CANNABIS TERAPEUTICA: un mondo terapeutico sconosciuto: proprietà farmacologiche, utilizzo e prescrizioni
Il diritto alle cure e la terapia del dolore sono diritti fondamentali dell’individuo riconosciuti rispettivamente dall’art. 32 della Costituzione e dalla legge del 15/03/2010 n. 38.
Accanto alle terapie convenzionali, ne esistono altre che per pregiudizi culturali e difficoltà burocratiche vengono prese in considerazione solo da un ristretto numero di specialisti e fruitori. E’ il caso delle cure a base di Canapa indiana, specie botanica usata come farmaco fin da tempi antichissimi, presente nella Farmacopea americana fino al 1937, in seguito eliminata per convenienze politiche. La Canapa è una pianta farmacologicamente attiva per una moltitudine di sintomi patologici, ma ancora da molti esorcizzata come droga stupefacente. In Italia nel 2007 il “Decreto Turco” riconosce l’utilizzo terapeutico del THC. Nel 2013 grazie al “Decreto Balduzzi” vengono ammessi anche i cannabinoidi di origine vegetale e quindi le preparazioni galeniche a partire dalle infiorescenze di Cannabis. A settembre del 2014 il Ministero della Difesa stringe un accordo con il Ministero della Salute per iniziare la produzione nazionale di Cannabis a scopo terapeutico presso l’Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, fino ad allora la Cannabis veniva importata dall’Olanda. Nel 2015 il D.M. n. 9/2011 a firma Lorenzin precisa modalità di prescrizione e di approvvigionamento. L’uso terapeutico della Cannabis subisce ulteriori modifiche fino ad Ottobre 2017 quando viene finalmente approvato alla Camera il disegno di legge S.2947, che introduce l’obbligo di rimborsabilità a carico del Sistema Sanitario a tutte alle Regioni, descrive linee guide per la prescrizione medica e apre uno spiraglio alla concessione di nuove licenze per la coltivazione in Italia di Cannabis a uso terapeutico, fino ad allora ad appannaggio dell’Istituto Chimico Farmaceutico di Firenze. I componenti farmacologicamente piu’ attivi della Canapa sono i cannabinoidi, i terpeni, i flavonoidi e gli alcaloidi, l’insieme di queste sostanza è detto fitocomplesso. Le infiorescenze femminili e le foglie rappresentano le principali fonti di principi attivi e quindi gli unici tessuti della pianta ad essere impiegati nella produzione di farmaci a base di cannabis. Tra i cannabinoidi, i più noti sono sicuramente il THC (delta-9-tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo). Il THC è la principale molecola responsabile delle proprietà farmacologiche e psicoattive della pianta, ha attività analgesica, antiossidante, antinfiammatoria, antiemetica, miorilassante ed euforizzante. Il CBD, invece, non possiede effetti psicotici, ma è in grado di modulare l’azione del THC prolungandone gli effetti terapeutici e limitandone quelli collaterali. Ha azione ansiolitica, antipsicotica, analgesica, antinfiammatoria, antiossidante, antispasmodica e anticonvulsiva. Per le suddette azioni la Cannabis è stata studiata ed è comunemente utilizzata per numerose applicazioni terapeutiche tra cui: dolore cronico di origine neuropatica, spasticità da sclerosi multipla, nausea e vomito in chemioterapia, stimolazione appetito nell’AIDS o cancro o anoressia nervosa, sindrome di Tourette, glaucoma resistente, epilessia, malattie infiammatorie croniche intestinali (morbo di Crohn, colite ulcerosa), spasticità nelle lesioni midollari (tetra/paraplegia), artrite reumatoide, malattie autoimmuni (lupus eritematoso), malattie neurodegenerative (morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson)… In base alla patologia e al tipo di paziente e alla sua storia clinica è lo specialista che decide di prescrivere la forma farmaceutica più adatta. Ad oggi le Farmacie italiane, dietro presentazione di ricetta medica possono allestire estratti oleosi, resine, capsule, creme, geli e colliri, a svariate concentrazioni di Cannabis. La Direzione Generale dei Dispositivi Medici e del Servizio Farmaceutico del Ministero della Salute ribadisce che “la cannabis non può essere considerata una terapia propriamente detta, ma un trattamento sintomatico di supporto a quelli standard, quando questi non hanno prodotto gli effetti desiderati o hanno provocato effetti secondari non tollerabili o necessitano di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali”. A fronte dell’incremento dell’uso di cannabis per uso terapeutico e alle grandi aspettative dei pazienti, solo pochi studi rigorosi ne hanno valutato efficacia e rischi. Il mondo scientifico auspica una rimozione delle barriere che impediscono agli scienziati di ottenere una più ampia comprensione dell’utilizzo di tale sostanza. Si ritiene sia indispensabile condurre studi metodologicamente rigorosi e di adeguate dimensioni che possano evidenziare tutte le proprietà della stessa e che possano finalmente rispondere ai quesiti di ricerca non ancora risolti.
Per approfondire la redazione consiglia:
http://www.evidence.it/articolodettaglio/209/it/524/uso-terapeutico-della-cannabis-nel-dolore-cronico-%0D%0Aefficacia-e/articolo
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23386598
http://www.cannabisterapeutica.info/category/studi-scientifici/