Fondazione Sicilia, ecco come i borghi rivivono
Premiato un progetto sulla riqualificazione di Salemi. Menzioni per Raccuja e Ucria, Savoca e Brolo
Come i villaggi di frontiera sperduti tra le montagne del Nebraska o le cittadelle del progresso che punteggiavano le campagne russe negli anni Cinquanta, anche i borghi storici italiani corrono il rischio di diventare vere e proprie città fantasma.
Sebbene quello dello spopolamento dei piccoli centri sia un problema diffuso su tutto il territorio nazionale, nelle regioni del sud assume in carattere capillare, influenzando numerosi piccoli centri urbani, colpendo il tessuto sociale dei borghi con un progressivo abbandono da parte dei giovani. Questo fenomeno risulta spesso connesso a fattori di tipo economico, derivanti anche dalle conseguenze di eventi naturali come terremoti e alluvioni, capaci di compromettere le risorse di intere aree demografiche.
Presentato a Palazzo Branciforte, il progetto vincitore del bando “borghi abbandonati”, indetto nel 2019 dalla Fondazione Sicilia, rappresenta un primo passo verso il recupero di tali siti, soprattutto attraverso la realizzazione degli studi di di fattibilità: progetti rivolti alla valorizzazione dei piccoli centri dell’isola, la cui popolazione registra un’inesorabile diminuzione.
“La tutela del patrimonio artistico fa parte dello statuto della Fondazione Sicilia”: con queste parole il presidente della fondazione, Raffaele Bonsignore, ha aperto la cerimonia di premiazione specificando come gli studi di fattibilità oggi rappresentino una possibilità di sviluppo per l’intera Sicilia ed uno stimolo nei confronti del territorio e delle amministrazioni locali.
“Riabitare Alicia, studio di fattibilità per la riqualificazione della città antica di Salemi” è il nome del progetto vincitore, promosso dal dipartimento di architettura e design del politecnico di Torino, affidato a Paolo Mellano, Roberto Dini, Valerio Della Scala, Silvia Favaro e Silvia Lanteri. Le proposte di questo team partono dalla necessità di interventi mirati al recupero del tessuto socio-economico, nonché del patrimonio immobiliare, del borgo di Salemi. Azioni indispensabili per avviare un serio processo di guarigione dalle ferite inferte al territorio dal terremoto del Belice del 1968.
Gli esperti del politecnico di Torino, che da anni collaborano con il comune di Salemi su progetti di riqualificazione urbana, hanno fornito un corpus variegato di possibili interventi volti ad una valorizzazione dell’area, per aprire possibili sviluppi futuri in chiave didattica, ricettiva e turistica. Illustrando lo studio, Paolo Mellano e Roberto Dini hanno sottolineato l’utilità di rigenerare e ridare un senso alle aree distrutte dal terremoto per fornire stimolo all’economia locale in modo da interrompere, se non addirittura invertire, il processo di dispersione degli abitanti.
Oltre ai vincitori con il progetto sulla riqualificazione di Salemi, hanno ottenuto menzioni speciali tre studi di fattibilità, tutti relativi a centri del messinese. A partire da “Noccioleti resistenti. Strategia per la rinascita culturale ed economica delle comunità dei borghi”, relativo ai territori dei comuni di Raccuja e Ucria e promosso dall’università Mediterranea di Reggio Calabria. “Strategie tattiche per la rigenerazione urbana del Borgo Antico di Savoca” è stato invece lo studio proposto dalla università di Catania, mentre l’università di Firenze si è occupata della città costiera di Brolo con ”Brolium, il giardino di Bianca. Un percorso partecipato per far rifiorire la tradizione dell’accoglienza e creare nuove opportunità economiche”.
Presente alla cerimonia, il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha sottolineato come “stia alla politica il compito di trasformare le idee in azioni”.
Secondo Musumeci, “è indubbio l’economia isolana si stia sempre più concentrando sulle coste, ma non è possibile chiudere gli occhi sul destino dei piccoli centri storici delle aree interne, coinvolte in un inesorabile declino. Siamo la regione del Mezzogiorno che cresce di più nel campo del turismo ed è necessario cogliere tutte le opportunità possibili, compresa questa”.
A questo proposito, Salvatore Bartolotta, coordinatore per la Sicilia de “I borghi più belli d’Italia”, ha puntato l’attenzione su come l’entroterra siciliano si stia smembrando e numerosi borghi nella regione siano soggetti ad un totale spopolamento. Un termine sconosciuto fino a cinquant’anni fa così come la parola “desertificazione”, entrambe condizioni derivanti da un nuovo quadro socio-economico e da mutamenti climatici sempre più marcati. A questi cambiamenti i sindaci vorrebbero opporsi chiedendo alla Regione una forte semplificazione amministrativa, per poter intervenire direttamente sul proprio territorio, seguita dallo snellimento delle pratiche burocratiche e da una defiscalizzazione delle aree situate nell’entroterra. Tutto questo per intercettare il turista del terzo millennio, interessato alla cultura e storia della Sicilia, la cui identità e il cui fascino nascosto attirano già visitatori da tutto il mondo.
Sul tema del progresso e del rapporto tra città e campagna è intervenuto anche Maurizio Carta, urbanista e docente all’università di Palermo. Carta ha sottolineato come la tematica legata allo spopolamento dei centri rurali sia stata contemporaneamente trattata nel corso della stessa giornata dall’altro lato dell’Atlantico: al Guggenheim Museum nell’ambito del progetto “Countryside: the future”.
Da Palermo alla Grande Mela, l’innovazione rur-urbana diviene quindi nodo centrale di una discussione incentrata sul rapporto tra territori metropolitani e rurali, rimettendo in discussione l’influenza delle economie forti legate alle città metropolitane ed economia fragile legata alle campagne. Nel caso dell’Italia, Carta ha portato svariati esempi di piccoli centri che iniziano a rivitalizzarsi nonostante una perdurante solitudine istituzionale. Microstorie di successo che testimoniano come sia possibile progettare il ritorno degli abitanti nei borghi abbandonati.