Salus populi suprema lex esto
Il disciplinamento sociale per una società in fase 2
Nei mesi del lockdown, si è assistito a una radicale mancanza di rispetto delle regole da parte di alcuni cittadini in tutta Italia: dalla grigliata sul tetto di condominio al giro in bici giustificato come materia di diritto internazionale.
Con la graduale riapertura degli esercizi commerciali e la possibilità di movimenti senza autocertificazione, la situazione è nettamente peggiorata. In città come Palermo, solo per fare un esempio, le norme di contenimento del rischio di contagio non sono state osservate che parzialmente. Nonostante le precauzioni prese nei giorni passati dai negozianti per una cautelare riapertura, in osservanza ai DPCM, la mancanza di rispetto delle regole (come utilizzare la mascherina, ad eccezione degli spazi aperti o quando si pratica attività all’aperto, o il distanziamento) hanno reso palese la mancanza di “disciplinamento sociale”. Due termini utilizzati per la prima volta da Gerhard Ostreich nel 1968: lo storico tedesco definì il disciplinamento sociale nel suo “Strukturprobleme des Absolutismus“ come «mutamento strutturale dal profilo spirituale, morale e psicologico dell’uomo politico, militare ed economico».
Le parole di Ostreich si riferivano allo Stato moderno, ma hanno avuto valenza anche nel XIX e nel secolo scorso, poiché il disciplinamento sociale è stato un fattore assimilato nei discorsi relativi all’educazione, alle politiche sociali, alla sanità e all’igiene. Nonostante la teoria dello storico tenesse conto delle evoluzioni della società e dei comportamenti in età moderna, ancora oggi dovrebbe essere dunque rispolverato, in quanto sembra stato dimenticato o addirittura essere sconosciuto a molti.
Prima e dopo il lockdown si è parlato del Covid-19 come il “nemico invisibile”, da cui bisognava difendere la nazione e la cittadinanza tutta. Un chiaro riferimento alla Costituzione della Repubblica italiana, in cui all’art. 52 si dice espressamente: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.». Il nemico di cui si parla nell’articolo appena citato, ovviamente, è fisico e visibile. Ma che il concetto possa essere applicato anche per un nemico invisibile che (per usare la metafora della peste di Albert Camus) è presente ed è sempre pronto, come il male, a tendere un agguato agli uomini inconsapevoli ed incuranti? La risposta è certamente affermativa, perché le azioni del comune cittadino (e anche la sua noncuranza) vanificano ogni tipo di sforzo fatto in questi mesi dai medici e dalle istituzioni, che per larga parte hanno anche le loro responsabilità.
Certo, atteggiamenti drastici, come ha mostrato la critica, potrebbero minare le abitudini e gli usi di una comunità.
Tuttavia – con il giusto sistema di pesi e contrappesi, rappresentati dalla giusta attenzioni da parte delle forze dell’ordine e dalla cautela della popolazione il disciplinamento sociale – una grande cautela appare ancora necessaria. Se è vera, come è vera, la celebre massima di Cicerone: «Salus populi suprema lex esto», «il bene del popolo sia la legge suprema».