“Il tempo dell’elefante” di Leoluca Orlando
La presentazione lunedì 2 marzo alle 17 al Museo delle Marionette, con Fabrizio Micari e Moni Ovadia
Nel presentare il primo volume di questa collana ci fa piacere ricordarne l’origine.
Il 10 settembre 2019, nel corso di una cerimonia svoltasi alla sala delle Capriate allo Steri, l’Università degli Studi di Palermo conferiva la laurea honoris causa in Scienze filosofiche e storiche ad Abraham B. Yehoshua, forse il più grande scrittore israeliano vivente.
Alla lettura della lectio magistralis, intitolata “Israele tra mito e storia”, assisteva, seduto in prima fila, il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Il quale però non si limitava ad assistere: lo si vedeva infatti reagire al discorso di Yehoshua (centrato sul difficile e complesso meccanismo di costruzione dell’identità ebraica), afferrare una cartellina per appunti e mettersi a scrivere febbrilmente.
A conclusione della lectio era il primo a intervenire, quasi balzando in piedi per riprendere l’intuizione di Yehoshua sull’importanza della Sicilia nella costruzione di una nuova identità mediterranea, inclusiva e post-conflittuale. E per ribadire da parte sua come Palermo – per la sua storia passata, presente e soprattutto futura – avrebbe dovuto essere al centro di qualunque progetto di confronto tra le “culture mediterranee”. Ciò grazie a quell’”identità plurale”, radicata più nel nord Africa che nel sud Europa (sono le sue parole), che stratifica la nostra città sin dalla sua nascita e che oggi è assurta a parola chiave di un’esperienza politico-amministrativa.
A conclusione della cerimonia, Orlando fece riferimento ad un testo-raccolta di ricordi, pubblicato in tedesco, che riassumeva il suo rapporto con Palermo e la Sicilia nel corso degli anni (Der sizilianische Karren, Ammann Verlag, Zurigo 2004), i viaggi intorno al mondo e le persone incontrate. Qualcuno lanciò l’idea di pubblicarlo nella sua originaria versione italiana; per noi recepire la sollecitazione e collegarla al contesto in cui ci trovavamo fu un attimo.
Da qui in poi tutto andò molto velocemente: altri progetti in corso si rivelarono convergenti sull’idea di una collana non accademica (seppur edita da una casa editrice universitaria) al cui interno stimoli letterari di vario tipo, espressione di personalità di rilievo, potessero convivere in forma di colloqui, testimonianze e racconti. Tutti in qualche modo con la Sicilia (e ovviamente Palermo) al centro, anche solo come punto di vista interessato e privilegiato dal quale osservare il mondo umano, le sue vicende storiche, politiche e culturali.
Il volume con cui iniziano fa questo: osserva, registra, racconta e non fa mai mistero di esser espressione di un punto di vista. Privilegiato, interessato, ostinato, ma proprio per questo prezioso come insieme di testimonianze sempre confrontabili con altri punti di vista, leggende più o meno metropolitane o ricostruzioni con pretese di validità storica. È un libro fatto di tempo, in certo modo paradossale perché scritto a conclusione di un’esperienza (i primi mandati di Orlando a sindaco di Palermo) che non aveva certezza di rinnovarsi ma che pure era nata guardando oltre sé stessa, al futuro di quella terra sempre tutta da inventare che è la Sicilia.
Il tempo trascorso da quella esperienza permette, forse, di giudicare quanti tra quei sogni, visioni e profezie abbiano trovato conferma o si rinnovino nel presente. Il confine su cui ci si muove è sottile, trattandosi spesso di vicende relative alla vita di molti, e non solo di chi racconta; dunque inevitabilmente costrette a passare dal vaglio dell’opinione pubblica. Tuttavia, il libro fa vedere come anche nelle vicende collettive esista una dimensione personale e privata che può emergere quando le circostanze lo consentano. Una finestra che si apre tra i ruoli, le funzioni che svolgiamo e quel grande racconto a più voci con cui, assieme agli altri, affrontiamo ogni giorno l’arte concreta del vivere.
È il caso dell’episodio relativo all’ultimo incontro tra Orlando e Leonardo Sciascia, che riproponiamo a trent’anni dalla morte dello scrittore di Racalmuto. Forse colui che più di ogni altro ha mostrato come l’esser siciliani debba portarsi al modo di un abito a cui si tiene: con orgoglioso vanto e ancor più cauta attenzione.
Ninni Giuffrida e Andrea Le Moli