Accademie siciliane: un confronto col Settecento
Spirito nuovo e diverso coraggio
Tre secoli sembrano tanti.
Il Settecento, dopo avere scavalcato quel limite immaginifico del terzo millennio, può sembrare anacronistico e superato. Eppure, l’Europa ha un debito profondo verso quel secolo. In esso ha radici, di esso possiede impronta, ne custodisce geni e germi.
A contraddistinguere il Settecento è la «rivoluzione delle idee», ossia quel radicale cambiamento del paradigma fondato su diseguaglianza, rassegnazione e agricoltura. Una rivoluzione che pone le basi per il mondo industriale e l’ordine liberal-democratico, basati su ragione, libertà, tolleranza e felicità (vedi E. Felice, Storia economica della felicità, Bologna, Il Mulino, 2017, pp. 194-196).
È l’Illuminismo, che non è sempre sinonimo di Settecento, ma che ne è però espressione, sintesi, essenza. Ad essere generoso con il secolo dei Lumi è infatti il Seicento, dal quale ha acquisito le forti spinte della Rivoluzione scientifica. L’idea tutta baconiana che la conoscenza debba guardare alla tecnica e al miglioramento della condizione umana si innesta in quel pensiero nuovo dei philosophes del diritto alla felicità. Un diritto, o un’aspirazione, che è tutt’oggi punto di riferimento identitario per l’Europa.
In questo articolo non si scrive però un’apologia, poiché sarebbe bene ricordare anche gli aspetti più bui del XVIII secolo: le numerose guerre, come quelle di successione nella prima metà, o quella dei Sette Anni, considerata la prima vera guerra mondiale, il commercio degli schiavi, il razzismo scientifico, il Terrore giacobino.
Ciò non toglie tuttavia importanza alle conquiste, alcune anche solo di ordine mentale, di questo secolo: la fiducia nella ragione, la critica allo schiavismo, il rifiuto della tortura, l’affermazione del pensiero laico e dello «spirito pubblico». Tutto ciò si incarnava in «una élite culturale e informata e sottratta all’influenza della gerarchia ecclesiastica, pronta a recepire e a contrastare l’influenza del potere politico» (P. Viola, L’Europa moderna. Storia di un’identità, Torino, Einaudi, 2004, pp. 193-194).
Si fa presto a pensare a Parigi, ma la verità è che bisogna parlare di una «Repubblica internazionale delle lettere», già fiorita nel Cinquecento, ma che nel Settecento è comunità corposa, vivacissima e sostenuta da fitti scambi epistolari, pubblicazioni di opuscoli e di periodici, istituzioni di società, circoli e accademie che sorgono copiose tra la capitale della Francia, Londra, Napoli, Firenze, Amsterdam, Pietroburgo, Copenaghen, Edimburgo, Berlino, Milano, Vienna, Padova, Palermo.
Nulla è vera novità, ma tutto ha uno spirito nuovo e un diverso coraggio.
Se si pensa alle accademie, molte erano già sorte ben prima: l’Accademia della Crusca di Firenze nel 1583, l’Accademia dei Lincei di Roma nel 1603, mentre la celeberrima Royal Society londinese, della quale furono membri Robert Boyle, Michael Faraday, John Locke, Isaac Newton, Leibniz, Alessandro Volta e Albert Einstein (solo per citarne alcuni), nel 1660.
Tuttavia, nel Settecento nascono numerose le accademie, che si presentano come luoghi di decisivo rinnovamento dei contenuti culturali e dei modelli tradizionali di sociabilità. Da esse passano i nuovi temi della cultura europea e il «senso nuovo della utilità della scienza» (M. Verga, Da letterato a professore della Regia Università. Le accademie a Palermo nel XVIII secolo, Palermo, Palermo University Press, 2019, p. 9). Si manifesta anche un interesse nuovo e scientifico per l’agricoltura, le produzioni, le macchine e le nuove tecnologie e si dà ampio spazio alla riflessione economica e politica.
Le accademie del Settecento si pongono anche in aperta critica al sapere tradizionale e statico delle università. Non è un caso che in questo secolo, mentre si assiste al loro proliferare, si manifesti contestualmente una spinta innovatrice nei confronti del settore dell’istruzione per liberarlo dal monopolio gesuitico, per ampliarne l’utenza e per introdurvi più attuali discipline (come la fisica e la chimica) e adeguare i sistemi educativi alle nuove istanze della politica, dell’industria e della società.
Il XVIII è anche il secolo delle accademie siciliane. Lo storico fiumano Michele Maylender, nella sua Storia delle accademie d’Italia, ne indica almeno 170 per l’isola tra il Cinquecento e il Novecento, molte delle quali sorte proprio nel Settecento. La maggior parte dei grandi centri della Sicilia ne ospita qualcuna: accademie sorgono a Palermo, Catania, Messina, Siracusa, Caltagirone, Gangi, Castelbuono, Nicosia. Ciò testimonia una vivace, ma a volte poco nota, vita intellettuale dell’isola. Il Settecento siciliano è, quindi, marcato da importanti elaborazioni culturali e da alcune incisive mutazioni sociali ed economiche. Esso, riprendendo le parole di Renda, «presenta nella sostanza le medesime caratteristiche del Settecento napoletano e del Settecento in altre regioni italiane, e in modo più o meno definibile ripete le tendenze di fondo del Settecento europeo» (F. Renda, Società e politica nella Sicilia del Settecento, in La Sicilia nel Settecento. Atti del Convegno di studi tenuto a Messina nei giorni 2-4 ottobre 1981, Messina, Università degli studi di Messina-Facoltà di lettere e filosofia- Centro di studi umanistici, 1986, v. 1, p. 11). Per questo motivo, l’isola è progressivamente coinvolta in trasformazioni che fanno eco alle grandi rivoluzioni e alle vive e feconde correnti di pensiero del tempo. I cambiamenti mettono radici profonde e durature in Sicilia, ne condizionano il suo sviluppo e creano la consapevolezza di essere parte di un processo di rinnovamento culturale europeo. Proliferano, quindi, le fondazioni di nuovi istituti, le sottoscrizioni ai periodici italiani ed europei, l’edizione di riviste locali, la pubblicazione di opuscoli, orazioni e conversazioni.
Le città si animano di incontri, scambi e dibattiti culturali. Nell’isola si introducono le colonie dell’Arcadia romana e della Accademia fiorentina della Colombaria, a testimonianza degli intensi rapporti tra Palermo e Firenze. Allo stesso modo nascono la celebre Accademia palermitana del Buon Gusto (1718), istituita nel palazzo di Pietro Filangieri, Principe di Santa Flavia, l’Accademia degli Ereini (1730), sotto la protezione del Principe di Resuttano, ma anche quella dei Pericolanti di Messina (1727), degli Aretusei a Siracusa (1735) e degli Etnei a Catania (1672). A metà del Settecento è istituita pure l’Accademia degli Agricoltori Oretei di Palermo (1753), la quale si interessa prevalentemente dei problemi dell’agricoltura, delle produzioni e delle tecniche agricole.
Un impulso notevole è dato dall’attività di raccolta di documenti, fonti narrative, dall’edizione di repertori bibliografici al fine di ripensare la storia siciliana e di dirimere gli annosi contrasti giuridici tra feudalità e monarchia. Non va però dimenticato che l’attività culturale siciliana si poneva sempre all’ombra della nobiltà, che si serviva degli eruditi per affermarsi anche politicamente.
L’evoluzione della attività culturale e pubblica delle accademie nel corso del secolo contribuisce a dare una spinta decisiva ai processi di innovazione dei sistemi educativi e di istruzione, soprattutto a seguito della cacciata dei Gesuiti dalla Sicilia nel 1767. Quest’atto politico offriva finalmente agli intellettuali palermitani, ma anche agli altri religiosi, in special modo i teatini, in contrasto e competizione con la Compagnia di Gesù, la possibilità di insegnare pubblicamente e di ottenere una cattedra.
È evidente che, in questo momento di trasformazione prevalgano le nuove sensibilità accademiche e le suggestioni provenienti dal resto d’Italia e dall’Europa. Tuttavia, la storia del Collegio Massimo, poi della Regia Accademia e infine dello Studium, sono già altro da queste pagine sul Settecento e le accademie e meritano uno specifico approfondimento, che va oltre lo spazio a disposizione, sebbene sia grande l’apporto degli intellettuali e delle accademie siciliane, e soprattutto palermitane, nella diffusione di una diversa idea di istruzione maggiormente corrispondente alle necessità della società siciliana in trasformazione.
Per chi volesse approfondire la storia delle accademie siciliane e più in generale la figura dell’intellettuale settecentesco, utile ed estremamente interessante è il volume di Marcello Verga, professore di Storia moderna presso l’Università di Firenze e già direttore dell’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea del Consiglio Nazionale delle Ricerche, edito per i tipi di Palermo University Press, Da letterato a professore della regia università. Le accademie a Palermo nel XVIII secolo.