Il racconto dei ragazzi del Dams
Il rapporto con la storia, con il teatro, con il ricordo e con il quotidiano nelle parole degli studenti
Secondo il Talmud babilonese, il mondo esiste solo grazie al respiro dei bambini che vanno a scuola.
Da queste e da altre considerazioni nasce la performance teatrale Ruah – Il respiro di Dio, una messa in scena ispirata dal lavoro di ricerca del coordinatore del DAMS dell’Università degli studi di Palermo, Salvatore Tedesco. Un momento performativo che rappresenta una prima collaborazione con la Scuola dei mestieri dello spettacolo del Teatro Biondo, un potenziale punto di partenza per stringere un legame tra allievi e studenti delle due istituzioni.
Germogliato dall’eredità del corso sull’immagine della Shoah, questo lavoro è cresciuto grazie all’interesse che gli studenti hanno dimostrato.
“L’atteggiamento propositivo dei ragazzi – afferma Tedesco parlando del laboratorio – rappresenta una testimonianza di come la funzione critica dell’immaginario, fornita dallo studio universitario, oggi sia più che mai necessaria per comprendere il presente grazie alla preparazione umanistica legata alle arti”.
Si è trattato di momento didattico che ha messo gli studenti in condizione di seguire le fasi costruttive della performance, contribuendo attivamente alla sua realizzazione, sia in fase drammaturgica che apportando fisicamente il proprio contributo personale. Da questa cooperazione nasce una costruzione composita, comprendente anche una istallazione fotografica e alcuni testi scritti dagli stessi ragazzi.
Proprio partendo dagli spunti forniti dal docente, abbiamo ascoltato le voci di alcuni degli studenti coinvolti. Eccoli.
Rosanna Giudice, di Gela, studentessa al terzo anno del DAMS. Per lei, l’esperienza del laboratorio “è stata fondamentale per la possibilità di poter esprimere il proprio punto di vista, sia nella programmazione del lavoro che nella stesura dello spettacolo. Si è trattato – racconta – di fornire supporto durante il processo creativo su una tematica viva nel nostro presente. Il problema maggiore, oggi tra noi giovani, è il silenzio. La discriminazione razziale esiste ancora, sebbene con nuove dinamiche e sono contenta questa esperienza mi abbia permesso di parlarne. Noi siamo figli di una generazione che ha dovuto lottare per i propri diritti e secondo me abbiamo una grande responsabilità nel ricordare questi eventi”.
Le fa eco la palermitana Alessia Galati. Al secondo anno del DAMS, si è occupata della documentazione fotografica per l’installazione all’interno della performance, così come nelle grafiche e nelle locandine del progetto.
“Lo scopo ultimo delle immagini utilizzate, da me scattate, è quello di creare una nuova memoria attraverso le foto”, esordisce parlando del proprio ruolo nell’economia della narrazione scenica.
“Penso che la nostra mente non sia statica: credo anche ci siano ricordi che non possono essere cancellati, al massimo modificati seguendo un nuovo contesto. La mia idea – spiega – è stata catturare quei momenti che la mente non potrà mai cancellare. Credo sia questo l’obiettivo della Giornata della Memoria. Sensibilizzare le persone in modo da abbattere ogni forma di discriminazione, odio e violenza. Con la consapevolezza che ricordare e riconoscere gli errori terribili del passato sia fondamentale affinché non si ripetano mai più”, conclude la fotografa.
“Con lo spettacolo abbiamo cercato di dire l’indicibile della Shoah, senza retorica e nel modo più rispettoso possibile. Credo questo sia il metodo migliore per onorare la memoria e allo stesso tempo ricordare che anche oggi ci sono tante persone che vivono e muoiono da perseguitate. Abbiamo cercato – osserva Marta La Ferla, 27 anni – di unire le forze con i ragazzi del Biondo offrendo spunti (letterari, artistici, musicali) per contestualizzare le performance; fornendo al contempo feedback sulle nostre percezioni dal punto di vista di spettatori e questo ha li ha aiutati a migliorarsi costantemente durante le prove”.
Chiara Majorana, studentessa ventenne del secondo anno, parla di una realtà che travalica lo studio sui libri, di come questa esperienza abbia permesso di confrontarsi con il vero lavoro teatrale.
“Ciò che provo riguardo a questi eventi storici, è un profondo senso di rabbia, dolore, impotenza e disgusto. Quello che si prova dinanzi alla terribile tragedia della Shoah – spiega la studentessa – deve essere un motivo in più per cercare di divulgare e ricordare, affinché tale incubo non si verifichi più”.
Emanuela Amato, del gruppo degli aiuto registi e anche lei al secondo anno del DAMS, è entusiasta di aver potuto apprendere dal regista Sabino Civilleri come avvenga realmente la trasposizione teatrale dalla carta al palcoscenico.
“Ad oggi credo ci siano grandi prospettive, da parte di giovani come me, per una convivenza fatta di libera accettazione degli altri. Bisogna però – sottolinea – tenere sempre d’occhio quei “singoli casi” di intolleranza, razzismo e xenofobia che possono manifestarsi, isolandoli in modo che la loro stessa singolarità li porti all’estinzione. Ma questo è ovviamente possibile ricordando ciò che è avvenuto in passato”.
Infine Andrea Bassini, 21 anni, al secondo anno del DAMS: gestisce i canali social del progetto occupandosi della sua promozione. Le pagine Instagram e Facebook “Giorni di Memoria”, nate come supporto per lo spettacolo, sono diventate hub di sensibilizzazione contro ogni forma di discriminazione, odio o violenza. “Ricordare e riconoscere gli errori terribili del passato serve a non ripeterli – conclude – perché penso nella società di oggi il disprezzo nei confronti degli altri sia una problematica ancora presente. Tuttavia, credo anche una buona parte di noi sia stata anche in grado di abbattere il muro dei pregiudizi”.