Andrea Raia: prima vittima comunista della mafia
Due colpi di fucile esplosi nell’oscurità
È da poco passata la mezzanotte a Casteldaccia, poco lontano da Palermo: è il 6 agosto 1944. Due uomini si presentano sull’uscio dell’abitazione di via Butera 5, si rivolgono alla donna accanto al cadavere del figlio con le seguenti parole: «perché non lo levate, non lo vedete che è morto?».
[1] Il corpo esanime è quello di Andrea Raia, esponente della neonata sezione del Partito Comunista, costituita il 14 maggio 1944, e segretario della Camera del Lavoro di Casteldaccia, ucciso poco prima della mezzanotte a colpi di fucile sulla porta di casa. I due uomini sono Francesco e Onofrio Tomasello, pluripregiudicati ed «esponenti dell’alta mafia locale». [2]
Andrea Raia, commissario per il controllo dei Granai del Popolo
Andrea Raia si occupa della fabbricazione di giochi pirotecnici, ma è pratico anche nell’assistenza ai malati, attività per la quale non chiede mai compensi.
Proprio per la sua militanza nel Pci, è stato designato per far parte della Commissione popolare di controllo per i Granai del Popolo. Le Commissioni popolari di Controllo sono organi preposti al compito di vigilare sulle operazioni di ammasso granaio, sulla correttezza delle attività delle istituzioni annonarie e sul funzionamento dei Granai del Popolo, istituiti con decreto del 3 maggio 1944 del ministro dell’agricoltura, il comunista Fausto Gullo, del secondo governo Badoglio.
All’ammasso della produzione cerealicola nei Granai del Popolo provvede, invece, un comitato comunale, che a Casteldaccia è formato dalla stessa giunta municipale, benché il decreto Gullo preveda che sia presieduto dal sindaco e composto «dal comandante locale dei carabinieri, da un rappresentante del clero designato dal vescovo, da due rappresentanti degli agricoltori e da due rappresentanti scelti fra i lavoratori dell’agricoltura». [3]
Gli ammassi granari e il mercato nero
La vicenda degli ammassi cerealicoli si inserisce nella delicata questione della penuria di generi alimentari a causa del conflitto bellico in corso a fronte del dilagare del fenomeno del mercato nero. Tutto ciò rende molto spesso tesi e conflittuali i rapporti tra le commissioni popolari di controllo e i comitati comunali: «le enormi possibilità di profitto connesse alla vendita del frumento sul mercato nero fecero sì che si creasse un saldo ed esteso fronte di opposizione alle norme sui “granai del popolo”: i produttori potevano non di rado contare sulla connivenza di sindaci, ispettori e funzionari responsabili degli ammassi». [4] A Casteldaccia la situazione non diverge e gli aspri contrasti tra Raia e il comitato comunale emergono dalle carte del rapporto giudiziario redatto dai carabinieri del posto nei giorni immediatamente successivi al delitto. [5] Tuttavia, per comprendere le ragioni di questo omicidio, il primo delitto mafioso del secondo dopoguerra in provincia di Palermo, bisogna andare indietro di circa un anno, precisamente al 22 luglio 1943.
L’arrivo degli alleati e il saccheggio al mulino Piraino
Già da qualche giorno si attende l’arrivo degli alleati, sbarcati in Sicilia il 9 luglio 1943, mentre le forze dell’Asse hanno abbandonato il territorio e la popolazione cerca di recuperare quello che i tedeschi hanno lasciato andando via in fretta e furia.
Avviene in quel 22 luglio l’assalto al mulino Piraino, vicino alla riviera casteldaccese, e il saccheggio. Il saccheggio al mulino è citato più volte nel rapporto dei carabinieri e la presenza di Francesco Tomasello alla guida di un drappello di uomini armati è confermata, oltre che dal verbale, anche da Gianni Guaita, presente all’epoca nel luogo dei fatti. [6] Dalla versione raccontata ai carabinieri dal proprietario del mulino e dagli stessi fratelli Tomasello, la banda di uomini armati avrebbe scongiurato che tutto il grano fosse stato portato da via da gente giunta via mare dai paesi vicini.
Alla fine del saccheggio, quando si contano anche due morti (un pescatore di Porticello e suo figlio), a mancare sono circa 2900 dei 3700 quintali di grano presenti, «una quantità che appare oltremodo improbabile essere stata sottratta a mano, da una falla di affamati senza mezzi di trasporto o da qualche pescatore a bordo di una lancia da pesca». [7]
La matrice mafiosa del saccheggio e dell’omicidio
Ad imboscare il grano sono stati i mafiosi che, facendo credere che il saccheggio fosse opera di gente affamata e di stranii, volevano, invece, dimostrare di essere intervenuti per fermare le ruberie e i disordini e garantire alle truppe inglesi in arrivo che la situazione a Casteldaccia fosse sotto controllo.
Tuttavia, a denunciare pubblicamente l’opera dei fratelli Tomasello nella faccenda del mulino è proprio Andrea Raia, il quale non si tira indietro nemmeno nel rendere note al Comitato provinciale di controllo per i Granai del Popolo le grosse speculazioni granarie in spregio alla politica vincolistica, le operazioni irregolari del comitato comunale e la combutta con i mafiosi locali. Anche dal rapporto dei carabinieri emerge chiaramente l’ostilità del comitato comunale e dei Tomasello verso il comunista, poiché «tutti temevano dal Raia un’azione di controllo spietata nei confronti del passato recente e lontano». [8]
In questo scenario matura l’omicidio di Raia. Il movente è chiaro in paese, ma l’omertà prevale. Anche il personale dell’Arma, formato durante il ventennio fascista, se ne renderà conto dopo aver raccolto le testimonianze. Eppure, esso appare non idoneo e poco disposto a fare chiarezza sull’accaduto e ad andare fino in fondo, minimizzando la matrice politica dell’assassinio, screditando il più delle volte la vittima, descrivendola come un violento, un avvinazzato o un individuo di discutibile moralità. Pratiche purtroppo note e mai messe definitivamente da parte nei confronti dei militanti di sinistra.
Solo la madre di Raia, Rosalia Tomasello, punta il dito coraggiosamente contro i fratelli Tomasello, i quali risultano comunque gli unici imputati. Al funerale di Raia «tutto un popolo [era] presente al tributo di affetto nell’ora della dipartita. Un corteo interminabile seguiva il feretro come non mai. Autorità e popolo vollero portare l’estremo saluto perché in effetti lo meritava». [9]
Il proscioglimento degli imputati e il delitto senza colpevoli
Le indagini proseguono per giorni e vengono raccolte le testimonianze della famiglia della vittima, dei compagni di partito, dei membri del comitato comunale e della commissione di controllo e di Onofrio Tomasello. Il fratello Francesco è, invece, irreperibile.
Un supplemento di indagine sull’omicidio è richiesto dallo stesso Togliatti. Ne risulta l’isolamento nel quale i comunisti conducono a Casteldaccia la battaglia per gli ammassi. [10] Il caso arriva al giudice istruttore nell’estate del 1945; sono ascoltati nuovamente gli interrogati dell’anno prima. Tuttavia, «l’istruttoria si conclude col proscioglimento dei fratelli Tomasello, unici imputati per l’assassinio di Raia, per non avere mai commesso il fatto», anche grazie alle innumerevoli deposizioni a loro favore, che garantiscono ai due un alibi di ferro. [11] Dopo l’uccisione di Raia, la sezione del Pci di Casteldaccia si scioglie e verrà riaperta soltanto nel 1963 e intitolata proprio ad Andrea Raia.
A poco più di un anno dall’Operazione Husky, Andrea Raia è la prima vittima «di quella violenta e sanguinosa battaglia che, in nome del progresso sociale e dell’emancipazione delle masse contadine dell’isola, avrebbe visto per un ventennio cadere politici e sindacalisti sotto i colpi di un potente e coeso blocco sociale violento e reazionario sostenuto dalla mafia; battaglia di cui la strage di Portella della Ginestra avrebbe rappresentato uno dei momenti più drammatici». [12]
Note in appendice:
[1] L’avvocato Salvo Riela raccolse e analizzò un’importante mole di atti processuali riguardanti casi di omicidio di sindacalisti ed esponenti politici e li donò all’Istituto Gramsci Siciliano di Palermo, oggi liberamente consultabili. Archivio dell’Istituto Gramsci Siciliano (d’ora in poi AIGS), Fondo Riela (d’ora in poi FR), busta «Uccisione di Andrea Raia», Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Palermo, Stazione di Casteldaccia, 9 agosto 1944, Processo Verbale di interrogatorio di Tomasello Rosalia.
[2] AIGS, FR, busta «Uccisione di Andrea Raia», Casteldaccia 10 settembre 1944, Rapporto giudiziario circa l’omicidio di premeditato e consumato in persona di Andrea Raia, p. 15.
[3] M. Patti, La Sicilia e gli alleati. Tra occupazione e Liberazione, prefazione di S. Lupo, Roma, Donzelli, 2013, p. 151.
[4] Ivi, p. 149.
[5] AIGS, FR, b. «Uccisione di Andrea Raia», Casteldaccia 10 settembre 1944, Rapporto giudiziario circa l’omicidio di premeditato e consumato in persona di Andrea Raia.
[6] G. Guaita-O. Guaita, Isola perduta, prefazione di M. Sorgi, Milano, Rizzoli, 2001, pp. 89-93.
[7] A. D’Ugo, Andrea Raia (1906-1944): l’impegno per i Granai del Popolo e l’omicidio senza colpevoli, tesi di laurea in Scienze dell’Amministrazione, dell’organizzazione e della consulenza del lavoro, Università degli studi di Palermo, a.a. 2016/17, relatrice Claudia Giurintano, p. 32.
[8] AIGS, FR, b. «Uccisione di Andrea Raia», Casteldaccia 10 settembre 1944, Rapporto giudiziario circa l’omicidio di premeditato e consumato in persona di Andrea Raia, p. 15.
[9] Ivi, p. 12.
[10] R. Mangiameli, La regione in guerra (1943-50), in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. La Sicilia, a cura di Maurice Aymard e Giuseppe Giarrizzo, Torino, Einaudi, 1987, p. 548.
[11] D. Paternostro, Andrea Raia, assassinato nell’agosto del ’44, «La Repubblica», 15 dicembre 2020, https://mafie.blogautore.repubblica.it/2020/12/15/5076/?ref=RHPF-BH-I273731876-P5-S3-T1 (ultimo accesso: 31/01/2021).
[12] M. Patti, La Sicilia e gli alleati, cit., p. 154. Sulla strage di militanti di sinistra e sindacalisti nel secondo dopoguerra in Sicilia rimando a M. Finocchiaro, Momenti e problemi di storia politica in Sicilia 1944-1953, Palermo, Istituto Poligrafico Europeo, 2011; Placido Rizzotto e altri caduti per la libertà contro la mafia, a cura di Michele Figurelli, Linda Pantano, Enza Sgrò, Palermo, Istituto Gramsci Siciliano, 2012; P. Basile-D. Gavini-D. Paternostro, Una strage ignorata. Sindacalisti agricoli uccisi dalla mafia in Sicilia, 1944-1948, Roma, Agra, 2014.