adriana Chirco e Mario Di Liberto, Via Roma, la strada nuova del ‘900, Palermo 2008
Orazio Cancila, I Florio, Palermo 2008
Giuseppe Di Benedetto, Palermo tra Ottocento e Novecento, Palermo 2009Salvatore Requirez, Le ville di Palermo, Palermo 2009
Note:
1 Elenco delle opere citate da Agostino Gallo nel suo manoscritto Notizie di artisti siciliani in I. Bruno Giuseppe Patania, pittore dell’Ottocento, Palermo 1993, p.246.
2 idem, p.250.
3 Giulia Sommariva, Palazzi nobiliari di Palermo, Caltanissetta 2004, p.288
4 Salvatore Requirez, Le ville di Palermo, Palermo 2009, pp.27-28.
5 Giuseppe Di Benedetto, Palermo tra Ottocento e Novecento, Palermo 2009, p.33.
6 Idem, p.30.
7 Adriana Chirco e Mario Di Liberto, Via Roma, la strada nuova del ‘900, Palermo 2008, p.79.
8 Rosario La Duca, Repertorio bibliografico degli edifici pubblici e privati di Palermo, Palermo 1994, p.148.
9 Archivio dei principi di Spadafora a cura di Maria Adelaide Spadafora, Palermo 2020.
10 Elenco … Notizie … in I. Bruno Giuseppe Patania…1993 p.250
11 G. Patania, Dieci lettere e biglietti autografi, ms, XIX sec. in Idem p.243
12 Idem p.249
13 T.Crivello, Anna Turrisi Colonna, Palermo 2001, pp.60-62
14 Elenco … Notizie … in I. Bruno Giuseppe Patania…1993 p.248.
15 Zappulla, L’architettura a Palermo dal 1860 al 1930, Palermo 1983.
16 O.Cancila, I Florio, Palermo 2008, p.529.
17 F. Mercadante, I Florio e il Regno dell’Olivuzza, Bagheria 2003, pp.68-71.
18 Arcidiocesi di Palermo, Archivio Storico Diocesano, Carte Fitalia. Contratto di acquisto della palazzina Florio al civ.7 da Società Sicula Immobiliare a Girolamo Settimo principe di Fitalia, 13/05/1922 notaio Antonio Marsala
19 Girolamo Settimo ad vocem Treccani.
20 Arcidiocesi di Palermo, Archivio Storico Diocesano, Carte Fitalia. Testamento olografo pubblicato il 10 settembre 1929 presso il notaio Cavarretta.
21 F. Mercadante, I Florio e il Regno dell’Olivuzza, Bagheria 2003, p.64.
22 Informazioni orali riferitemi dagli eredi di Arturo Cangialosi.