Il cibo nella Sicilia medievale: la presentanzione dell’ultimo lavoro di Henri Bresc e la Tasting Medieval Experience dello chef Francesco Piparo
La luce laterale che passa attraverso le fronde illumina a macchie i volti dei convenuti. I giardini del palazzo reale di Palermo brillano nella canicola il 4 luglio. Henri Bresc, il grande medievista del Mediterraneo, circondato da amici e colleghi, siciliano per elezione, amato e conosciuto a Palermo parla di un Medioevo diverso dall’immaginario collettivo. Si presenta Il cibo della Sicilia medievale, edito da Palermo University Press.
Torna a Palermo, luogo del cuore e dello studio a partire dalla sua tesi fino alla laurea honoris causa del 2002 con un volumetto agile della collana “frammenti”. Un libro denso di significato, da rileggere più volte per gustarlo appieno.
Intervengono Giovanni Travagliato e Ninni Giuffrida, professori all’università di Palermo di storia dell’arte e storia moderna. Davide Camarrone scrittore e volto storico del giornalismo siciliano.
Il cibo della cucina medievale è come “guardare dal buco della serratura” secondo il giornalista, l’espediente narrativo che consente di capire meglio la società, i costumi, l’economia del tempo. La storia non è solo narrazione di grandi avvenimenti e battaglie ed Henri Bresc continua a dimostrarlo nei suoi lavori, avvicinando a una materia troppo spesso data per scontata anche i non addetti ai lavori.
Il Medioevo ne esce riabilitato, riscoperto. Non più l’epoca buia dell’oscurantismo ma un tempo dove le libertà personali erano più rispettate di quanto sei creda. Cuochi arabi che servivano maiale cotto con il vino per commensali cristiani, signori che distribuivano il pane imbibito dei condimenti della tavola agli indigenti, alleggerimenti di prescrizioni bibliche stemperate nel dialogo tra civiltà.
Il cibo è segnale di modo di vivere, di essere. Quasi nulla si perde nella cultura materiale di un popolo e così ci si spiega il cibo di strada, l’abitudine di mangiare e sfruttare il “quinto quarto” di un animale che perdura fino ai nostri giorni. Come fiume sotterraneo scorre e non ci si meraviglia se la ricetta delle arancine appaia in ricettari francesi e il biancomagiare si trovi nella cucina tradizionale francese, catalana, turca.
Si prosegue con la degustazione di cibi ispirati dal libro a opera dello chef Francesco Piparo. Il burro è preferito all’olio che diventerà un’abitudine solo successivamente sotto influenze ebraiche. La carne bianca del pollo è servita con un cous cous di verdure che lungi dall’essere un piatto esotico è tradizionale, stratificato nella cultura.
Davvero è un’esperienza attraverso la storia.
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