La misura del tempo
Come l’uomo ha imparato a misurarlo attraverso meridiane, clessidre, dispositivi ad acqua e originali marchingegni
…se nessuno me lo chiede, lo so;
se cerco di spiegarlo a chi me lo chiede,
non lo so…
(Confessioni di S. Agostino, XI, 17 – sul tempo)
Tentare di definire cosa sia il tempo è impresa estremamente ardua. Da sempre vi si sono cimentati scrittori, poeti, filosofi, uomini di chiesa, scienziati; ciascuno fornendo definizioni attinenti al proprio ambito, tutte frutto di profonde riflessioni, tutte più o meno “vere” o quantomeno convincenti e condivisibili.
Molto più semplice è parlare della sua misurazione e dei dispositivi ideati per tale scopo, a partire dalla più remota antichità.
Da quando l’uomo cominciò ad avere consapevolezza di sé e dell’ambiente circostante, non poté non notare la ciclicità dell’alternanza giorno/notte, delle stagioni, delle lunazioni, e di tutti quei fenomeni naturali che si ripetevano periodicamente.
Per millenni fu il sole a regolare la vita dei nostri antenati. Ci si alzava al canto del gallo, alle prime luci dell’alba, e si attendeva alle diuturne occupazioni ininterrottamente, sino al momento del culminare del sole, quando iniziava a farsi sentire un altro formidabile segnatempo di natura biologica, la fame. Una breve pausa, quindi si riprendeva sino al tramonto, quando il buio e la stanchezza rendevano necessario interrompere le attività per il riposo notturno.