Migrazione: le riflessioni del Professore Giuffrida sul fenomeno migratorio degli italo-americani
Storici a confronto: gli sviluppi del “sogno americano” nelle parole del prof. Antonino Giuffrida e del neolaureato Luca Amato
La linea di ricerca è stata sviluppata dal prof. Marcello Saija e dai suoi allievi che hanno esplorato gli archivi americani in modo esaustivo, Linea di ricerca alla quale faccio esplicito riferimento nella mia breve riflessione.
Consultando on line il sito www.libertyellisfoundation.org mi è stato possibile accedere al database di Ellis Island e raccogliere tutte le informazioni possibili per analizzare il fenomeno migratorio.
L’isolotto di Ellis Island era la prima tappa per tutti i migranti sbarcarti in America, qui ciascuno di loro doveva esibire i documenti di viaggio con le informazioni riguardante la nave che gli aveva permesso di raggiungere New York e successivamente doveva essere sottoposto a dei controlli medici e amministrativi molto severi.
Tra il 1876 e i primi anni del ‘900 ebbe inizio la grande emigrazione Italiana verso gli Stati Uniti d’America. Furono circa venti milioni le persone che raggiunsero Ellis Island. Sicuramente gran parte della responsabilità dell’incremento del fenomeno migratorio va attribuita anche alle Compagnie di Navigazione. Nei centri costieri, misero in atto una propaganda per pubblicizzare il “sogno americano”. Ben presto le compagnie di navigazione reclutarono numerosi agenti, per invogliare le persone ad acquistare un biglietto per l’America. I paesi siciliani furono tappezzati da numerosi manifesti propagandistici per attirare l’attenzione e suscitare curiosità, venivano distribuite gratuitamente guide per gli emigranti, dove al loro interno non vi erano solo notizie utili relative alla traversata transoceanica, ma si prospettavano anche possibilità lavorative molto allettanti. Le commissioni degli agenti, che riuscivano a stipulare un contratto preliminare prestampato all’aspirante migrante, erano solitamente del 3%, mentre la metà di tale compenso spettava ai subagenti.
L’agente migratorio si rivolgeva al contatto americano, che di norma era un boss del lavoro il quale apriva un prestito bancario a nome dell’emigrante presso una banca italo-americana, magari per l’affitto di casa una volta giunto a destinazione, o semplicemente per pagare il biglietto della traversata garantendolo personalmente. Quando l’emigrante arrivava in America, otteneva un lavoro, ma era costretto a versare settimanalmente gran parte della sua retribuzione all’agente per saldare il debito inconsapevolmente contratto. Spesso la somma sottrattagli dal boss andava ben oltre il debito contratto.
Una volta sbarcati i passeggeri dovevano esibire i documenti di viaggio con le informazioni della nave che li aveva portati a New York. Medici del Servizio Immigrazione controllavano rapidamente ciascun immigrante contrassegnando sulla schiena con un gesso, quelli che dovevano essere sottoposti ad un ulteriore esame per accertarne le condizioni di salute (ad esempio: PG per donna incinta, K per ernia e X per problemi mentali). Chi superava questo primo esame, veniva poi accompagnato nella Sala dei Registri, dove erano attesi da ispettori che registravano nome, luogo di nascita, stato civile, luogo di destinazione, disponibilità di denaro, professione e precedenti penali.
La prima legge sull’emigrazione fu emanata nel 1888, la legge “Crispi”, con la quale si riconosceva la libertà di espatriare per motivi di lavoro e si cercava di salvaguardare gli interessi degli emigranti almeno fino all’imbarco.
Essa stabiliva:
- Che ogni passeggero avesse a disposizione uno spazio minimo di almeno un metro cubo;
- La piena libertà di emigrare, salvo per le donne sposate le quali potevano partire soltanto in seguito al consenso del marito;
- Obbligava gli agenti di navigazione a conseguire una patente rilasciata dal ministero dell’interno;
- Difendeva l’emigrante dalle imposizioni di patti vessatori da parte degli agenti di navigazione con l’introduzione di contratti scritti;
- Impediva che l’emigrazione fosse un modo per sfuggire al servizio di leva; gli uomini che dovevano prestare servizio di leva potevano partire solo se muniti del consenso del ministero della Guerra.
Nel 1901 fu formulata una legge che imponeva la nascita di un ente, con lo scopo di riunire tutte le competenze relative che tempo prima erano state assegnate ad uffici diversi, nasceva così il Commissariato Generale dell’emigrazione (Cge).
La legge portò alla sostituzione dei vecchi agenti di navigazione con i rappresentanti dei vettori, e impose per le compagnie la concessione annuale della patente di vettore con l’introduzione di una commissione ispezionatrice nei porti d’imbarco. Con questa legge, per la prima volta, si cercava di tutelare l’emigrante sia all’imbarco sia nel viaggio ponendo un freno all’emigrazione clandestina.
Nel 1927 il Commissariato generale dell’emigrazione fu soppresso e sostituito dalla Direzione Generale degli italiani all’estero con sede presso il Ministero degli esteri.
Gli Stati Uniti diventarono meta privilegiata grazie alla forte richiesta di manodopera. Gli emigrati potevano svolgere vari lavori ben retribuiti che gli americani rifiutavano. Il boss del lavoro o padrone entrava così in gioco dando vita ad un meccanismo lucroso, egli si impegnava a trovare un lavoro, un alloggio al migrante e addirittura a pagare il biglietto per il viaggio per tutti coloro che non avevano denaro a sufficienza. Il boss accendeva un mutuo per il migrante, pagando il biglietto, quest’ultimo una volta arrivato in America, si trovava vincolato al boss poiché era costretto a consegnare gran parte della sua paga, fin oltre il credito ricevuto.
L’attività del boss era spesso affiancata a un banchiere, per questo motivo i migranti molto spesso dichiarano di doversi recare allo stesso indirizzo. L’indirizzo del referente americano, che veniva dichiarato al momento dell’imbarco, era nella maggior parte dei casi quello della banca che aveva effettuato il biglietto prepagato banca italo-americana, la banca Pati sede dell’agente della Navigazione Generale Italiana.
La circolarità (partenze e ritorni ciclici) dell’emigrazione maschile era possibile grazie all’attività delle donne nel luogo di origine, che diveniva il fulcro di sussistenza per i membri del nucleo familiare rimasti in patria, molto spesso in attesa di conferme sul Nuovo Mondo da parte del capofamiglia già emigrato oltreoceano: la presenza femminile permetteva agli uomini di lasciare le proprietà, in molti casi terre destinate ad agricoltura e allevamento, poiché garantiva cura del patrimonio e mantenimento delle attività produttive. Con la riassegnazione dei ruoli lavorativi all’interno della famiglia le donne venivano almeno inizialmente escluse dal fenomeno dell’emigrazione affinché gli uomini potessero praticarla.
A fare la spola tra i maggiori porti italiani e le coste americane alla fine dell’ottocento sono prevalentemente flotte di compagnie straniere: inglesi (Prince Line, Dominion Line, Cunard Line, Anchor Line,White Star Line ) e tedesche (Hamburg America Line, LIoyd Bremen). Tra le compagnie italiane la Navigazione Generale italiana fu la prima e l’unica che riuscì a sottrarre fette di mercato alle compagnie straniere. Fondata nel 1881 come risultato della fusione tra la compagnia Ignazio & Vincenzo Florio di Palermo e la Raffaele Rubattino di Genova, nel giro di qualche anno ingloba diverse compagnie minori e nel 1901 perfino una sua importante e diretta concorrente, la società La Veloce.
> Leggi anche l’articolo del giovane storico Luca Amato sulle Migrazioni di Ellis Island
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