Un anniversario e la public history
“1719: un anniversario ‘in the making’ a Francavilla di Sicilia”: questo era il titolo dell’intervento proposto e accettato nel programma della Terza Conferenza della Public History, organizzata a S. Maria Capua Vetere/Caserta dal 24 al 28 giugno 2019.
La “public history” si fa, e poi magari la si racconta. Era questo l’intento che stava dietro quel titolo. D’altronde, a Conferenza finita, penso andasse proprio bene, visti i rischi di derive “teorizzanti”, rischi non del tutto evitati.
Se la storia è un “bene comune”, come d’altronde è stato ribadito nell’ultrafirmato Appello lanciato da Camilleri, Giardina e Segre, allora è chiaro che quel bene va condiviso.
Ebbene, prendiamo un paese di 3800 abitanti, Francavilla di Sicilia, in provincia di Messina, dove esattamente trecento anni fa (il 20 giugno) si svolse una grande battaglia fra l’esercito spagnolo e quello austriaco. Mettiamo che in paese qualcuno cominci a pensare di ricordare il tricentenario; naturalmente i buoni propositi non vengono da storici “professionisti”, ma da eruditi, cultori locali, appassionati di storia e della storia della loro comunità (che comunque è mal-conosciuta).
Per fare scattare il “cortocircuito” di una manifestazione significativa dal punto di vista della “disseminazione di storia” però occorreva un aumento della “corrente” circolante e a immetterlo non potevano essere che storici “di mestiere” (in questo caso provenienti in buona parte dall’Università di Messina). Nascono così riunioni su riunioni nella sede più propria, quella comunale (ma non solo). Si decide di organizzare un convegno internazionale di studi storici e gli si dà un titolo: “Una battaglia europea: Francavilla di Sicilia 1719”. Partono i contatti e vanno veramente a buon segno: Maurice Aymard, Wolfgang Mährle, Franz-Stefan Seitschek, Virgilio Ilari, che dà il patrocinio della Società italiana di storia militare. E poi tanti altri studiosi, da Valladolid a Teramo, da Napoli alle Università siciliane.
Ma fin qui niente di “straordinario”: un convegno scientifico lo si può sempre organizzare in una sede universitaria, anche se in questo caso era previsto in una sede sul territorio. Quanto alla sua validità scientifica o meno, si potrà giudicare al momento della pubblicazione degli Atti, di cui sono co-curatrice (l’anniversario è ancora appunto ‘in the making’).
Ma la storia della “public history” non è questa: la questione era come coinvolgere nel Tricentenario i “paesani”, renderli soggetti attivi e non meri spettatori di un bel convegno. Allora disseminazione. La prima “public history” si fa nelle scuole; quindi si incontrano i professori del locale Liceo scientifico, si attiva la giovane assessora alla Pubblica istruzione per “entrare” non solo al Liceo, ma anche alle medie e, perché no?, anche alle elementari. Si guarda alle associazioni culturali e alla Pro Loco, coinvolgendole per l’organizzazione di una mostra da affiancare al convegno e per la visita guidata sui luoghi della battaglia. Si parla con il parroco per chiedergli di celebrare una messa in memoria dei caduti, con la partecipazione dei fedeli.
Quando si va dicendo che nella società c’è una domanda di storia, forse lo si dice in termini generali e generici. Stando “sul campo”, appunto a Francavilla di Sicilia, la si tocca con mano. All’attività c’è un’ottima partecipazione: gli incontri con le scuole, svolti nel cinema-teatro, sono affollati di ragazzi, ragazzini e domande (a mai finire); l’associazione culturale “Kore”, pur in piena scarsità di mezzi, prepara un’eccellente e visitata mostra; la Pro Loco guida convegnisti e cittadini non solo sui luoghi della battaglia, ma anche in visite notturne ai monumenti del centro della Valle dell’Alcantara; l’attivissimo parroco celebra una messa solenne in commemorazione dei caduti, con una presenza densa della comunità e con un senso denso (quasi commovente) della comunità.
Infine il sindaco di Francavilla di Sicilia. Si è andato entusiasmando strada facendo, pur dovendo lottare – come nella gran parte dei Comuni italiani – con enormi difficoltà di bilancio. Ha deciso che andava posta una lapide a ricordo del Tricentenario (e l’ha pagata del suo): “A trecento anni dalla battaglia / fra Austriaci e Spagnoli / – rosso sangue in fiumi e terre – / Francavilla di Sicilia ricorda. / Testimone con i suoi figli caduti / nella guerra, nella pace non esita oggi. / Solida nella sua storia secolare / guarda avanti”. Pure una lapide può fare “public history”.
Alla sua scopertura la banda di Francavilla ha intonato gli inni della Spagna, dell’Austria e, naturalmente, dell’Italia (questo cantato da tutti i cinquecento partecipanti alla cerimonia). Gli inni “stranieri” sono costati tempo e prove a ripetizione; anche questo a dimostrazione del coinvolgimento della comunità.
E sempre a proposito di anniversario ‘in the making’, dalle parole pronunciate dal sindaco nasce la prospettiva della rievocazione della battaglia. Sì, la rievocazione, quella che in Europa chiamano “reenactment”, con i figuranti in divisa, le armi, le tende degli accampamenti. Mi guardo allo specchio e vedo il mio volto perplesso: non è che finisce a sagra paesana? Siamo sicuri che sarà tutto filologicamente corretto? Che ci saranno i finanziamenti sufficienti? Dall’altro lato si può pensare a una rievocazione – se ben concepita e svolta – come un momento di grande divulgazione, di attrazione verso una storia ri-vivente di un pubblico altrimenti difficilmente raggiungibile. Non ai posteri l’ardua sentenza, ma a noi che pensiamo la Storia come cosa viva e bene comune.