LA NOTTE EUROPEA DEI RICERCATORI A PALERMO
Ha avuto luogo il 28 settembre la notte europea dei ricercatori, evento che si svolge contemporaneamente in tutta Europa e in 116 città italiane. A Palermo si è tenuto lo Sharper, Sharing Researchers’ Passions for Evidences and Resilience ovvero “condividere le passioni dei ricercatori, per il coinvolgimento e la responsabilità”. Dal pomeriggio fino alla mezzanotte si alternano spettacoli, incontri e caffè scientifici, performance tra arte e scienza. Lo spirito che guida la manifestazione ospitata nell’orto botanico è rendere la ricerca e le scienze dure meno ostiche e più vicine anche ai non addetti ai lavori. Oltre all’Orto Botanico Ballarak Magione, il museo dei motori, il museo Doderlein e il campo fotovoltaico dell’università di Palermo si aprono alla cittadinanza all’insegna della divulgazione scientifica. Ne risulta un evento con grande affluenza di un pubblico eterogeneo che dimostra, ancora una volta, come la ricerca scientifica sia una risorsa importante che non ha smesso di esercitare un grande fascino come finestra di conoscenza dell’ignoto.
Lo slancio vitale verso il sapere è comune denominatore della ricerca in qualunque campo e cade così la suddivisione tra scienze dure e scienze molli intesa come limite invalicabile. Si inserisce in questa cornice la collaborazione tra il Dipartimento di scienze e tecnologie Biologiche, chimiche e farmaceutiche, Stebicef e il centro grandi apparecchiature Ateal center nel restauro di opere pittoriche e di reperti archeologici. Già all’inizio del XX secolo, d’altra parte, Gustavo Giovannoni aveva promosso una sistematizzazione della teoria del restauro con la compresenza di apporti dalla chimica e dalla fisica sotto il nome di restauro scientifico.
Nel caso del dipinto di Santa Maria delle Grazie nella chiesa inferiore di S Maria delle grazie nella Cappella palatina la domanda storica di partenza per impostare il lavoro di restauro è stata il chiedersi se l’opera fosse datata XVI secolo o se fosse una copia del 1700.
Si è iniziato con un esame ravvicinato con una luce visibile diffusa, poi in luce ultravioletta, in riflettografia infrarossa in bianco e nero, in falso colore ( RFC) e in ultima analisi in raggi x. Questo esame, nel particolare della tela esaminata ha evidenziato come l’opera sia frutto dell’unione di due distinte tele databili al 1500 con aggiunte e riprese di colori databili al 1700. Attraverso strumenti microinvasivi come la spettrofotometria XRF si è proceduto poi all’analisi dei pigmenti dal punto di vista chimico-fisico che non hanno richiesto, come precedentemente era uso, il prelievo di porzioni di tela. Altre strumentazioni sono state impiegate come il colorimetro portatile che ha mostrato con esattezza i pigmenti utilizzati e la spettroscopia infrarossa che normalmente è utilizzata nel campo della chimica analitica e della caratterizzazione dei materiali, oltre che in chimica fisica per lo studio dei legami chimici che trova una sua applicazione nel restauro nel “il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica” (Cesare Brandi)