Xi Jinping e Il “ritratto” di Prospero Intorcetta a Palermo
Il 22 febbraio 2017, il Capo di Stato cinese Xi Jinping (che il prossimo 23 marzo sarà a Palermo), incontrando il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, per la prima volta in visita ufficiale in Cina, lo salutò anche con queste parole: «L’amicizia tra Cina e Italia ha radici profonde nel tempo, e nel corso della storia le nostre due civiltà si sono attratte a vicenda. Durante la dinastia Qing, […], Prospero Intorcetta partì dalla Sicilia alla volta della Cina, e di seguito portò il “Giusto Mezzo”, uno di Quattro Libri classici del canone confuciano, in Europa».
Chi fu Prospero Intorcetta al quale si riferiva il Presidente cinese? Fu un missionario gesuita siciliano nato a Piazza Armerina il 28 agosto 1625 e morto ad Hangzhou (Cina) il 3 ottobre 1696.
Più che la sua biografia, che è possibile leggere in varie altre fonti (cf. per tutte la voce di E. Corsi sul Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 62), vogliamo – qui – ricordarne il volto.
Presso la Biblioteca Comunale di Palermo, si conserva un dipinto di autore anonimo (olio su tela, 150 x 200 cm) che ritrae Prospero Intorcetta nelle sembianze di un saggio cinese.
Nei primi mesi del 1671 Intorcetta arrivò a Roma; da qui, tra il 18 aprile – quando finì di scrivere il testo Compendiosa narratione – e il 16 maggio – quando rientrò a Roma – compì un breve viaggio in Sicilia, certamente a Palermo mentre non abbiamo alcuna prova che si sia recato anche a Piazza. In questa occasione i suoi confratelli della Casa Professa di Palermo fecero eseguire il celebre dipinto. Dopo la soppressione della Compagnia di Gesù in Sicilia nel 1767, il dipinto fu acquisito dalla Biblioteca Comunale di Palermo dove, come abbiamo già detto, ancora si trova. Nel 1884 fu ordinato a Luigi Pizzillo, da parte dei concittadini piazzesi del missionario, una copia del suddetto ritratto che, nel 1885, venne posto nella sala del Consiglio Comunale di Piazza Armerina. Un’altra copia si trova nella Biblioteca Comunale di Caltanissetta.
Il ritratto ci mostra il missionario, che a quel momento ha poco più di 46 anni, dallo sguardo fiero e deciso che indossa una veste color castagno con maniche larghe e aperte, cinte da una fascia di color turchino all’orlo. Ha barba e capelli lunghi che poggiano sulle spalle per distinguersi dai “bonzi” (monaci buddhisti) che – invece – portavano generalmente la testa rasata e in testa tiene un berretto, come i letterati cinesi. La tela è affollata da numerose figurazioni simboliche. Intorcetta porta nella mano destra un ventaglio con incisi ideogrammi cinesi mentre con la sinistra sostiene un lungo foglio con altre scritte in cinese.
Nello sfondo in alto si notano a sinistra la prua di una nave e a destra un pianeta, una stella e raggi luminosi, forse a ricordare – da parte dell’artista – la competenza astronomica, fisica e matematica dei missionari gesuiti in Cina, tanto che emendarono il calendario ufficiale dello Stato e influirono molto nel progresso della navigazione e del commercio cinese. Due figure di donna stanno ai lati di Intorcetta; una sostiene il lungo foglio di cui detto sopra che sembra voglia far riferimento ai libri confuciani e, perciò, la donna potrebbe simboleggiare la sapienza cinese, sapienza contenuta specialmente nel pensiero di Confucio. L’altra donna, alla destra del Padre, sembra indicare la Croce che si trova più in alto, e – dunque – probabilmente allude alla sapienza cristiana.
Questa interpretazione delle due donne ci conferma il pensiero di Intorcetta e dei suoi confratelli gesuiti missionari in Cina, i quali – nello studiare e tradurre Confucio – miravano a far sì che quanto ci fosse di buono, e non era poco, nel pensiero tradizionale cinese servisse di base, di punto di partenza per arrivare a Cristo. Dunque, la sapienza cristiana non doveva sostituire quella cinese, ma integrarla e perfezionarla.