Appunti per una storia della Sicilia in età moderna – Scheda II
L’epilogo della Monarchia nazionale
La Monarchia “nazionale” siciliana termina la sua parabola incalzata dalle truppe dei Martini (1392-1393) che sconfiggono le armate dei Vicari e che impongono l’unione con la Corona d’Aragona. La storiografia dell’ottocento ha individuato nell’anarchia e nelle lotte intestine della feudalità siciliana, le premesse politiche che giustificano l’intervento militare dei Martini, l’annientamento dei Vicari, la confisca dei loro beni che sono ridistribuiti ai nuovi feudatari che hanno supportato la spedizione. Un intervento doloroso ma necessario per ripristinare l’ordine che gli ultimi re «siciliani» non sono in grado di garantire.
Le difficoltà a cui la monarchia siciliana non riesce a fare fronte
Gli studi del Giunta e del D’Alessandro hanno fatto notare che le difficoltà, cui la monarchia siciliana non riesce a fare fronte, non nascono dalle lotte intestine scatenate dai Vicari bensì da una tematica dal respiro mediterraneo. Da un lato vi è il tentativo degli angioni di liquidare l’episodio del Vespro e di reinserire la Sicilia nel regno meridionale, dall’altro la volontà della Corona aragonese di completare l’operazione Vespro inserendo l’isola nel complesso strutturale e mediterraneo dei suoi domini. L’espansionismo catalano considera la Sicilia come una pedina importante per il controllo del mediterraneo, come un punto focale della complessa rete commerciale che si contrappone a quella delle repubbliche marinare italiane. La monarchia siciliana, schiacciata tra angioini ed aragonesi, ha poche possibilità di sopravvivere se non a prezzo di difficilissimi equilibrismi diplomatici che possono spostare in avanti il suo epilogo ma non impedirlo. Federico III mette in campo i suoi migliori ambasciatori per tessere articolate trattative diplomatiche con il Pontefice e con suo fratello Giacomo, il cui obiettivo è quello di mantenere l’identità siciliana della Corona. L’estinzione della linea maschile rende vano questo tentativo.
Una Sicilia indipendente
La creazione di una o più signorie autonome siciliane avrebbe potuto costituire una diversa scelta politica: una Sicilia indipendente, non vincolata dalla presenza aragonese o angioina e che si pone come mercato di intermediazione tra i più importanti centri di produzione protoindustriale dell’Italia settentrionale e l’Africa settentrionale. Ipotesi praticabile perché la Sicilia è in grado di esportare una rilevante quantità di frumento grazie al quale effettuare un interscambio tra i panni lana e oro africano che, grazie alle piste transahariane e al sale, affluisce nei porti del Magrheb. L’operazione navale rivolta alla conquista delle Gerbe organizzata da Artale Alagona e Manfredi Chiaramonte con l’aiuto dei genovesi, pisani e veneziani, serve a rafforzare il ruolo d’intermediazione della Sicilia, tra le repubbliche marinare e l’Africa. Un tentativo rivelatosi un’utopia giacché da un lato la situazione politica, sociale ed economica delle Signorie dell’Italia settentrionale è completamente diversa da quella dell’isola, dall’altro le risorse finanziarie ed umane di cui la Corona d’Aragona può disporre, sono tali da darle la possibilità di attendere il momento favorevole per procedere alla conclusione militare del progetto di annessione della Sicilia coltivato, da lungo tempo, con un’accurata e costante azione diplomatica.
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