La Piazza Bologni. Origini e fortune di una famiglia siciliana
Piazza Bologni o Piano dei Bologni perpetua la memoria di una delle famiglie protagoniste della storia della città di Palermo in età moderna. Ricostruire la storia della famiglia dei Bologna in questi nostri percorsi all’interno della struttura viaria della città è quasi impossibile data la complessità delle loro vicende e dell’intersecarsi delle loro linee di successione. Mi limito a fare una riflessione sul come i Bologni o Bologna costruiscono le loro fortune economiche e politiche diventando protagonisti della storia di Palermo e anche in parte della Sicilia.
I pilastri sui quali la famiglia edifica l’ascesa sociale ed economica sono essenzialmente: la formazione culturale dei propri figli che sono mandati a studiare nelle università del nord Italia dove conseguiranno la laurea in Utriusque iuris (diritto civile ed ecclesiastico); il controllo della dogana e dell’amministrazione del comune di Palermo; la conquista dei principali uffici del regno di Sicilia legati alle esportazioni del grano; il controllo sul mercato dei cambi sulla piazza di Palermo e sull’inserimento dei banchieri europei nel mercato siciliano grazie alla concessione di fideiussioni.
Per dare un’idea dei percorsi politici seguiti dai componenti della famiglia per consolidare il proprio potere sui gangli vitali del governo della città ho ricostruito le vicende che hanno contraddistinto Nicolò Bologna detto don Cola. Le rivolte che squassano Palermo e la Sicilia tra il 1516 e il 1523 lo vedono protagonista schierato a fianco del viceré e pronto a mettere mano alla spada per uccidere, insieme con suo fratello Francesco, il capo della congiura Squarcialupo e a presidiare il palazzo dello Steri per difenderlo dagli assalti dei rivoltosi. Una scelta vincente che porta don Cola a diventare Pretore di Palermo, e ad avere affidata la supervisione di importanti opere pubbliche quali la realizzazione delle nuove fortificazioni della città. L’ascesa di don Cola è inarrestabile e strettamente correlata con quella del fratello Francesco e mirata al controllo del flusso della finanza pubblica. Infatti mentre Francesco diventa Tesoriere del Regno, don Cola riesce ad assicurarsi il controllo dei principali cespiti d’introito fiscale della città di Palermo, ottenendo la nomina a Segreto. Don Cola, in concreto, assume il controllo della Dogana di terra e di mare i cui diritti fiscali, molto consistenti in quanto la città costituisce una delle principali piazze commerciali siciliane, sono riscossi mediante gabelle. Don Cola, quale Segreto, presiede la speciale commissione per l’aggiudicazione in appalto delle diverse gabelle. Una carica molto delicata che gli crea molti nemici che lo accusano di manipolare le aste per l’aggiudicazione delle gabelle della Dogana di Palermo, facendo sì che la riscossione di tutti gli introiti della Secrezia sia controllate dagli uomini del “partito” costituito dai suoi servitori e “familiares”. Il processo dura anni e si conclude con un nulla di fatto mentre le fortune di don Cola si consolidano grazie alla possibilità che ha di controllare l’erogazione di prestiti a favore di baroni, comuni, monasteri e semplici cittadini che hanno bisogno di disporre di denaro per onorare i loro debiti. Don Cola eroga i prestiti ma si garantisce accendendo delle soggiogazioni sui loro beni garantendosi, per la restituzione del capitale e degli interessi, con il pagamento di una rendita annuale. Grazie a queste operazioni dispone annualmente di un reddito di almeno mille onze.
Francesco Bologna, fratello di don Cola, dà la scalata ai feudi dei ribelli che erano stati l’anima delle rivolte del primo ventennio del ‘500. Un’acquisizione che prelude a consistenti investimenti per realizzare miglioramenti fondiari. Infatti, procede all’impianto di culture specializzate ad alto reddito quali gli uliveti ed i vigneti; incentiva l’allevamento del bestiame; investe nella coltivazione dello zucchero. Francesco gestisce non solo cannameleti – termine usato per indicare la piantagione di canna da zucchero – ma anche dei trappeti nei quali le canne sono lavorate e trasformate in pani di zucchero la cui commercializzazione verso i mercati esteri è agevolata dal fatto che il Bologna ha un privilegio grazie al quale può esportare, in esenzione fiscale, un congruo numero di cantari di zucchero raffinato.
Il piano dei Bologni diventa, quindi, la testimonianza del ruolo determinante che ha avuto la famiglia nella storia di Palermo e che abbiamo totalmente rimosso dalla nostra memoria di palermitani.