I dolci tipici Pasquali: le uova e la colomba
Dalla ritualità religiosa delle uova di Pasqua a quella più laica della colomba: i dolci rappresentano un legame inscindibile tra passato e presente
La colomba, il dolce tipico della Pasqua
Esistono varie leggende, tutte tipicamente lombarde, sull’origine della colomba pasquale. Da quella del re longobardo Alboino, che durante l’assedio di Pavia avrebbe ricevuto come segno di pace un dolce a forma di colomba, fino a quella di San Colombano, che, invitato a un banchetto in tempo di quaresima, avrebbe trasformato della prelibata selvaggina in più adatte colombe di pane.
Quale che sia la storia cui si scelga di credere, quello della colomba è principalmente il simbolo biblico e cristiano associato alla pace. Un concetto che, dall’Antico Testamento (dove una colomba bianca porta a Noè un rametto ulivo annunciando la fine del Diluvio universale), è passato al Nuovo Testamento (nel quale l’essenza di Dio si manifesta nuovamente sotto forma di colomba bianca al battesimo di Cristo) mantenendo inalterato il proprio valore concettuale.
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Storia della colomba
Rispetto alla simbologia religiosa, le vicende storiche legate alla nascita della colomba pasquale seguono logiche ben più materiali. Questo dolce tipico milanese sarebbe stato creato dal pubblicitario della Motta, Dino Villani, con lo scopo di occupare una posizione scoperta di mercato dei dolci pasquali, ma anche di riuscire sfruttare gli stessi macchinari usati dalla casa dolciaria, utilizzati quasi esclusivamente una volta l’anno per la realizzazione di pandori e panettoni.
Sebbene la produzione della colomba abbia inizio negli anni Trenta, nel 1944 sarà l’azienda di Angelo Vergani a realizzare la ricetta di base giunta fino a noi.
Ricetta della colomba pasquale
Sebbene oggi esistano dozzine di varianti, comprese quelle farcita con creme di vario tipo, la ricetta originale della colomba pasquale è abbastanza semplice. Essa infatti include farina, uova, burro, zucchero, buccia d’arancia candita e glassa alle mandorle. Proprio per questa semplicità di base, simile nella composizione a quella del pandoro e del panettone, il dolce pasquale si presta a numerose reinterpretazioni, che oggi contribuiscono a renderlo un prodotto di larghissimo consumo.
Gli ingredienti per l’impasto della colomba:
- Farina 00 (230 grammi)
- Acqua (95 grammi)
- Lievito (60 grammi)
- Zucchero semolato (90 grammi)
- Burro (70 grammi)
- Tuorli d’uovo (4 uova – approssimativamente 60 grammi)
- Vaniglia (1/2 bacca)
- Scorza d’arancia grattugiata (25 grammi)
Per la glassa:
- Mandorle amare (20 grammi)
- Mandorle dolci (10 grammi)
- Nocciole tostate (10 grammi)
- Zucchero semolato (70 grammi)
- Cacao in polvere (5 grammi)
- Fecola di patate (10 grammi)
- Albumi (4 uova – approssimativamente 30 grammi)
Procedimento per realizzare la colomba:
Mescolare nel cestello della planetaria (impastatrice) acqua e zucchero fino a formare uno sciroppo. Al composto così ottenuto aggiungere la farina setacciata e il lievito, impastando per almeno quindici minuti. In questo frangente incorporare il burro fuso (non liquefatto) e metà dei tuorli, continuando a impastare fin quando la base non risulta il più possibile lisca e priva di asperità. A questo punto è necessario riporre l’impasto in un contenitore, sigillandolo con pellicola trasparente per lasciarlo lievitare (tra le 15 e le 20 ore).
Al termine di questo periodo di riposo, l’impasto dovrebbe avere almeno triplicato il proprio volume.
Arrivati a questo punto, dopo averlo visto lievitare, arriva il momento di sgonfiare la base mettendola in frigo per almeno 30 minuti. Una volta fatto, serve un secondo passaggio nella planetaria, lavorando l’impasto aggiungendo ulteriore farina, zucchero, burro, la bacca di vaniglia, la scorza d’arancia e la seconda metà dei tuorli.
Se necessario è consigliato aggiungere dell’acqua per facilitare l’amalgama delle nuove componenti con la base già impastata.
Adesso, lasciare nuovamente riposare per un’ora, sempre in un contenitore sigillato con pellicola trasparente.
Trascorso il tempo, dividere in due l’impasto, formando con la prima parte il corpo principale e con la seconda parte (ulteriormente divisa a metà) le ali della colomba.
Preparazione della glassa. Sbattere i rimanenti albumi con una forchetta senza farli montare, aggiungendo uno alla volta: lo zucchero semolato, il cacao, la fecola di patate e un pizzico di farina. Una volta amalgamati questi ingredienti, bisogna spalmare il composto sulla base precedentemente lavorata. Infine decorare il tutto con mandorle e noci.
Adesso la vostra colomba è pronta per la cottura, da effettuare in forno statico pre riscaldato a 170 gradi, lasciando cuocere per 50 minuti.
Storia dell’uovo di Pasqua. Perché si regalano le uova?
Le uova sono un simbolo universale di rinascita. Oggetti inerti da cui si sviluppa la vita, che per questo, sin dai tempi più antichi, sono stati caricati di significati mistici e religiosi. Dal contenitore dei quattro elementi della fisica aristotelica (aria, acqua, fuoco e terra), alla rappresentazione in miniatura stessa dell’universo stesso. Con l’avvento del cristianesimo, come per molte altre simbologie pagane, queste valenze vengono sostituite dall’accostamento dell’uovo con il concetto di resurrezione. Le uova vengono quindi legate indissolubilmente alla figura del Cristo come metafora della sua morte e resurrezione.
Perché a Pasqua si regalano le uova?
Una volta attribuito questo valore simbolico all’uovo, la dinamica del donarlo agli altri diventa quasi un automatismo, presente già ai tempi dei primi cristiani. A cavallo tra l’evo antico ed il medioevo, era infatti già pratica comune quella di decorare delle uova sode per poi donarle commensali, che le avrebbero consumate durante il pranzo pasquale.
Il regalo dell’uovo è una consuetudine rinnovatasi nel medioevo, quando Edoardo I d’Inghilterra commissionò le prime uova preziose – veri e propri oggetti d’arte rivestiti d’oro – da regalare ai componenti della propria corte. Una consuetudine che nel 1885 raggiunge il proprio apice per mani dall’orafo Peter Carl Fabergé, che, dietro richiesta dello zar Alessandro III, creò la prima delle uova eponime (cui ne sarebbero seguite molte altre) come dono per la zarina Maria. La particolarità e la carica innovativa delle uova Fabergé (tutte realizzate a mano utilizzando materiali come oro, platino e pietre preziose) derivano sia dall’appartenenza dell’oggetto alla matrice culturale ortodossa, quanto dalla tradizione artigianale russa nella costruzione delle matrioske.
Dalla matrioska all’uovo di Pasqua
Proprio dalla matrioska (bambola apribile in legno, con all’interno una o più copie leggermente più piccole di se stessa), simbolo di fertilità e maternità della tradizione ortodossa, legato alla figura della Madonna, prende ispirazione Fabergé.
Le sue uova infatti contengono al proprio interno un nucleo più piccolo, simile al tuorlo, che racchiude piccoli doni (nel primo si dice fosse contenuta la riproduzione in oro di un pulcino). Da questo meccanismo ha origine la tradizione, sempre più diffusa in Occidente, di regalare uova di cioccolato con all’interno piccoli doni rivolti ai bambini.
Uova rosse di Contessa Entellina e la tradizione arbëreshë
Dall’elaborazione del legame tra l’uovo ed il Cristo nasce la tradizione accadica di regalare le uova che, una volta cucinate, venivano dipinte di rosso per rappresentare il sangue o, in epoche successive, la passione di Gesù. Una consuetudine assorbita dalla ritualità cristiana di stampo greco ortodosso e giunta nel medioevo fino in Sicilia grazie alla colonizzazione di alcune enclavi dell’isola da parte dei profughi greci, albanesi e bulgari in fuga dalla conquista degli Ottomani. Presso le comunità arbëreshë (minoranza linguistica italo-albanese di origine balcanica), tra cui quelle di Piana degli Albanesi, Santa Cristina e Contessa Entellina, è ancora oggi molto presente la tradizione delle uova dipinte. Questo soprattutto a causa del rifiuto da parte del credo ortodosso di regalare uova di Pasqua industriali. Una sfida al consumismo occidentale che ha permesso ad una consuetudine secolare di restare in vita, diventando parte del bagaglio culturale siciliano.