Pandemia e scetticismo
Cosa il Coronavirus sta insegnando anche a chi… non crede
Strutture fondamentali della natura umana possono rimanere nascoste, o essere addirittura negate, nel corso della banale quotidianità. Si impongono con evidenza solare quando il corso dell’esistenza si trova impigliato in ostacoli e difficoltà eccezionali. Le guerre e le grandi calamità naturali sono situazioni eccezionali che non consentono di barare: la pandemia causata dal Coronavirus è tra queste situazioni eccezionali.
Enumero qui qualcuna delle lezioni che il virus ci sta impartendo.
Prima lezione
Su questa Terra non c’è salvezza al di fuori della scienza e della tecnica. Scienza e tecnica possono combinare guai (lo hanno fatto diverse volte nel corso della storia dell’umanità), ma questi possono essere governati e neutralizzati con altra scienza e altra tecnica. Scienza e tecnica si combattono con più scienza e più tecnica, non standone fuori.
Anche lo spirito religioso non può e non deve esercitarsi al di fuori delle conoscenze scientifiche. Faccio un esempio. Nelle pagine dei “Promessi sposi”, attualissime, dedicate alla peste milanese del 1630-31, Manzoni narra che molti fedeli, per contrastare la terribile epidemia, avevano insistito a «chiedere al cardinale arcivescovo che si facesse una processione solenne, portando per la città il corpo di san Carlo». Il cardinale, sapendo quello che la scienza medica di allora diceva sulla diffusione del contagio, tentò di opporsi ma alla fine dovette cedere alla pressione popolare. Il corpo del santo fu portato in giro per le strade della città. Commento del cattolico Manzoni: «Ed ecco che, il giorno seguente, mentre appunto regnava […] in molti una fanatica sicurezza che la processione dovesse aver troncata la peste, le morti crebbero, in ogni classe, in ogni parte della città, a un tal eccesso, con un salto così subitaneo, che non ci fu chi non ne vedesse la causa, o l’occasione, nella processione medesima».
Un esempio paradigmatico dei danni che possono provocare comportamenti religiosi o ideologici che violino indicazioni della scienza, anche di quella del XVII secolo. Per differenza si ponga mente alle odierne prescrizioni delle autorità religiose sul modo in cui bisogna praticare i riti religiosi (messe, matrimoni, funerali) al tempo del Coronavirus.
Per capire e sapere governare scienza e tecnica bisogna avere studiato. Le competenze che si acquisiscono nelle buone università e nelle buone scuole sono fondamentali. Il buffo e il paradosso della situazione italiana è che l’emergenza che stiamo vivendo viene gestita (nell’insieme non malissimo) da chi ha chiesto e ottenuto il consenso degli italiani in nome dello slogan «uno vale uno» e della denigrazione dei competenti e degli specialisti. Anche questa è una grande lezione di vita. I ministri antivax e anti-scienza stanno governando seguendo, con la giusta umiltà, i pareri autorevoli di illustri scienziati. È il caso di dire, non è mai troppo tardi e nei momenti difficili il pressapochismo e la cialtroneria si mostrano per quello che sono.
Seconda lezione
Il benessere di ciascun individuo è non solo intrecciato con quello degli altri, ma dipende soprattutto dalla qualità di quell’insieme di regole e competenze istituzionali che sono riassunte nella parola “Stato”. Il cosiddetto popolo senza buone leggi e una buona élite è un aggregato informe che si sbriciola al primo ostacolo. La gestione del Coronavirus è la prova dell’errore delle proposte politiche populiste. Ricordate? «Uno vale uno», «I vaccini sono una truffa delle multinazionali farmaceutiche», l’oncologo Veronesi apostrofato come “Cancronesi” perché consigliava alle donne il ricorso alla mammografia, eccetera.
Terza lezione
Una comunità forte e capace di affrontare le situazioni eccezionali non è solo governata da una élite competente, è composta da individui che sappiano essere responsabili. Responsabilità in questo caso significa fidarsi dei risultati della ricerca scientifica e sapere sottoporre sacrosanti bisogni religiosi o ideologici al vaglio critico di ragionamenti che tengano conto di ciò che la scienza dice. Il cattolico Manzoni docet: se non vuoi combinare guai irreparabili devi sapere amministrare matrimoni, funerali, messe, processioni in onore di santi, in conformità con quanto ti dice la scienza sul contagio della peste e altre epidemie.
Quarta lezione
Il capitalismo liberista e a-statale esiste solo nell’immaginazione ideologica degli anticapitalisti senza se e senza ma. L’economia di mercato si è sempre svolta sotto la vigilanza attenta dello Stato. Che poi alcune modalità di questa vigilanza non fossero gradite ad alcuni è altra questione. Adesso disponiamo di uno straordinario specchio in cui il capitalismo cosiddetto (solo cosiddetto) liberista può osservarsi e studiarsi: il comunismo capitalistico cinese.
In entrambi i capitalismi profitti, salari e occupazione sono realtà inseparabili. Inseparabili perché connessi da un motore che non piace a chi non ama i consumi degli altri e consuma con senso di colpa: il consumismo. I profitti delle aziende collassano? Lo Stato, capitalistico o comunista, si preoccupa di finanziare i consumatori per aiutare le aziende che, per produrre beni da consumare, generano lavoratori che consumeranno i prodotti delle aziende, dando così ossigeno ai profitti. È la spirale (consumi-profitti-lavoro-salari-consumi-profitto…) entro cui vivono comunismo capitalistico cinese e capitalismo non comunista occidentale e che la pandemia ha messo sotto gli occhi di chi vuole vedere.
Conclusione provvisoria
Dopo la tempesta Covid-19 il dibattito politico-culturale si spera sia diverso da prima della tempesta. Per il momento registriamo il silenzio assordante dei populisti antivax, anti-scienza e anti-élite.