Piani per la gestione dei rifiuti: metodi ed errori
di Alberto Pierobon – Assessore all’Energia e ai servizi di pubblica utilità della Regione Sicilia
Un Piano di gestione dei rifiuti, ad esempio di una Regione o di un ATO, non può conformarsi (o peggio copiare) modelli altrui. Ogni realtà ha specifici problemi da risolvere, oltre a quelli generali, per cui le informazioni e i dati sono certamente rilevanti, ma vanno riconsiderati in quanto sono dati e fatti costruiti. Un caso paradigmatico è costituito dai rifiuti che escono dal trattamento meccanico biologico, col codice “19” che possono qualificarsi, secondo precisi indirizzi Ispra e Ministeriali, rifiuti urbani o rifiuti speciali, il che “appasticcia” le previsioni dei Piani, come pure le loro conseguenze. Necessita quindi, preliminarmente, comprendere e selezionare le problematiche cui rispondere, consapevoli della fondamentale questione del metodo, il quale non può essere univoco e ridotto a soddisfare le sole esigenze normative e/o burocratiche. La valutazione e la formulazione di un Piano deve piuttosto svolgersi caso per caso, rifuggendo dalla serialità e dal conformismo. Si devono osservare gli effetti per poi riformulare le ipotesi di partenza. In tal modo si evitano trappole epistemologiche, come pure le pratiche che riducono i Piani rifiuti a meri e vacui adempimenti.