Appunti per una storia della Sicilia in età moderna – scheda XII
I facultusi cominciano a crescere
Le esenzioni fiscali, l’autorizzazione a portare armi, e l’esonero dall’ospitalità ai soldati sono molto apprezzati dai “facultusi”, che premono per far parte della compagnia di cavalleria della propria comunità sia per sfuggire al pagamento delle collette, sia per utilizzare i simboli feudali del cavallo e della spada quali meccanismi di crescita sociale che agevolino il cambiamento di stato. Un indicatore dell’importanza che si attribuisce all’appartenenza alla “compagnia di cavalli”, si ricava dalla scelta di molti “facultusi” di acquistare dei cavalli e dalla loro pressante richiesta di poter transitare dal ruolo della milizia a piedi a quella a cavallo. La conseguenza è che la pressione fiscale per finanziare il bastionamento del territorio e per far fronte alle altre spese di militarizzazione come la milizia e le guardie dei litorali, si ribalta sulle classi sociali più deboli. In molti casi le proteste sono così vigorose da costringere Hernando ad annullare le franchigie. Ricordo il caso di Modica dove egli revoca l’esenzione, per i componenti della nuova milizia, dal pagamento della colletta imposta per finanziare le “guardie” dei litorali, proprio per il fatto che la maggior parte dei “facultusi”, con la scelta di far parte della cavalleria, si rifiuta di pagare e conseguentemente «viniria ad agravarsi assai a li altri genti». In un altro caso che riguarda la città di Castrogiovanni, Hernando conferma le esenzioni concesse dal viceré ai soldati della milizia, impedendo ai giurati di obbligare i militi a pagare le quote per l’erogazione di un prestito alla Regia Corte sia pure con un accenno alla possibilità di aggirare il divieto ricorrendo alla spontanea adesione del singolo al prestito.
Lo sforzo organizzativo profuso dal viceré e dai suoi vicari per mettere in piedi la struttura operativa della nuova milizia è immane. Una rete di comando composta da capitani d’arme, di sergenti maggiori, di sergenti, di caporali, capitani, luogotenenti, riesce a coinvolgere anche la terra più remota in un processo di militarizzazione in grado di mettere sul terreno diverse migliaia di fanti e di cavalieri. Un “disciplinamento” che Hernando cerca di imporre anche con l’uso dei poteri conferitigli dall’esercizio del mero e misto imperio. L’applicazione di tratti di corda, l’arresto, il sequestro dei beni e la minaccia di venderli al pubblico incanto, sono strumenti di coercizione quotidianamente usati da Hernando, che non esita a ricorrere a punizioni più cruente. Il vicario, utilizzando i suoi poteri, esercita la sua giurisdizione “ex abrupto”, cioè non utilizza i tribunali ordinari, ma emette la sentenza personalmente dopo aver esaminato delle “informaziones” (un fascicolo informativo) con l’assistenza di un giurista. Ricordo ad esempio che i fratelli Cola e Augustino de Philippazzo, dopo una sommaria istruzione, sono condannati da Hernando: il primo ad avere tagliato la mano destra in un luogo pubblico, il secondo a essere imbarcato, con discrezione, «ad remigandum in triremibus sue cesarie majestatis».
La mostra e la mobilitazione
Bisogna, a questo punto, sciogliere gli ultimi due quesiti chiedendosi: come funziona la catena di comando e con quali meccanismi la nuova milizia si dispiega sul territorio e si utilizza per il raggiungimento degli obiettivi strategici prefissati dal Vega.
Il difetto strutturale più grave della nuova milizia nasce proprio dal fatto di essere una realtà territoriale costituita da regnicoli che quotidianamente svolgono un mestiere diverso da quello delle armi. Conseguentemente, per essere messa in allerta ha bisogno di tempi lunghi per adunarsi, per spostarsi sul luogo di impiego e può essere operativa solo per alcuni mesi, in quanto i soldati devono tornare alle loro case per le semine e per il raccolto. Di contro, si deve ricordare che la situazione strategica della Sicilia risente moltissimo della sua insularità e, conseguentemente, un’invasione può avvenire solo in alcuni mesi dell’anno ─ primavera o estate ─ quando le condizioni meteorologiche permettono lo spostamento delle flotte senza il rischio di tempeste che le sconquassino; inoltre le rotte da Levante verso l’Italia sono controllabili e gli spostamenti prevedibili. Un servizio informativo efficiente è in grado di fornire notizie sugli spostamenti dell’armata turca con un certo anticipo. L’incursione isolata di un corsaro non è considerata un pericolo ma, semplicemente, un fastidioso e deprecabile accidente al quale si può fare fronte con forze di polizia locali.
Partendo da questa considerazione, si comprende come il viceré adotti per la nuova milizia un meccanismo di mobilitazione che richiede tempi lunghi senza che ne ricavi particolari svantaggi strategici. In primo luogo, non appena ha notizia dei preparativi per armare la flotta ottomana, dirama l’avviso, tramite il vicario-capitano d’arme competente per Valle, per la convocazione della “mostra” della milizia. La “mostra” è l’occasione per avere conoscenza non solo quantitativa delle truppe ma anche qualitativa del loro grado di addestramento saggiato attraverso l’esecuzione di esercizi formali sul terreno.
La “mostra” convocata da Hernando il 25 gennaio del 1553 permette di ricostruire le procedure seguite in questa ed altre occasioni. La lettera al capitano della terra di Aci è costruita secondo uno schema prefissato e collaudato che si replica nelle comunicazioni spedite alle diverse comunità locali interessate alla “mostra”. La premessa è incentrata sulle notizie che provengono da Levante e sulla minaccia di un attacco da parte del turco portato con «piò numero di vele di lo anno passato»; segue la comunicazione della identificazione dei regnicoli che sono stati inseriti nelle liste della milizia: in questo caso si specifica che «avendosi como sapiti per ordini nostro fatto elettioni di cinchocento soldati di pedi»; si ingiunge a questi soldati, tramite bando da pubblicarsi in tutto il territorio di Aci, di presentarsi a Catania il 19 febbraio «ad huri xviij … per farisi di loro et di li armi mustra et resegna generali».
Nel corso della “mustra” si effettua il riscontro tra le liste nominative redatte dagli ufficiali di Hernando e le effettive presenze dei soldati e dei cavalieri sulla piazza d’armi. Ogni assenza è severamente punita, in quanto il vicario sa bene che, per potere far funzionare il farraginoso meccanismo della nuova milizia in modo sufficientemente corretto, è necessario un rigido disciplinamento dei comportamenti da parte di tutti coloro che sono inseriti nelle liste di arruolamento. Per raggiungere questo obiettivo Hernando agisce in modo duro ordinando al sergente maggiore, competente per territorio, di arrestare gli assenti. Coloro i quali sfuggiranno all’arresto dovranno essere banditi e i loro beni inventariati per essere messi al pubblico incanto. Tutti gli assenti devono presentarsi davanti al vicario per fornire giustificazione del loro comportamento omissivo. I sergenti maggiori esercitano il loro mandato con rigore arrestando i renitenti e creando il panico nelle comunità. Cominciano ad affluire le giustificazioni. Ne ricordo alcune come quella di Giovanni Vitulilla e Ximuni Cavallaro che dichiarano di essersi ammalati, altri cadono da cavallo e si fanno male come Francesco Tamburella. Dalle lettere di scusa emerge anche la possibilità da parte dei cavalieri e che si trovano in condizioni familiari particolari, di farsi sostituire da un altro cavalleggero.
Le paghe per la milizia
Terminata la mostra, la milizia è disponibile per essere impiegata per la difesa del territorio sotto il comando del sergente maggiore competente.
Il comando della milizia per la gestione della sua operatività sul territorio è demandato ai capitani d’arme “ad guerram” che, nel contempo, rivestono il carico di vicari nei singoli Valli; tuttavia il viceré preferisce affidare al figlio Hernado Vega il coordinamento militare della milizia non solo nel Val di Noto, ma anche nel resto dell’isola quando la minaccia dell’arrivo dell’armata del turco si fa concreta. Un coordinamento che Hernando esercita con attenzione e con forte senso del comando. Il 27 agosto del 1552, ad esempio, invia una lettera di rimprovero a Giovanni Dies, sergente maggiore presso la contea di Modica, colpevole di aver disobbedito ai suoi ordini dirigendosi con «li genti di pedi e di cavallo» direttamente su Scicli, senza attendere le ulteriori istruzioni del luogotenente del governatore di Modica, e di avere impedito l’evacuazione della popolazione inabile della città verso la montagna. Hernando nello stesso mese ha fatto convergere su Catania truppe “di pedi e di cavallo” per predisporre la difesa della città, come si ricava dalle liste dei pagamenti effettuati sui fondi della secrezia della città.
Il pagamento degli aiuti ai componenti della nuova milizia costituisce l’indicatore migliore per accertare il reale funzionamento dei meccanismi di convocazione e di impiego sul territorio della struttura militare. In particolare, le istruzioni date al magnifico Giovanni Francesco La Rocca, segreto della città di Mazara, «di quillo che havereti di fari circa lu dari di la paga a li soldati di la militia» permettono di ricostruire non solo l’ammontare delle spese sopportate per la mobilitazione delle stesse, ma anche le procedure da seguire per l’erogazione delle spese e le città coinvolte in questo servizio. Il La Rocca si deve recare presso le città elencate e accertare «a chi jorno si partero da li ditti terri li soldati di pedi e di cavallo per andari a lo succurso de li cità di Mazara et Marsala et a chi jorno tornaro licenziati in ditti terri»., dopodiché procederà a liquidare «a li genti di cavallo a tarì dui per uno lo jorno, a li soldati di pedi arcabuxeri a tarì uno lo jorno et a li soldati picheri a tarì uno per uno lo jorno et a li caporali altro tarì uno per jorno davantagio». Queste istruzioni mostrano come la mobilitazione investa ampie aree omogenee di terre e di città e che la corresponsione di una sorta di rimborso spese ─ denominato soccorso ─ necessario per sostentarsi e spostarsi dalle comunità di residenza ai luoghi di intervento contro il pericolo di uno sbarco del nemico, è liquidato per i giorni intercorsi tra la partenza e il ritorno nella propria comunità dopo essere stati congedati in quanto l’emergenza è cessata.
Il quadro complessivo del funzionamento della nuova milizia viene così ampiamente delineato. Una struttura militare pensata essenzialmente per far fronte al pericolo di un’invasione turca limitata nel tempo e prevedibile nel luogo di approdo, che si integra con il bastionamento e con la creazione di un sistema di avvistamento basato sulle torri fortificate ed esploratori a cavallo in grado di poter avvistare le vele nemiche lungo i litorali più esposti allo sbarco, e di avvertire con segnali di fumo, di fuoco e con corrieri le città vicine del pericolo che stanno correndo.
Ninni Giuffrida
Fonti
Antonino Giuffrida, La fortezza indifesa e il progetto del Vega per una ristrutturazione del sistema difensivo siciliano, in Mediterraneo in armi (secc. XV-XVIII), a cura di Rossella Cancila, Quaderni di Mediterranea 4, Tomo I, 2007. Link