Diritto di cronaca giudiziaria e presunzione di innocenza
Come è noto la cronaca giudiziaria è quella che si occupa dei fatti criminosi e in genere delle vicende giudiziarie che ne scaturiscono. E’ questo un settore dove maggiormente vengono in conflitto il diritto di cronaca e l’interesse che ciascuno di noi ha a tutelare la propria riservatezza allorquando venga coinvolto in fatti oggetto di cronaca.
La cronaca giudiziaria si pone potenzialmente in conflitto con il principio sancito dall’art. 27 della nostra Costituzione secondo cui l’imputato non può essere considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Ciò significa che non sono consentite affermazioni che suonino come una anticipazione della condanna o comunque che siano pregiudizievoli della posizione processuale dell’indagato e dell’imputato. Tale norma quindi è posta a tutela di questi ultimi contro ogni indicazione che li faccia apparire come colpevoli prima che sia intervenuto un accertamento processuale definitivo che ne sancisca la colpevolezza.
Va peraltro detto che il diritto di cronaca – il quale costituisce una particolare espressione della libertà di manifestazione del pensiero anche essa affermata e tutelata dalla Costituzione – non può venire del tutto sacrificato neppure nei confronti del principio di presunzione di innocenza ciò in considerazione del fatto – come è stato osservato – che nei confronti dell’imputato o dell’indagato non vi è alcuna ragione di riconoscere una tutela della reputazione in misura maggiore di quanto non spetti ad altri soggetti.
L’esercizio della cronaca giudiziaria incontra gli stessi limiti degli altri tipi di cronaca che come è noto sono la verità della notizia, il pubblico interesse alla conoscenza dei fatti narrati e la continenza.
Per ciò che riguarda il limite della verità, il giornalista non deve raccontare il fatto in modo tale da ingenerare nel lettore la convinzione di una colpevolezza del soggetto non ancora accertata. Così ad esempio è stato ritenuto diffamatorio e lesivo della altrui reputazione pubblicare la notizia di un inesistente proscioglimento per amnistia invece che per insussistenza del fatto. Ed ancora è stato ritenuto diffamatorio affermare che un soggetto è stato condannato alla pena della reclusione senza la sospensione condizionale della pena laddove era stata irrogata la sola pena dell’ammenda con il beneficio della sospensione. In tal caso i giudici hanno ritenuto che divulgare l’irrogazione di una pena più grave di quella inflitta importa un giudizio di maggiore disvalore della condotta e che la mancata menzione della sospensione condizionale induce il lettore a ritenere una prognosi sfavorevole sulla futura condotta e sulla persona del condannato.
Va tuttavia detto che la Corte di Cassazione ( cass,22.3.1999 n. 2842) ha stabilito che la verità della notizia va valutata in relazione alla esattezza o meno delle informazioni pubblicate con riferimento ai provvedimenti adottati dagli inquirenti nel momento in cui la notizia viene pubblicata, senza che si debba fare riferimento al successivo esito delle indagini. Quindi il resoconto giornalistico delle attività di indagine del PM non potrà essere considerato privo di obiettività dato che l’informazione si esaurisce nella attività investigativa considerata.
Per quanto riguarda le fonti della notizia queste devono essere attinte dal cronista da fonti certe e qualificate quali possono essere i dibattimenti penali, organi di polizia atti giudiziari, rapporti di polizia. In tal caso, proprio per la natura della fonte non incombe al giornalista l’obbligo di accertare la verità dei fatti. Spesso il giornalista, per andare esente da responsabilità sostiene di avere appreso la notizia da altro giornale o da agenzie di stampa o dalla RAI senza averne verificato la fondatezza. Questa difesa non esclude la responsabilità del giornalista per il reato di diffamazione. Soltanto in relazione alle fonti certe della notizia, di cui ho detto, il giornalista è esonerato dall’obbligo di accertare la verità dei fatti. Va poi precisato che il cronista nel riportare la vicenda giudiziaria non deve omettere di riferire fatti che potrebbero essere idonei a scagionare la persona coinvolta nella vicenda giudiziaria e non può arricchire il fatto con particolari non veri. E quando effettua il resoconto di un dibattimento in corso ha l’obbligo di riportare fedelmente le opposte tesi dell’accusa e della difesa evitando di ingenerare nel lettore, in particolare per quanto riguarda le tesi difensive, la convinzione di una inevitabile sentenza di condanna.
Per ciò che riguarda il limite della continenza questo è strettamente correlato alla presunzione di innocenza del soggetto che si venga a trovare al centro della cronaca. La notizia pertanto andrà raccontata in modo tale che il lettore comprenda che la colpevolezza dell’indagato o dell’imputato non è stata ancora accertata in maniera certa e definitiva. Dovranno inoltre essere vietate tutte quelle espressioni che siano idonee a gettare discredito sulla figura morale e professionale del protagonista della vicenda.
Per quanto riguarda il limite dell’interesse pubblico, se è fuor di dubbio che vi è un interesse della collettività a conoscere dei reati e delle vicende giudiziarie che ne scaturiscono è anche vero, come è stato correttamente osservato, che non vi è una presunzione assoluta di un pubblico interesse per ogni vicenda processuale, ma questo deve essere accertato caso per caso.
Spesso si verifica, e la cronaca anche recente ne è la dimostrazione , che vengano divulgati fatti relativi a soggetti diversi dall’imputato o ancora che vengano divulgate delle vicende che pur riguardando l’imputato non hanno nessuna attinenza con il reato contestato a quest’ultimo. Ebbene, nel primo caso la divulgazione potrà essere considerata legittima solo se i fatti siano direttamente collegabili a quelli oggetto della indagine, nel secondo caso se i fatti divulgati non hanno nessuna attinenza alle contestazioni mosse all’imputato l’attività di cronaca sarà legittima solo se, anche in questo caso, siano strettamente collegati a quelli oggetto del procedimento penale e siano funzionali ad una migliore comprensione della vicenda da parte del pubblico. In ogni altro caso la divulgazione di tali fatti dovrà considerarsi illegittima e il giornalista non potrà invocare l’esercizio del diritto di cronaca.
In varie pronunce sia giudici di merito che la Cassazione hanno valutato il diritto di informazione in relazione ai principi sanciti dalla Costituzione. Così si è affermato che l’interesse pubblico alla conoscenza di fatti di grande rilievo sociale ,come nel caso di gravi reati, deve essere conciliato con il principio costituzionale di non colpevolezza; pertanto, si legge in una sentenza del Tribunale di Roma, che ogni notizia idonea ad indurre l’opinione pubblica ad attribuire, prima della condanna, un reato ad una persona deve, per essere lecitamente pubblicata, rispondere ai requisiti della utilità sociale della informazione, della veridicità e della forma civile della esposizione dei fatti e della loro valutazione cioè non deve essere esorbitante rispetto allo scopo informativo da conseguire ed improntata a serena obiettività.
Ed ancora si è ritenuto ad esempio che non costituisce esercizio del diritto di cronaca riferire la deposizione, in un procedimento civile, di un testimone lesiva della altrui reputazione e di cui non sia stata provata la verità.
Costituisce diffamazione con il mezzo della stampa riferire inesattamente su un giornale quotidiano, della condanna penale riportata nel primo grado di giudizio da un amministratore pubblico definendolo nella cronaca giudiziaria come “speculatore“.
Per quanto riguarda le notizie di arresti che ormai quasi quotidianamente leggiamo sui giornali, la Cassazione ha ritenuto che il giornalista, nell’esercizio del diritto di cronaca, deve pubblicare la notizia e i motivi che hanno determinato l’arresto anche se successivamente tali motivi risulteranno infondati e ciò per la considerazione che l’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti di grande rilievo sociale, quali la consumazione di reati e l’attività di polizia giudiziaria, è da considerare preminente rispetto al principio della presunzione di innocenza.
Ed ancora la Corte di Cassazione ha escluso che il cronista possa fondare la propria attività su mere voci ed illazioni raccolte, anticipare il contenuto di provvedimenti del giudice o del pubblico ministero ed attribuire ad essi una valenza maggiore di quella reale.
Mi fermo qui perchè centinaia sono le sentenze emanate dai giudici di merito e dalla Cassazione sul tema di cui trattiamo.