Alterità perseguitate
Tra il decreto di espulsione del 1492 e le leggi razziali del 1938 a Palermo
Il 1492 rappresentò una data significativa per l’Europa, uno spartiacque tra l’età medievale e quella moderna, che inaugurò «l’inizio di un tempo così nuovo e diverso da ogni altro»(1). L’inizio della modernità fu segnato da tre eventi fondamentali, che portarono a un cambiamento radicale di concepire non solo il mondo, ma anche il rapporto con “l’altro”, come venne messo in luce dall’antropologo bulgaro Tzvetan Todorov nel suo volume La conquista dell’America e il problema dell’altro. L’opera delinea le tappe – Scoprire, Conquistare, Amare, Conoscere – che portarono gli europei all’incontro-scontro con l’altro. Indios e Aztechi. La scoperta dell’America ad opera del navigatore genovese Cristoforo Colombo (1451-1506) fu un modo di raggiungere l’Oriente attraverso nuove rotte commerciali, poiché la presenza ottomana aveva reso inaccessibile quelle nel Mediterraneo. Tuttavia questa data significativa non rappresentò solo la scoperta di nuovi territori e poli economici, attraverso cui i sovrani spagnoli come Carlo V d’Asburgo (1500-1558), I di Spagna, poté affermare che “sul suo impero non tramontava mai il sole”, e grazie a cui Filippo IV d’Asburgo (1605-1665) venne soprannominato “El Rey Planeta”.
Prima ancora si verificarono due eventi significativi per la storia della monarchia spagnola: la caduta Regno di Granada, ultimo regno moresco della penisola iberica, e la cacciata degli ebrei sefarditi(2). Il 2 gennaio1492 Granada venne conquistata dai sovrani Isabella I di Castiglia (1451-1504) e Ferdinando II d’Aragona (1452-1516), così da completare il processo di unificazione della Spagna, noto come Reconquista. Il 31 marzo 1492 gli stessi sovrani cattolicissimi emanarono una prammatica sanctione nei confronti degli ebrei. Come si vedrà le cause di questa decisione furono diverse e altrettante le conseguenze, anche in una zona periferica come la Sicilia. La motivazione primaria era legata all’ideologia che si era sviluppata in quel periodo nota come limpieza de sangre, ovvero che la Spagna doveva essere abitata da spagnoli di religione cattolica.
La seconda causa che portò all’espulsione dei giudei dalla penisola fu l’accusa di omicidio rituale(3), che ha un significato simbolico legato alla Pasqua ebraica in cui si diceva che gli ebrei rapissero un bambino cristiano, un novello Cristo, per sacrificarlo e che il suo sangue venisse usato per impastare il pane azzimo. Gli ebrei furono costretti o a convertirsi al cristianesimo, diventando conversos, o ad abbandonare il territorio iberico e i territori appartenenti alla corona aragonese. Il provvedimento colpì non solo i giudei spagnoli, ma anche quelli presenti nelle zone periferiche del regno come la Sicilia (1493), costringendoli a migrare forzatamente verso le città italiane di Roma, Ancona, Livorno e Venezia. Essi, una volta abbandonato l’ebraismo, accoglievano il battesimo e Cristo o si convertivano di facciata, secondo i dettami del filosofo di Cordova di religione mosaica Mosè Maimonide (1138-1204).
Questi, nella sua Lettera sulla conversione forzata rivolta agli ebrei, invita coloro che sono costretti a convertirsi a una nuova religione a osservare in segreto la religione dei padri(4). Per smascherare tale strategia, i sovrani si fornirono di una complessa macchina di controllo, un occhio di Sauron di tolkeniana memoria: l’Inquisizione spagnola. che ebbe come compito non solo quello di scovare i finti conversos, ma anche quello di estirpare dalla memoria isolana il ricordo della presenza giudaica(5). A volere questa secolare istituzione fu papa Sisto IV (1414-1484): con la bolla Exigit sincerae devotionis (1478) diede il mandato a Ferdinando e Isabella di fondare un tribunale autonomo, che si sarebbe occupato di scovare i falsos conversos. Per agevolare la tale procedura la macchina inquisitoriale si avvaleva della sua rete di informatori e spie, i “familiari” dell’Inquisizione. Questi, una volta scoperta la finta conversione, denunciavano all’inquisitore il sospettato, che veniva incarcerato senza sapere il perché e il nome di colui o colei che lo aveva denunciato. Il XVIII secolo rappresenterà un momento di svolta per l’Europa.
Con l’avvento dell’Illuminismo alcune credenze verranno confutate. I Balcani, che dal dominio ottomano passarono sotto il controllo dell’Austria, furono la contraddizione di una monarchia illuminata: le superstizioni legate alla morte postuma e al vampirismo dovevano essere ormai solo una favola, così come ormai la caccia alle streghe(6) “fantascienza”. Di conseguenza in questo periodo l’Inquisizione diventò obsoleta e il suo complesso organigramma venne smantellato.
Se si prende come esempio il film L’ultimo inquisitore (2006) diretto da Miloš Forman, si notano due aspetti interessanti.
Il primo riguarda il protagonista che, nonostante la traduzione del titolo in inglese sia Goya’s Ghosts, non è il pittore Francisco Goya, bensì l’inquisitore frate Lorenzo Casamares che, dopo essere venuto a contatto con la cultura illuminista nel corso del suo esilio in Francia, cambierà la propria mentalità.
Il secondo tocca il tribunale della Santa Inquisizione, che capitolerà con la conquista della Spagna (1808) da parte di Napoleone Bonaparte (1769-1821). In Sicilia – in cui abbiamo tutt’oggi fonti come le copie degli atti dei processi conservati a Madrid e le carceri di Palazzo Chiaromonte(7) – tale procedimento venne attuato dal viceré Domenico Caracciolo (1715-1789), uomo la cui formazione era stata influenzata dalle idee illuministe. Egli decise non solo di abolire il tribunale inquisitoriale (1782) con l’aiuto del vescovo Salvatore Ventimiglia (1721-1797), ma di bruciare anche l’archivio dell’Inquisizione in cui erano contenuti i nomi di coloro che appartenevano ai familiari, si pensa per occultare i nomi di alcune personalità di spicco e per cancellare questa pagina dalla storia siciliana.
Le conseguenze dell’espulsione degli ebrei dalla Sicilia furono molteplici. Come viene analizzato da Antonino Giuffrida nel suo saggio Grano contro ebrei. Un’ipotesi per il riequilibrio della bilancia commerciale siciliana al momento dell’esodo (1492) questo avvenimento provocò delle ripercussioni per l’isola dal punto di vista culturale ed economico. Gli ebrei che vennero espulsi dalla Sicilia erano non solo fabbri, che forgiavano gli attrezzi agricoli, ma che anche gestivano le rotte commerciali tra la Sicilia, la Siria e l’Egitto(8). Tra di loro vi erano notai e avvocati che padroneggiavano l’arabo e redigevano gli atti dal latino all’arabo e all’ebraico. «La cacciata degli ebrei segnò – come sottolinea monsignor Rocco – la morte dell’arabo nella Sicilia»(9). L’espulsione degli ebrei, portò, si potrebbe dire, alla morte non solo come aveva sottolineato monsignor Rocco dell’arabo, ma del multiculturalismo da cui la Sicilia era caratterizzata.
Questo ragionamento si collega trasversalmente a una pagina oscura della storia del Regno d’Italia nel periodo fascista. Anno 1938. Questo periodo nefasto rappresentò il momento in cui il re Vittorio Emanuele III (1869-1947) firmò le leggi razziali, che andarono a colpire drasticamente sia gli ebrei italiani sia gli stranieri di religione ebraica.
Il 5 settembre del 1938 il governo fascista emanò il R.D.L. n. 1390, Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista (GURI n. 209, 13 settembre 1938) convertito in legge senza modifiche con L. 99/1939. L’approvazione delle leggi razziali da parte del Consiglio dei ministri portò con sé una serie di divieti, fra cui la proibizione dei matrimoni misti e l’esclusione dagli impieghi statali, parastatali e di interesse pubblico. Le norme decretarono di fatto l’espulsione di bambini e giovani ebrei da ogni grado di istruzione, oltre all’esclusione dalla docenza nelle scuole e università italiane(10). Il 18 settembre dello stesso anno, Benito Mussolini (1883-1945) dichiarò a Trieste:
«La nostra posizione è stata determinata da questi incontestabili dati di fatto. L’ebraismo mondiale è stato, durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del Fascismo. In Italia la nostra politica ha determinato, negli elementi semiti, quella che si può oggi chiamare, si poteva chiamare, una corsa vera e propria all’arrembaggio.»(11).
Le parole del duce furono un chiaro segnale di adesione alla politica di repressione e discriminazione, che in Germania cominciò nei confronti degli ebrei con la “Notte dei cristalli” del novembre 1938. In Sicilia, per esempio vi fu una presa di posizione forte da parte di alcuni esponenti dell’ambiente culturale, tra questi Giuseppe Maggiore. Giurista e Rettore dell’università di Palermo nel biennio 1938-1939(12), nel discorso di inaugurazione dell’Anno Accademico non solo riprese quanto detto da Mussolini: «l’ebraismo mondiale è stato durante sedici anni il nemico inconciliabile del fascismo»(13). A essere rimarcate erano soprattutto le idee contenute nel Manifesto della razza (1938). Parole che segnarono l’inizio della fine: furono causa di espulsioni nell’ambiente accademico sia tra i docenti e gli studenti stranieri di religione ebraica.
Le figure e le storie di questi studenti ebrei sono state ricostruite con l’ausilio una documentazione conservata presso l’Archivio storico dell’università di Palermo (leggi anche questo articolo per approfondire). Tramite l’analisi delle carte raccolte è possibile di restituire non solo la memoria storica, ma un’identità e una voce a questi uomini che, provenienti dalle zone dell’Europa centro-orientale a causa della scellerata politica razziale, vennero messi ai margini di quella società apparentemente così rassicurante e accogliente nei loro riguardi. Tramite la catalogazione di alcuni documenti (libretti universitari, diplomi di laurea e fotografie) è stato possibile fare un viaggio nel passato per riscoprire le vite di alcuni studenti ebrei.
Jankel Chasis era uno studente proveniente da Wilno (ora Vilnius), a quel tempo facente parte del territorio polacco, in cui aveva conseguito la maturità. Cominciò i suoi studi in medicina all’università tedesca di Praga dal 1928 al 1933; in seguito all’ascesa di Hitler fu costretto a trasferirsi con la sorella Chaia a Palermo, dove nel 1935 conseguì la laurea in medicina. Con la promulgazione delle leggi razziali Chasis fece ritorno in Polonia. Ma, nel 1939, a seguito della conquista della Polonia da parte della Germania, che aveva violato il Patto Molotov-Ribbentrop (1939) e con il secondo conflitto mondiale, egli venne arrestato e internato all’interno del lager di Orainenburg. Rimase imprigionato all’interno del campo di concentramento fino al 1945, fino alla liberazione da parte degli alleati.
Una volta libero, Chasis decise di recarsi in Israele per combattere, ma prima fece una piccola tappa a Palermo per richiedere un duplicato del diploma di laurea. Nel 1947 ricevette la licenza per esercitare la professione medica a Netanya, dove si persero le sue tracce. La stessa sorte di Jankel Chasis toccò al medico polacco Walter Fabish. Laureato summa cum laude in Medicina e chirurgia a Berlino nel 1929, lavorò come assistente ausiliario e docente di chimica presso l’Università del Berlino. Nel 1933 fu costretto a lasciare il suo lavoro e a trasferirsi nel 1934 con la moglie Lise a Palermo, dove la sua fama lo precedeva. Iscrittosi alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’ateneo palermitano, si laureò con il massimo dei voti (1934) vincendo il Premio Albanese – alla migliore tesi in medicina – con un lavoro dal titolo Tolleranza di levulosio e galattosio nel bambino immaturo.
Dopo la laurea cominciò a operare nel campo della medicina pediatrica sotto l’attenta guida del professor Maurizio Ascoli (1876-1958); nel 1939 venne arrestato e internato. Nello stesso anno venne trasferito in un campo di prigionia in Punjab (India) dove divenne il medico del maharaja. In seguito il comandante del campo lo ingaggiò nel Royal Army Medical Corp con il grado di tenente. Congedato da maggiore alla fine della guerra, Walter Fabish si trasferì nel 1948 nella città inglese di Nottingham, dove visse affetto dal morbo di Alzheimer fino alla sua morte nel 1991.
La comparazione – tra gli ebrei espulsi dalla Sicilia nel 1493 e quelli esclusi dalla vita dalla vita accademica – sottolinea una questione fondamentale ed attuale. Quando parliamo di alterità e di persecuzione del diverso, facciamo riferimento solo a quei popoli di cui ci parla Todorov, che possono essere gli Aztechi o gli Inca. Dimentichiamo che, prima ancora di essere venuti a contatto con i popoli del Nuovo Mondo, abbiamo conosciuto e fatto esperienza di un altro tipo di alterità. L’alterità mediterranea. Fatta di non solo di popolazioni europee, ma anche di ebrei, moriscos, turchi, greci e slavi. Nell’introduzione de Il seme dell’intolleranza Ebrei, Eretici, Selvaggi: Granada 1492, Adriano Prosperi sottolinea come non esista il sangue blu della nobiltà. Non esiste la puzza dell’ebreo. La repulsione nei confronti del diverso, dell’altro, l’astio e il conflitto che si prova nei confronti di questo, mette in luce gli sbagli ridondanti dell’uomo di ieri e di oggi(14).
Note:
1 B. De Las Casas, Historia de las Indias, I, 88. Cfr. T. Todorov, La Conquista dell’America il problema dell’altro, Einaudi, Torino, 2014, p. 7.
2 In età moderna si andarono distinguendo tre “stirpi” ebraiche: sefarditi, levantini e askenaziti. Gli aggettivi sefardita, levantino e askenazita, per quanto riguarda gli ebrei, stavano ad indicare la provenienza geografica degli. Sefarad per gli ebrei rappresentava la Penisola Iberica. I levantini erano coloro, che provenivano dalle zone territoriali dell’Impero ottomano. Gli askenaziti prendevano questo denominazione da Askenaz, la Germania. (Cfr. M. Caffiero, Storia degli ebrei nell’Italia moderna Dal Rinascimento alla Restaurazione, Carocci editore, Roma, 2014, p. 11.)
3 Sulla questione degli omicidi rituali si veda A. Toaff, Pasqua di sangue, Il Mulino, Bologna, 2008.
4 Cfr. V. La Motta, Contra Hareticos L’Inquisizione Spagnola In Sicilia, Istituto Poligrafico Europeo, Palermo, pp.36-37.
5 Cfr. A. Giuffrida, Grano contro ebrei. Un’ ipotesi per il riequilibrio della bilancia commerciale siciliana al momento dell’esodo (1492), Mediterranea Ricerche Storiche Anno III, Palermo, 2006, p. 443.
6 Sulla storia della stregoneria si vedano D. Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento-Prospettive di storia ereticale italiana del Cinquecento, Edizioni Einaudi, Torino, 2009. C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi, Edizioni Einaudi, Torino, 2009; I Benandanti, Edizioni Einaudi, Torino, 2002 ; Storia notturna, Adelphi, Milano, 2017.
7 Sui graffiti delle carceri dell’Inquisizione di Palazzo Chiaramonte-Steri e la loro storia si vedano i recenti lavori di G. Civale, Descendit ad Inferos, Palermo University Press, Palermo, 2018, e G. Fiume, Parole Prigioniere, Istituto Poligrafico Europeo, Palermo, 2018.
8 A. Giuffirda, Grano contro ebrei. Un’ ipotesi per il riequilibrio della bilancia commerciale siciliana al momento dell’esodo (1492), p. 443.
9 Cfr. A. Giuffrida, B. Rocco, Una bilingue arabo- sicula, «Annali dell’Istituto Orientale di Napoli», vol. 34 (N.S. XXIV), 1974, p. 110.
10 Cfr. Corriere della Sera, Milano, 1938, XVII
11 Cfr. il video del discorso di Trieste conservato nell’archivio digitale dell’Istituto Luce. https://www.archivioluce.com/2019/09/18/il-discorso-di-trieste/
12 Cfr. Annuario dei Rettori della Università di Palermo, 2010/2011.
13 Cfr. Cfr. Relazione letta dal Magnifico Rettore Prof Giuseppe Maggiore Per l’Inaugurazione dell’Anno Accademico 1938-39 Il Giorno 12 Novembre 1938 XVII, contenuta in R. Università degli Studi di Palermo, Annuario Accademico Anno 1938-39 XVII, Tipografia Michele Montana, Palermo, 1939 A. XVII, p. 13.
14 Cfr. A. Prosperi, Il seme dell’intolleranza Ebrei, Eretici, Selvaggi: Granada 1492, Editori Laterza, Roma-Bari, 2013, pp. VII- IX.
Per approfondire, leggi anche l’Appendice