Il ruolo di Carlo Aragona Tagliavia nel libro di Lina Scalisi
È il titolo stesso del libro di Lina Scalisi – Da Palermo a Colonia. Carlo Aragona Tagliavia e la questione delle Fiandre (1577-1580) (Viella, 2019), a offrire al lettore la chiave più adatta per entrare nel centro dell’argomento, nel cuore del problema affrontato dall’autrice.
Carlo Aragona Tagliavia: una diplomazia parallela transazionale
Quello della formazione e dello sviluppo di un’élite internazionale o transazionale nell’età di Filippo II che, soprattutto in alcune congiunture decisive per il sistema imperiale spagnolo, svolge un ruolo politico-diplomatico di primo piano. Ma la fisionomia di questa formazione è particolare. La sua genesi è locale. L’esponente dell’élite costruisce infatti la sua carriera negli spazi istituzionali offerti nella periferia dei reinos della monarchia asburgica.
Quindi, attraverso reti di relazione familiari, patrimoniali, clientelari, la competenza acquisita nell’occupazione delle magistrature, amplia la sua sfera di influenza entrando in contatto con i ministri più potenti del sistema e ottenendo incarichi prestigiosi di rilievo internazionale.
Naturalmente la ricerca deve essere condotta, come egregiamente dimostrato da questo libro, entro un ampio spettro, tale da confermare la validità di un modello di storia politica, oggi ampiamente seguito dalla storiografia. Così, al profilo diplomatico si accompagna l’attenzione agli spazi della geopolitica, ai riti e cerimoniali funzionali al negoziato diplomatico, all’integrazione di fonti diverse.
Il ruolo di Carlo Aragona Tagliavia
Lina Scalisi mette al centro del suo lavoro la biografia di Carlo Aragona Tagliavia. Erede di un vasto complesso patrimoniale, lascia i suoi feudi, si reca presso le corti di Bruxelles, Londra, Valladolid, Madrid, partecipa a campagne militari, è sostenuto da personaggi di primo piano come il Los Cobos, il Granvelle, Antonio Pérez. Ma è anche presidente del Regno di Sicilia dal 1566 al 1568 e poi dal 1571 al 1577.
È chiamato a condurre negoziati diplomatici nel periodo critico della rivolta delle Fiandre, quando la questione religiosa si innesta sul conflitto politico, perché è persona gradita sia allo schieramento cortigiano locale sia alla punta di diamante che governa il centro del sistema, il Granvelle e lo Zuniga in particolare, sia agli altri soggetti chiamati ad arbitrare la crisi internazionale, provocata dalla guerra dei Paesi Bassi, la Germania e il Papato.
Lo scenario di cui entra a far parte il Tagliavia è quello della transizione da un vecchio modello di diplomazia al suo processo di professionalizzazione: uno scenario dove proliferano una quantità impressionante di informazioni, avvisi ufficiali e ufficiosi, cifrati, notizie in varie lingue, in cui si rende necessaria la formazione di una diplomazia temporanea e parallela, per così dire, da affiancare a quella istituzionale e permanente. Ed è esattamente questo il ruolo svolto dal Tagliavia.
Per riprendere la tesi centrale dell’autrice, egli appare come “il campione di una nobiltà transazionale che aveva scelto gli Asburgo prima ancora della propria nazione e che era ancora priva di quelle tensioni centripete del secolo successivo, quando il minor prestigio della Spagna e, al tempo stesso, la linea politica del valimiento avrebbe portato all’estremo la questione del primato nazionale. In equilibrio tra Madrid e Roma, devoto alla Spagna e alla Chiesa, condusse così una missione intesa più che a raggiungere la pace, ad evitare che le tentazioni offerte dal conflitto, operassero divisioni irreparabili fra gli Asburgo” (p. 21).
Forse, proprio per meglio comprendere e argomentare questa tesi e altri passaggi del volume, per entrare ancor meglio nel funzionamento della macchina imperiale asburgica, avrebbe aiutato il riferimento alla categoria di sistema imperiale spagnolo che, proprio negli anni studiati dall’autrice, raggiunge il massimo livello del suo sviluppo: un riferimento che avrebbe sicuramente consentito uno sguardo comparativo con altri esponenti di punta dell’élite transazionale.