La nascita dell’alfabeto
Chi sono i progenitori della scrittura? Quali teorie accompagnano queste tesi?
È ormai ampiamente documentata e dimostrata dai ritrovamenti archeologici la diretta derivazione di quasi tutte le scritture alfabetiche dal fenicio, ma le ipotesi formulate sull’origine di quest’ultimo sono diverse. Senza voler entrare nel merito di questa vexata quaestio, si ritiene opportuno fornire un rapido excursus sulle diverse ipotesi antiche e moderne.
Le teorie antiche sull’origine della scrittura alfabetica
Presso gli antichi popoli si riteneva che l’invenzione della scrittura alfabetica fosse dovuta ai Fenici, tanto che in greco l’alfabeto era chiamato Φοινικήια (Phoinikḗia), Φοινικήια γράμματα (Phoinikḗia grámmata), Φοινίκια γράμματα (Phoiníkia grámmata), καδμήια γράμματα (Kadmḗia grámmata).
Plinio (Natur. Hist., V, 12) scrive: «Il popolo stesso dei Fenici gode grande fama per avere inventato l’alfabeto e le scienze astronomiche». E Lucano, riprendendo questa ipotesi (Bell. civ., III, 220-21): «I Fenici per primi, se si crede alla fama, osarono rappresentare e fissare con rozzi segni le parole: Menfi non sapeva ancora intrecciare i papiri del fiume, e soltanto belve e uccelli e altri esseri scolpiti nelle pietre conservavano il linguaggio magico».
Altri autori classici, invece, ritenevano che i Fenici avessero avuto solo il merito della diffusione dell’alfabeto, attribuendone l’invenzione agli Egiziani, agli Assiri, ecc. Plinio nella sua opera, riporta anche altre ipotesi oltre quella fenicia (Hist. nat. VII, 57): «A mio avviso l’alfabeto esiste fin dal tempo degli Assiri, ma alcuni vogliono che esso fu trovato in Egitto da Mercurio, come dice Gellio: altri ancora dicono presso i Siriani; entrambi sostengono che sedici lettere sono state introdotte in Grecia dalla Fenicia da Cadmo alle quali Palamide ai tempi della guerra di Troia ne aggiunse quattro della forma seguente ΗΥΦX, e dopo di lui, altre quattro furono aggiunte da Simonie il lirico ΨΞΩΘ: il valore di tutte queste lettere si trova nel nostro alfabeto.
Aristotele dice che le lettere in origine furono diciotto e attribuisce l’aggiunta di due lettere ΦX a Epicarpo piuttosto che a Palamide e Anticlide scrive che un certo Menone le trovò in Egitto quindicimila anni prima di Foraneo, il più antico re di Grecia e si sforza di provare la sua tesi con dei documenti. D’altra parte da Epigene, autore molto grave, noi apprendiamo che i Babilonesi possedevano delle osservazioni astronomiche risalenti a 720.000 anni fa [730.000 anni secondo il testo di The Loeb Classical Library], scritte su dei mattoni cotti; oppure, secondo quelli che dicono di meno, Beroso e Crostodemo, risalenti a 490.000 anni. Dal che si vede che l’uso dell’alfabeto è da sempre. I Pelasgi le portarono in Italia».
Tra i sostenitori dell’origine egiziana va menzionato Tacito (Annales, XI, 14.1): «Per primi gli Egiziani rappresentarono le idee con figure di animali, e questi antichissimi documenti del pensiero umano si possono ancora vedere incisi nel sasso. Essi si vantano anche inventori dell’alfabeto, che poi i Fenici, potenti sul mare, avrebbero introdotto in Grecia, conseguendone gloria come se avessero essi inventato ciò che invece avevano appreso da altri.
In verità è fama che Cadmo, approdato con una flotta di Fenici, divulgasse l’uso della scrittura tra le genti ancora rozze della Grecia. Narrano alcuni che l’ateniese Cecrope o il tebano Lino e, ai tempi di Troia, l’argivo Palamede inventassero le prime sedici lettere dell’alfabeto, e in seguito altri, e specialmente Simonide, le rimanenti. In Italia poi, gli Etruschi appresero la scrittura dal corinzio Demarato, gli Aborigeni dall’arcade Evandro; ed invero la forma delle lettere latine è la stessa di quelle greche più antiche.
Anche da noi del resto le lettere furono dapprima poche, e in seguito aumentate. Seguendo tal esempio, Claudio aggiunse tre segni, adoperati durante il suo regno e caduti poi in disuso: si possono ancora vedere nelle tavole di bronzo affisse nelle piazze e nei templi».
Sul ruolo dei Fenici, non come inventori dell’alfabeto ma loro diffusori, scrive anche Erodoto (Hist. V, 58-59): «Questi Fenici venuti con Cadmo di cui facevano parte i Gefirei, abitando questa terra, introdussero fra i Greci molte cognizioni, e fra le altre anche l’alfabeto – che i Greci prima, a quanto io credo, non avevano – in un primo tempo quello di cui si servivano anche tutti i Fenici, poi col passare del tempo, i Cadmei mutarono anche la forma delle lettere. In quel tempo la maggior parte delle terre all’intorno erano abitate da Greci di stirpe ionica, e queste, apprese dall’insegnamento dei Fenici le lettere, le usarono lievemente modificate, e usandole le denominarono «fenicie», come anche la giustizia voleva, dato che i Fenici le avevano introdotte in Grecia.
Parimenti, secondo l’uso antico gli Ioni chiamano i libri «pelli», poiché allora, per la scarsità di papiri, usavano pelli di capra e di pecora; ed ancora ai miei tempi molti barbari scrivono su pelli del genere. Io stesso ho visto lettere cadmee nel tempio di Apollo Ismenio a Tebe di Boezia, incise su tre tripodi e simili per lo più alle lettere ioniche».
Anche Diodoro Siculo attribuisce l’invenzione dell’alfabeto ai cretesi (Bibl. Hist. V, 74,1): «Alle Muse fu dato dal loro padre Zeus d’inventare le lettere dell’alfabeto e di combinare le parole nel modo che è definito «della poesia». Replicando a chi dice che i Siri sono gli inventori delle lettere, che i Fenici, avendole apprese da loro, le hanno trasmesse ai greci, che questi Fenici sono quelli che con Cadmo navigarono alla volta dell’Europa, e che per questo i Greci chiamano le lettere fenicie, vi è chi afferma che non furono i Fenici a inventarle originariamente, bensì ne mutarono soltanto la forma, e che la maggioranza degli uomini utilizzò questo loro modo di scrivere, e che per questo le lettere ricevettero la denominazione di cui abbiamo detto prima».
Infine lo scrittore giudeo Eupolemo, che compose la propria opera intorno al 185 avanti Cristo, afferma che: «Mosè fu il primo sapiente e per primo insegnò la scrittura ai giudei; poi i fenici l’appresero dai giudei e i greci dai fenici» (Eusebio, Preparazione evangelica, IX, 26,1). Come si vedrà nel paragrafo seguente, le teorie moderne sull’origine della scrittura ripercorrono, con altre argomentazioni, le stesse tesi dell’antichità.
Altre ipotesi moderne sull’origine della scrittura alfabetica
Ipotesi accadica
L’ipotesi di un’origine dell’alfabeto fenicio dal cuneiforme accadico fu formulata per la prima volta da Deecke nel 1877, poi da Hommel e ripresa in seguito da Delitzsch, ma questa ipotesi oggi è poco seguita.
Ipotesi egea
Questa teoria, la cui prima formulazione si deve a Praetorius, ha cercato di vedere nelle iscrizioni cipriote l’origine del fenicio ma, in seguito alla scoperta del Lineare A e del Lineare B, si è ritenuto di potere identificare in queste, e non nel cipriota, l’origine di questo alfabeto. Evans (1909, 77-94) riteneva, invece, che l’alfabeto fosse sorto nell’isola di Creta per essere poi introdotto nella regione siro-palestinese dai Filistei. A un’attenta visione dei risultati archeologici si è accertato che i Filistei approdarono in Palestina solo all’inizio del XII secolo avanti Cristo, quando l’alfabeto fenicio era già stato inventato. Bisogna aggiungere, però, che quando Evans formulò questa teoria non erano ancora noti i risultati degli scavi che hanno portato nuova luce sulle antiche popolazioni della Palestina.
Ipotesi dello pseudo-geroglifico di Biblo
Questa teoria è stata avanzata per primo da Dunand, il quale affermò che le impronte di alcuni sigilli del periodo eneolitico (fine del IV millennio avanti Cristo) trovati a Biblo testimonierebbero le fasi iniziali di un processo che avrebbe portato alla nascita dell’alfabeto. Egli identificò in una decina d’iscrizioni trovate in questo sito archeologico negli anni 1929 e seguenti e da lui chiamate pseudo-geroglifico, il prototipo da cui più tardi si sarebbe sviluppato l’alfabeto fenicio. Tali iscrizioni, che come detto in precedenza hanno finora rivelato 122 segni diversi riferibili a 38 diversi grafemi, presentano una datazione molto incerta, mentre la loro decifrazione non è ancora accettata da tutti gli studiosi.
Dalla scrittura pseudo-geroglifica si giungerebbe, sempre secondo Dunand, durante la XIII dinastia egiziana (XVIII-XVII secolo avanti Cristo) alla creazione di un alfabeto vero e proprio che forse esisteva già durante la XII dinastia (1994-1781 avanti Cristo).
Le fasi intermedie di questo sviluppo sarebbero confermate da alcune iscrizioni: una in pseudo-geroglifico lineare, un’altra incisa su una statuetta bronzea e infine nell’iscrizione di Shapatbaal di Biblo. Quantunque Dunand, nel postscriptum del 1946 al suo Byblia grammata, abbassi eccessivamente le datazioni di queste iscrizioni, quest’ipotesi, fino a poco tempo fa, ha trovato poco riscontro negli ambenti scientifici per i numerosi dubbi sulla cronologia delle iscrizioni prese in esame.
Questa tesi è stata ripresa nel 2008 da Garbini (2008, 11-24), uno dei maggiori epigrafisti semitici italiani, raggiungendo la conclusione che: «l’alfabeto fu inventato a Biblo, forse poco dopo la metà del II millennio a.C., e che esso nacque dalla scrittura «pseudo-geroglifica», la quale fu creata intorno al 1600 a.C.». Garbini ritiene inoltre che sette segni della scrittura fenicia sono già presenti nella scrittura pseudo-geroglifica: si tratterebbe dei segni < ’ , Y, D, ‛, R, Š, T> (Garbini 2008, 15 e tav. p. 23). Mentre la pseudo-geroglifica era probabilmente utilizzata per le iscrizioni monumentali, come la geroglifica egiziana, da cui questa scrittura deriva, quella alfabetica fenicia era invece impiegata per scrivere sul papiro, come avveniva per la ieratica.
Secondo questa tesi il principio alfabetico fu conosciuto per primo a Ugarit, dove gli scribi avrebbero ritenuto più comodo usare un alfabeto ma in caratteri cuneiformi più pratico per scrivere sulle tavolette d’argilla.
Dalla scrittura fenicia sarebbero poi derivate tutte le altre scritture alfabetiche del Vicino Oriente antico. Relativamente alla scrittura proto-sinaitica, questa avrebbe preso il principio alfabetico dal fenicio, ma utilizzando solo alcuni (17 su circa 24) dei segni derivati dagli geroglifici egiziani (Garbini 2006, 49 e nota 2; Helck 1972, 41-45). Questa tesi al momento non è accettata da tutti gli studiosi.
Ipotesi proto-canananea
Una ipotesi molto accreditata fino ad alcuni anni fa presso gli studiosi americani (Gaster, Albright, Cross, Healey) e israeliani (Naveh 1982, 1995), riprendeva la teoria dell’ipotesi proto-sinaitica, ammettendo l’esistenza di varie fasi intermedie tra la scrittura proto-sinaitica, derivata a sua volta da quella egiziana, e la scrittura fenicia vera e propria.
Si sostiene però che la derivazione del fenicio da un altro alfabeto sia stata graduale e mediata da un’altra scrittura (teoria del missing link), che, a giudizio di questi archeologi, sarebbe da identificare nelle iscrizioni rinvenute a Lachish, Bet Shemesh, ecc. databili alla prima metà del II millennio avanti Cristo. E chiamate in maniera diversa: Diringer preferisce definirle antico cananaico o paleo-cananaico; Février attribuisce loro il nome di proto-fenicio, usando però questo termine in maniera differente da quello attribuitogli da Dunand nel suo Biblia grammata, gli americani infine le chiamano proto-cananaiche.
Secondo questa teoria, inoltre, non solo il fenicio, ma tutte le scritture alfabetiche, compresa quella cuneiforme ugaritica, avrebbero avuto origine da queste iscrizioni proto-cananaiche.
Su questa base Cross, allievo di Albright (1948, 6-22), cui si deve la prima riformulazione di questa ipotesi, chiamata dallo Sznycer «americana», basata su una supposta decifrazione delle iscrizioni proto-sinaitiche, ha proposto questo schema cronologico:
- Iscrizioni proto-cananee
- a) antico palestinese (XVII-XII secolo a.C.)
- b) proto-sinaitico (XV- secolo a.C.)
- Iscrizioni cananaiche in caratteri cuneiformi
- a) Ugarit (XIV secolo a.C.)
- b) palestinese (XIII-XII secolo a.C.) (Naveh 1982, 30; 1995, 17)
Questa tesi, pur suggestiva, trova un ostacolo nel ritrovamento di un’iscrizione in scrittura proto-cananaica effettuata in Israele in un contesto archeologico che la daterebbe tra il XII e l’XI secolo avanti Cristo (Kochavi 1977, 1-13).
Ipotesi fenicia
Quest’altra ipotesi sull’origine della scrittura fenicia tende ad attribuire a questo popolo di mercanti il merito di aver sviluppato autonomamente un proprio sistema grafico consonantico. Sempre secondo questa tesi, la scelta della forma dei caratteri secondo alcuni sarebbe stata improntata al loro totale arbitrio, mentre secondo altri ispirata alle scritture di altri popoli con cui erano venuti in contatto.
Dussaud (cit. in Février 1992, 198) a esempio, vi vede una creazione pura e semplice: «I Fenici dopo aver appreso, su esempio della scrittura egizia, a eliminare le vocali, hanno creato le proprie lettere seguendo un principio lineare del tutto originale». Sostenitori di questa teoria sono anche altri studiosi come Diringer, Weil, De Groot, ecc.; l’ostacolo maggiore è rappresentato dal ritrovamento in molti altri siti archeologici di caratteri simili a quelli fenici.
Questa ipotesi è stata ripresa in tempi più recenti sulla base di nuovi ritrovamenti e procedendo a una revisione della datazione di alcuni reperti. In particolare, partendo da alcune critiche mosse alle tesi della scuola americana (ipotesi proto-cananea) (Sznycer 1977), Garbini (2006, 43-60) ha recentemente riproposto la tesi dell’origine fenicia della scrittura, ma facendola derivare dalla pseudo-regoglifica di Biblo, modificando la sua posizione rispetto al pensiero espresso in sue precedenti opere (Garbini 1979, 2008) (fig. 1).
Le teorie moderne sull’origine della scrittura alfabetica
La teoria che oggi vede un accordo generale, anche se non assoluto, è quella dell’origine dell’alfabeto fenicio dalla scrittura egiziana. Fu formulata per la prima volta da Lenormant nel 1838 e da Luzzato, e in seguito chiaramente esposta da JHalévy e de Rouge (1859 e 1872) i quali ritenevano che la scrittura ieratica si fosse formata durante il periodo degli H̬yksos.
Premesso che, secondo la maggioranza degli studiosi, la prima scrittura totalmente alfabetica, ma in caratteri cuneiformi, è l’ugaritico (datato al XIV secolo avanti Cristo, da cui non derivano altre scritture), oggi la maggioranza degli studiosi ritiene che all’origine della nascita dell’alfabeto vi sia l’egiziano geroglifico, che avrebbe generato una scrittura detta protosinaitica, da cui deriverebbe l’alfabeto fenicio.
Nell’inverno 1904-1905, il celebre egittologo Flinders Petrie, durante una campagna di scavi condotta per conto dell’Egypt Exploration Found, fece una scoperta ai piedi di una miniera di rame rosso nella zona mineraria di Serabit el-Khadim, nella penisola del Sinai, sfruttata dagli Egiziani per estrarre soprattutto turchesi e nelle rovine di un tempio dedicato alle divinità di Hator e Sapdu. Trovò diverse iscrizioni che lui fece risalire alla seconda metà del II millennio avanti Cristo ma che gli studi seguenti hanno variamente datato, attribuendole in ultimo alla XVIII dinastia (1580-1314 avanti Cristo).
Dall’analisi di questi testi, Gardiner – partendo dal presupposto che si trattasse di una scrittura in lingua semitica e identificando in ogni caso una loro origine dalla scrittura egiziana – concluse che a ogni carattere corrispondeva la prima lettera della parola semitica designante l’oggetto rappresentato (principio acrofonico). Secondo questo principio il segno della casa si doveva leggere <b> (casa in ebraico si dice bayt) quello di occhio <‘> (occhio si dice ‘ayn), ecc.: sarebbe insomma un’acrofonia importata.
Questa tesi fu in seguito accettata anche dal Sethe, che in un primo tempo aveva ipotizzato un’origine diretta della scrittura fenicia dal geroglifico ittita. E troverebbe conferma in tre diverse iscrizioni:
- Iscrizioni protosinaitiche, datate intorno al XIX secolo a.C., rinvenute a Serabit el-Khadim da W. Petrie durante gli scavi del 1904-05, decifrate da A. Gardiner (1916, 1-6), già citate (fig. 2);
- L’abbecedario di Izbeth Sartah, un ostrakon rinvenuto nel 1976 durante una spedizione archeologica a Rosh ha-Ayin, a 25 km da Tel Aviv, datato 1200-1000 a.C.
- Due iscrizione protosinaitiche rinvenute nel Wadi el-Ḥôl, datate al primo quarto del II millennio a.C. (Sass 1988; Darnel 2005; Viers 2006, 81-104; Woodard 2014, 25-28) (figg. 3-4).
Sulla base di questi ritrovamenti, si ritiene che le popolazioni asiatiche, entrate in contatto con gli egiziani nel II millennio avanti Cristo (Darnell 2005, 90-92), abbiano utilizzato i segni alfabetici dell’egiziano geroglifico e ieratico, o gli ideogrammi egiziani per acrofonia, per trascrivere i suoni della propria lingua, generando così la scrittura detta protosinaitica, da cui sarebbe poi derivato il fenicio.
Le iscrizioni protosinaitiche
Con “iscrizioni protosinaitiche” ci si riferisce oggi alle più antiche iscrizioni redatte in scrittura alfabetica di tipo lineare-pittografico scoperte circa un secolo fa presso Serabit el-Khadin, una miniera di rame e turchese della penisola del Sinai. Tale denominazione serve a distinguere queste antiche inscrizioni da una parte da quelle più recenti rinvenute in zone vicine – quali a esempio le iscrizioni nabatee – dall’altra parte da quelle quasi altrettanto antiche, ma rinvenute in Palestina, essendo queste ultime denominate protocananee.
La scrittura protosinaitica è di tipo alfabetico consonantico (abjad), cioè fornisce la notazione grafica di ogni fonema consonantico con un singolo segno, senza riportare graficamente le vocali. Tale sistema è usuale nelle antiche lingue semitiche. A causa della brevità di molte iscrizioni, non è sempre possibile determinare la direzione della scrittura. Il corpus delle iscrizioni protosinaitiche attualmente note supera le trenta unità. Alcune sono molto brevi (tre-quattro segni), altre sono più lunghe. Data l’assenza di un contesto stratigrafico per queste iscrizioni, la datazione assoluta è ancora oggetto di dibattito.
Petrie e Grimme le attribuiscono alla XVIII dinastia egiziana (1500 avanti Cristo circa); Sethe le data alla XIII o XIV dinastia (1700 avanti Cristo); Butin ritiene che appartengano alla XII dinastia (1994-1781 avanti Cristo). La maggioranza degli specialisti pone le più antiche attorno al XVIII-XVII secolo avanti Cristo (Sass 1988, 135-144; Hamilton 2006), ma altri preferiscono una datazione più recente, intorno al XVI-XV secolo avanti Cristo (Albright). Recentemente Sass ha proposto di abbassare ulteriormente la datazione di tali iscrizioni (fig. 5).
La sequenza alfabetica nella scrittura fenicia
L’ordine delle lettere dell’alfabeto è antichissimo, essendo già attestato in una tavoletta d’argilla in scrittura cuneiforme ugaritica risalente al XIV secolo avanti Cristo, dove la successione dei segni non segue un ordinamento apparentemente logico.
I tentativi per dare una risposta a questo problema sono stati innumerevoli, ma tra tutti va citata per la sua originalità l’ipotesi avanzata da Bausani (1978), il quale (profondo conoscitore delle lingue del Vicino ed Estremo Oriente, specializzatosi in astronomia araba ed indiana) nel 1978 ha ipotizzato un’origine astronomica dell’alfabeto, nata per uso calendariale. Più in dettaglio, Bausani ritiene che l’ordine alfabetico del fenicio raffiguri una sorta di calendario dove le consonanti <א> (aleph), <ט> (teth) <ע> (‘ain) e <ת> (taw), rappresenterebbero, nell’ordine, l’equinozio d’autunno, il solstizio d’inverno, l’equinozio di primavera e il solstizio d’estate.
La formulazione di questo calendario risalirebbe al 2000 o al 1600 avanti Cristo quando il plenilunio dell’equinozio autunnale era in vicinanza delle Pleiadi e questa ipotesi dovrebbe essere confermata dal ritrovamento, nel materiale epigrafico siro-palestinese del I millennio avanti Cristo, di numerosi vasi e sigilli che presentano serie alfabetiche complete.
Bibliografia
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