L’Europa e il virus
Le iniziative singole e quelle comunitarie: persone, economia, ricerca. Ecco come il vecchio continente combatte il contagio
In Europa, i diversi approcci e le misure messe in atto a livello nazionale hanno spesso evidenziato una mancata percezione – quando non una diffusa sottovalutazione – dei rischi che questo nuovo ceppo di Coronavirus avrebbe rappresentato e tuttora rappresenta per la popolazione e l’intera società europea. I Paesi membri, procedendo in ordine sparso, hanno contribuito a evidenziare come la prima reazione dell’Unione sia stata poco tempestiva e poco coordinata. In questo articolo illustreremo brevemente le misure che l’Unione Europea ha posto in essere fino ad ora per contrastare l’attuale crisi.
Cosa sta succedendo in Europa
Nonostante delle differenze, a volte anche sostanziali, fra le misure adottate per far fronte alla diffusione del virus, quasi tutti i Paesi europei hanno approntato delle misure di contenimento.
Nelle scorse settimane si è anche potuto osservare come diversi Stati abbiano affrontato la crisi con diversi approcci e tempistiche: il governo francese, nonostante il propagarsi del virus e le notizie sempre più preoccupanti che arrivavano dal nostro Paese, ha deciso di far svolgere regolarmente le elezioni amministrative lo scorso 15 marzo(1), e oggi si contano diversi casi di scrutatori contagiati. Il Regno Unito aveva inizialmente previsto di affrontare il Covid-19 arrivando ad una herd immunity, una immunità di massa che, secondo il capo consigliere scientifico del governo, avrebbe dovuto portare al contagio del 60% della cittadinanza così da arrivare ad una situazione in cui la maggior parte della popolazione fosse immune all’infezione. Alla luce delle previsioni che mostravano come questo approccio avrebbe portato a circa 400.000 decessi, il governo ha infine cambiato strategia(2) adottando misure che ricalcano in larga misura quelle italiane.
L’iniziale approccio britannico è tuttora seguito in Svezia, dove in un primo momenti non era prevista alcuna misura di social distancing e uffici, locali pubblici, bar e ristoranti e scuole sono aperte mentre le università sono state chiuse. Solo in una seconda fase sono stati vietati gli assembramenti di più di cinquanta persone(3): provvedimento che non ha limitato le critiche degli esperti svedesi che hanno accusato il governo di preferire lo stato di salute dell’economia a quello dei cittadini(4).
Secondo l’ultimo aggiornamento, tutti gli Stati membri dell’UE a eccezione dell’Irlanda applicano restrizioni ai movimenti delle persone. Il Trattato di Schengen (che garantisce la libera circolazione di merci e persone) può infatti essere sospeso in caso di emergenze, come appunto quella in essere oggi, e gli Stati possono ripristinare i controlli alle frontiere interne. Paesi quali Austria, Ungheria e Germania, fra gli altri, avevano reintrodotto i controlli alle frontiere nei giorni scorsi con difformità nelle procedure che hanno spesso creato code ai controlli, ritardi nella consegna di merci e beni anche essenziali in questo momento, quali medicinali e materiale medico.
La migliore rappresentazione della realtà vissuta ai confini degli stati che stanno adottando misure diverse è probabilmente quella del paesino di Baarle-Nassau, che sorge sul confine fra Belgio e Olanda, dove un negozio che si trova esattamente sul confine ha dovuto chiudere la metà che si trova in Belgio, in ottemperanza alle misure di quel Paese, che prevedono la chiusura di tutte le attività non essenziali da due settimane. La metà che si trova in Olanda è tutt’ora in attività(5).
Per trovare una soluzione al problema degli spostamenti fra diversi Paesi – così come anche a quelli relativi ad altri settori toccati dalla crisi quali la sanità pubblica, il mercato interno e il commercio – la Commissione europea ha messo a punto diverse misure.
Le misure europee
In una lettera pubblicata dal quotidiano La Repubblica il 2 aprile, la Presidente della Commissione Ursula Von der Leyen ha ammesso che “nei primi giorni della crisi, di fronte al bisogno di una risposta comune europea, in troppi hanno pensato solo ai problemi di casa propria. Non si rendevano conto che possiamo sconfiggere questa pandemia solo insieme, come Unione.”(6)
Nonostante un primo approccio poco tempestivo, quindi, l’Unione Europea ha cambiato passo ed è intervenuta con diverse misure che spaziano dagli aiuti economici al coordinamento delle misure sanitarie o relative ai trasporti fra i diversi Paesi membri.
Per meglio comprendere su quali fronti si sta muovendo l’Unione, va anzitutto ricordato che gli Stati membri decidono autonomamente sulla sanità. Secondo quanto sancito dall’articolo 168 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, difatti, l’Unione non definisce le politiche sanitarie, né l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica. Tuttavia, dall’inizio della crisi l’Agenzia europea per la prevenzione e il controllo delle malattie, ECDC, con sede a Stoccolma, ha provveduto a fornire costantemente supporto e raccomandazioni ai servizi sanitari nazionali.
Viaggi e trasporti
Nel paragrafo precedente si è brevemente accennato al problema delle frontiere interne. Per superare i problemi che potrebbero nascere da un blocco delle stesse, la Commissione ha pubblicato delle indicazioni pratiche per garantire che i lavoratori mobili – i cosiddetti transfrontalieri, che ammontano a circa un milione e mezzo in tutta Europa – possano raggiungere il loro posto di lavoro all’interno dell’UE. Sono compresi, tra gli altri, coloro che operano nel settore sanitario e nel settore alimentare nonché in altri servizi essenziali, ad esempio la cura dei bambini, l’assistenza agli anziani e il personale critico nei servizi di utilità generale.
Così come i lavoratori, anche le merci sono interessate dai controlli alle frontiere. Per il funzionamento del mercato interno dell’UE, la fluidità dei servizi di trasporto merci ha un’importanza cruciale, ma è ovvio che le misure restrittive introdotte per rallentare la diffusione del virus hanno rallentato anche i trasporti in tutta Europa. Per far fronte a questo problema, la Commissione ha pubblicato dei “consigli pratici” al fine di garantire che le catene di approvvigionamento in tutta l’UE continuino a funzionare: pertanto, gli Stati membri sono tenuti a designare tutti i pertinenti valichi di frontiera interna della rete transeuropea di trasporto (TEN-T) come valichi di frontiera “corsia verde”. Questi dovrebbero essere aperti a tutti i veicoli merci, qualunque sia la merce che trasportano, rendendo possibile l’attraversamento del confine in non più di 15 minuti una volta effettuati i controlli doganali e i necessari controlli sanitari.
Economia
La pandemia di Covid-19 rappresenta una sfida per l’economia europea oltre che per le condizioni di vita dei cittadini. Alla luce di ciò, per la prima volta la Commissione europea ha attivato la clausola generale di salvaguardia del Patto di stabilità e crescita: consente agli Stati membri di adottare misure per reagire alla crisi in modo adeguato, discostandosi dagli obblighi di bilancio che normalmente si applicherebbero in forza del quadro di bilancio europeo.
Il primo aprile la Commissione ha inoltre annunciato SURE (acronimo di Support to mitigate unemployment risks in emergency), un pacchetto di 100 miliardi euro, che se necessario potrebbero essere aumentati, con cui l’Unione intende finanziare le misure di sostegno a chi ha perso il lavoro: andando a supportare misure di ammortizzazione sociale in tutta Europa, come la cassa integrazione italiana.
Per quanto riguarda ancora il nostro Paese, la Commissione ha approvato il 19 marzo un regime di garanzia per lo Stato italiano a sostegno di una moratoria sul debito da parte delle banche alle piccole e medie imprese colpite dalla crisi del coronavirus. Scopo della misura è alleviare temporaneamente l’onere finanziario che pesa sulle piccole e medie imprese colpite dall’emergenza e garantire loro liquidità per aiutarle a preservare i posti di lavoro e a proseguire l’attività nonostante la difficile situazione.
Un’altra misura è stata poi l’Iniziativa di investimento in risposta al coronavirus, con cui la Commissione intende destinare 37 miliardi della politica di coesione per la lotta contro l’infezione. A tal fine, la Commissione propone di lasciare che gli Stati membri utilizzino i prefinanziamenti non utilizzati per i fondi strutturali, ovvero un importo di circa 8 miliardi provenienti dal bilancio dell’UE, che gli Stati membri potranno utilizzare per integrare 29 miliardi di finanziamenti strutturali in tutta l’UE. Facendo ciò si andrà ad aumentare l’entità degli investimenti nel 2020 e si potrà anche anticipare l’uso di 40 miliardi di finanziamenti non ancora assegnati nell’ambito dei programmi della politica di coesione 2014-2020.
Un passo ulteriore è stato fatto con lo strumento per il sostegno di emergenza che prevede l’uso di 300 milioni, sui 3 miliardi in totale a disposizione, destinati al programma rescEU perché finanzi la creazione di scorte comuni di apparecchiature. Si tratta di una struttura nata lo scorso aprile a seguito del potenziamento del sistema di protezione civile europeo: la sua assoluta in questo frangente sarà gestire la crisi sanitaria, garantendo fra le altre cose le fornitura di apparecchiature essenziali come i ventilatori polmonari e i dispositivi di protezione individuale.
A completamento di quanto illustrato fin qui, va ricordato il Pandemic Emergency Purchase Program (PEPP), un piano di acquisti di titoli di Stato da 750 miliardi approvato dalla Banca Centrale Europea. Senza andare oltre nell’elencare le misure economiche approvate, all’inizio di aprile l’impegno economico profuso dall’Unione nel contrasto al coronavirus è pari a 2.770.000.000.000 di Euro.
Ricerca
Da ultimo, la Commissione ha adottato un nuovo programma di lavoro per Horizon 2020, il Programma Quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione di cui avevamo trattato in un precedente articolo, aggiungendo fondi dedicati alla ricerca nell’ambito del coronavirus. Dopo la pubblicazione di un bando di emergenza di 10 milioni a gennaio, infatti, la Commissione europea ha stanziato altri 37,5 milioni di euro, portando quindi l’ammontare totale dedicato a 47.5 milioni. Questi ulteriori fondi hanno consentito la selezione di 17 progetti che coinvolgono 136 team di ricerca provenienti da tutta l’Unione e da Paesi terzi che inizieranno a lavorare allo sviluppo di vaccini, nuovi trattamenti e test diagnostici.
Note:
2 https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/mar/18/coronavirus-uk-expert-advice-wrong
5 https://www.vrt.be/vrtnws/nl/2020/03/25/zeeman-die-gesplitst-wordt-door-grens-voor-1-3-open/
Fonti
– https://ec.europa.eu/info/index_en
– https://www.ecdc.europa.eu/en
– https://www.europarl.europa.eu/portal/it
– https://www.ecb.europa.eu/ecb/html/index.it.html