Rifiuti, il piano della Regione per mettere ordine e trasparenza
Dal caos alle regole, per contrastare confusione e comportamenti illeciti
La prima cosa che occorre per mettere ordine nel settore dei rifiuti, in Sicilia come in qualsiasi altra parte, soprattutto dopo decenni di emergenza, è capire che dati e informazioni si hanno. È da qui che ha preso avvio due anni fa il lavoro dell’assessorato regionale dell’Energia e servizi di pubblica utilità: un’operazione di trasparenza, riordino e pianificazione per rendere il sistema più efficiente a vantaggio di tutta la collettività.
Di fronte a una situazione di caos occorre utilizzare un metodo diverso rispetto a quello che servirebbe in un contesto più ordinato. I dati “prodotti”, quindi, vanno valutati anche secondo l’esperienza, incrociandoli e confrontandoli con più visioni, sulla base non solo delle discipline scientifiche. Ma anche dei comportamenti umani, ad esempio riscontrabili nell’economia.
Bisogna non fermarsi ai problemi storici, seppur gravi: come gli automezzi che viaggiano con i rifiuti da una punta all’altra dell’Isola, le situazioni di oligopolio impiantistico, i servizi di raccolta e di trasporto frammentati e lasciati in balia dei Comuni, un sistema di governance che non esiste, uffici pubblici che alimentano la sensazione di un potere burocratico che fa l’occhiolino ai privati. Una situazione in cui molti, soprattutto tra i soggetti pubblici, chiedono contributi o aiuti a fondo perduto alla Regione, allo Stato, all’Europa, senza un minimo sforzo imprenditoriale, senza voler sobbarcarsi rischi.
Ecco perché le informazioni non sono affidabili, comprese quelle che vengono censite dalle istituzioni preposte: poiché esse riprendono – più o meno pedissequamente – quelle propinate dai soggetti che operano nel settore, attraverso colletti bianchi, consulenti, broker, commercianti.
La prima situazione paradossale da affrontare – di rilevante importanza per la Sicilia come per tutte le realtà italiane, ma ancora stranamente trascurata – riguarda il flusso dei rifiuti indifferenziati che vengono avviati al trattamento meccanico biologico, il Tmb, ed escono identificati da un codice conosciuto come “191212”. In questa fase possono essere qualificati come rifiuti urbani o speciali: due tipologie completamente diverse che cambiano notevolmente lo scenario del piano, oltre che i costi e, sia detto, il potere di chi gestisce traendone alimento.
Un’altra situazione ingarbugliata riguarda gli impianti: quasi tutti privati, distribuiti sul territorio senza logica corrispondente ad un complessivo e integrato interesse pubblico. Con l’aggravante di una prateria selvaggia delle istanze pendenti che non erano state anche esse rappresentate dagli uffici.
Come si può in tale situazione perseguire uno sviluppo sulla base delle esigenze della popolazione, dei territori, in una pianificazione che sia coerente e sostenibile?
Per prima cosa l’assessorato ha voluto rendere trasparente ogni iniziativa avviata, evitando di venire poi travolti dalla burocrazia che alza le mani al cielo davanti alla marea di istanze a cui va data, secondo legge, una risposta. Un difficile equilibrio da trovarsi è quello fra l’esigenza di tutelare il legittimo affidamento dei privati e l’interesse pubblico che deve essere, piaccia o non piaccia, prevalente.
Così, essere passati dall’invisibilità nei cassetti degli uffici alla messa a visibilità nel piano di tutte le iniziative equivale a rendere trasparenti e riordinare tutte le istanze pendenti, nel loro percorso funzionalizzato all’interesse pubblico e retto da una serie di parametri oggettivi come introdotti nel piano.
Bloccare autoritativamente le istanze, avrebbe invece spinto i soggetti interessati ad “armarsi” rivolgendosi a grandi studi legali e di consulenti e avendo ragione di far saltare un piano classico e piegato alle solite logiche. Peraltro in una situazione ove la dirigenza ha la sua competenza e vuole dare la risposta tecnica, mentre i privati pretendono un riscontro procedimentale e giuridico, paventando somme risarcitorie per danni milionari.
Non considerare questi aspetti – o, peggio, combatterli scenicamente a colpi di provvedimenti – non avrebbe che alimentato ricorsi interni ed esterni, come pure richieste di risarcimento. In certuni contesti la parte pubblica non va contrapposta a quella privata, come in un ring, pensando ad un antagonista da distruggere/vincere nel distacco. Al contrario, in certe situazioni, come nel caso esemplificato delle istanze e del piano, va strategicamente evitato il pugilato per fare judo: dove il movimento dell’avversario paradossalmente, ma con maggiori effetti e utilità pubblica, va assecondato, con flessibilità e morbidezza, per poi farlo cadere/perdere grazie alla sua stessa dinamica di attacco (dove mostra la sua intenzione, armi e forza).
In sostanza si fa emergere la libera iniziativa per poi intervenire a difesa degli interessi pubblici, con le regole del piano. Le istanze si protendono nella loro intenzione, si lasciano esaminare e decidere. Ma esse, laddove reputate non rientranti nell’interesse regionale, vengono limitate, grazie ai criteri e alla strategia inserita nel piano. Con i criteri inseriti nel piano si utilizza l’autonomo movimento interno.
Quali sono questi criteri? Intanto, i rifiuti devono essere affidati a chi li produce: il che non può avvenire se non tramite procedure di evidenza pubblica, per cui, in modo efficace, si potrebbe arrivare ad autorizzare un impianto privato senza che però possa in automatico trattare i rifiuti. Il privato dovrà quindi intraprendere iniziativa a proprio rischio imprenditoriale. Così si fanno implodere le istanze farlocche o male intenzionate, che pensavano di sguazzare negli uffici e nelle regole astratte traendone un proprio, esclusivo, vantaggio. Peraltro, come accennato, da trasparenza e visibilità potrebbero emergere eventuali forzature o situazioni anomale, anche da parte dei responsabili dei procedimenti.
Ecco come si può ottenere – in una situazione così ingarbugliata, se non a volte imbrogliata – una vera e seria pulizia amministrativa e di maggiore chiarezza, in una complessiva strategia che sfugge spesso alla logica burocratica e politica, non solo siciliana.
Poi va data priorità alle istanze pubbliche. Per cui, come detto, ai privati viene concesso di spingersi e sferrare l’attacco (cioè andare all’assalto per realizzare nuovi impianti) ma la Regione, con le regole del nuovo piano, rifiuti fa “cadere” queste iniziative interessate, proprio come fosse un incontro di judo.
Oggi il piano rifiuti è pronto. Da tempo è stata data risposta a tutte le osservazioni, manca solo l’integrazione al rapporto ambientale che gli uffici stanno seguendo avvalendosi del supporto dell’Università. Dunque sta procedendo l’iter per arrivare all’adozione finale. La riforma del settore, con apposito disegno di legge migliorato con emendamenti, è pronta ed è in linea con quanto previsto dalla Corte dei conti, dall’Autorità anticorruzione, dal ministero dell’Ambiente e dalla normativa europea. Il ddl ha subito una battuta d’arresto in aula ma ha trovato consenso tra quanti hanno probabilmente capito la necessità di intervenire in maniera serie e trasparente sulla governance del settore.