Sviluppo sostenibile, il grande piano per la Sicilia
Dall’inquinamento all’ottimizzazione dell’approvvigionamento idrico, fino all’uso della plastica: una sfida che coinvolge istituzioni e ognuno di noi
Ridurre le emissioni inquinanti del 40 per cento entro il 2030, triplicare la produzione di energia pulita dal fotovoltaico e raddoppiare quella eolica. Bonificare oltre 500 vecchie discariche da decenni esaurite e mai chiuse, incrementare la raccolta differenziata oltre il 65 per cento richiesto dall’Europa.
La strategia del governo regionale sui temi ambientali prevede una serie di interventi – medio e lungo termine – che puntano a modificare non solo gli stili di vita dei singoli cittadini ma anche a favorire uno sviluppo sostenibile che rispetti e valorizzi le risorse naturali dell’Isola. È questo il filo conduttore che lega piano energetico, piano rifiuti, e l’enorme mole di direttive, decreti, provvedimenti adottati in questi due anni dall’assessorato all’Energia. Un lavoro incessante che prova a rispondere alle preoccupazioni emerse a livello internazionale sui cambiamenti climatici e che sta alla base della battaglia portata avanti da Greta Thunberg e da moltissimi altri ragazzi in tutto il mondo.
Il governo regionale sta lavorando per adottare il nuovo piano energetico: uno strumento che prevede di migliorare l’efficienza degli impianti per produrre più energia e ridurre l’impatto ambientale e le emissioni in atmosfera. Un percorso che parte a livello europeo, e responsabilizza Regioni e Comuni con l’obiettivo di ridurre entro il 2050 le emissioni di gas a effetto serra dell’80% rispetto ai livelli del 1990, attraverso tappe intermedie che prevedono una riduzione del 40% entro il 2030 e del 60% entro il 2040. Il piano, a cui hanno collaborato esperti e tecnici di fama internazionale, prevede un significativo incremento della produzione elettrica da fonti rinnovabili, che passerà dall’attuale 29,3% al 72,5%. Fotovoltaico ed eolico saranno potenziati tramite nuovi impianti e revamping degli esistenti, così come un forte impulso arriverà all’installazione di oltre 100 mila impianti domestici in più sui tetti da installare al 2030.
Le energie rinnovabili diventeranno occasione di risparmio e sviluppo anche per l’agricoltura, dove attualmente risultano installati circa seimila impianti per circa 800 Mw; mentre al 2030 si stima un incremento del 70% della potenza installata realizzabile con circa 11 mila nuovi impianti.
L’azione del governo si muove a 360 gradi e guarda anche al settore idrico, storicamente in Sicilia attraversato da criticità e problemi irrisolti che gravano sia sulla quotidianità che sullo sviluppo dei territori. Certo è un tema che interessa un po’ tutta Italia, dove servono stratosferici finanziamenti per intervenire sulla nostra vecchia rete acquedottistica che è un colabrodo, con perdite dichiarate che viaggiano dal 20% fino al 65% (con una media del 40%) ma che talvolta hanno valori più che doppi.
Lo scenario è spesso peggiore nell’Isola, dove i costi elevati e un servizio carente non hanno ad oggi trovato risposte concrete a livello gestionale. Per questo il governo sta intensificando tutti gli sforzi per pervenire finalmente a una piena applicazione della normativa attraverso l’attivazione delle Ati, le assemblee territoriali che avranno l’obbligo di redigere piani d’ambito con i quali programmare gli investimenti necessari. Da Roma il ministero è stato chiaro: entro l’anno prossimo chi non avrà compiuto questo passaggio non potrà accedere ad alcun tipo di finanziamento.
È una corsa contro il tempo, dunque, che vede coinvolte tutte le istituzioni a tutti i livelli, con un confronto continuo tra Regione ed enti locali che prosegue anche su altri fronti caldi. Tra questi quello dei rifiuti e della circular economy. In questa fase l’attenzione è spesso concentrata sulla raccolta e riciclaggio, mentre è sempre più forte la necessità di investire anche sul vero e concreto riciclo. Se i gestori non riescono ad aumentare l’efficienza dei propri servizi – come ad esempio nel caso della raccolta differenziata – il rapporto tra costi e ricavi non regge e i prezzi mandano in crisi il sistema. Dunque, per la chiusura dell’economia circolare serve un’azione su più vasta scala, una rivoluzione che passa anche dal singolo cittadino.
Basti pensare al tema della plastica e del movimento d’opinione per ridurre l’utilizzo. Se questi processi non vengono governati in maniera attenta si rischia l’effetto addirittura contrario. Le plastiche compostabili, per esempio, devono essere raccolte separatamente dalle altre (altrimenti le inquinano), per poi essere avviate ad apposito impianto di trattamento. Insomma, il tentativo di ridurre fino a liberare le nostre case dalla plastica, più che da interventi legislativi, necessita di un vero e proprio cambiamento di abitudini e stili di vita da parte di ogni cittadino. Ogni singola persona diventa il perno di qualsiasi processo di riforma attraverso un comportamento virtuoso che passa anche dai consumi che inevitabilmente dovranno essere rivisti. Probabilmente questo cambiamento è già in atto ed è stato intercettato dai grossi decisori sul mercato globale, che iniziano a vedere nella circular economy una concreta opportunità che può consentire loro di trarre alcuni benefici: migliorare l’ immagine “ambientale”, ottenere minori costi grazie al maggior utilizzo di materiale riciclato e infine una minore dipendenza dal mercato delle materie prime vergini e dalle loro oscillazioni di prezzo.