Buon compleanno, Dante
L’amore dei siciliani per Dante, quel poeta “austero” ritratto da Mario Rutelli
Nel 1900 Palermo venne scelta per il congresso della “Società Nazionale di studi danteschi”, e l’appositamente costituito “Comitato delle feste centenarie della Divina Commedia” commissionò a Mario Rutelli il marmo “austero di Dante Alighieri poggiato sui volumi della Commedia, della Vita Nuova, del De Monarchia”.
La preparazione del congresso aveva avuto inizio con la riunione del “31 del passato dicembre nel R. Liceo Vittorio Emanuele dei Capi di tutte le scuole secondarie della città e gli Insegnanti di lettere italiane e di storia […] si era deciso che a Palermo si facesse qualche cosa di più solenne e di più durevole di quanto prescriveva il Ministero […] Si convenne, d’innalzare un busto all’Alighieri, di aprire all’uopo, una sottoscrizione nelle scuole, di tener quattro conferenze gratuite e una a pagamento in beneficio del busto e, pubblicare, a ricordo delle feste, un volume […] Mandarono le loro offerte l’Educatorio femminile Maria Adelaide, il Convitto Nazionale, il Liceo pareggiato e il Ginnasio regio e la R. Scuola Tecnica di Cefalù, il Ginnasio pareggiato di Monreale e la R. Scuola Normale Femminile di Petralia Sottana. L’opera fu affidata al comm. Mario Rutelli, che fin dalle prime dichiarò di accettare quello che si sarebbe potuto raccogliere, sia per amore, io penso, alla sua città, sia per entusiasmo dell’arte, sia per riverenza al Grande che dovevasi onorare” (1).
E il 6 maggio, in occasione del “VI centenario della Visione Dantesca” vi fu la scopertura del monumento: “Il cortile del Vittorio Emanuele presentava un aspetto bellissimo: gli archi, le colonne, i poggiuoli abbelliti da gai drappi rossi, da trofèi di bandiere e da lunghe corone di alloro, appese in giro; e poi, sopra, i corridori popolati da signore e signori; sotto, i giovani di tutte le scuole secondarie pubbliche e parecchie private della città, e di alcuni istituti della provincia, di Monreale, di Cefalù, di Termini Imerese […] e da un lato il palco, adorno, delle autorità […] La scena era veramente bella! Fu un momento d’entusiasmo indicibile, quando la Marchesa Maria di Ganzaria scoperse, al suono della marcia reale, il busto dell’Alighieri. Pareva che agli applausi raggiasse la severa, bellissima testa del Poeta, guardando dalla bianca altezza dei marmi i giovani, che stavano accalcati intorno, lui vissuto in un tempo pieno di mali e di angoscie, e, questi destinati a formar l’avvenire della patria, che il cuore allora augurava, nel dubbio momento che attraversiamo, prospero e sereno”.
Se nel catalogo della mostra dedicata a Mario Rutelli (2) all’opera è dedicata solo una citazione, è nella premessa di Franco Grasso che troviamo la giusta definizione per inquadrare l’opera, in quella “folla di personaggi illustri, di creature affascinanti, di figure emblematiche, di mitici fantasmi che, se interrogati, rivelano gli ideali e le vicende, la cultura e il gusto del tempo e dell’autore, il quale con straordinaria perizia e vivida fantasia ha dato forma a tutta questa materia”.
Rutelli inaugurava il nuovo secolo all’apice del successo, a un decennio dalla presenza all’Esposizione nazionale di Palermo del 1891-92 con un nutrito gruppo di opere (il Cristo in croce, l’Infanzia, i ritratti in bronzo del marchese di Torrearsa e del duca di Salaparuta, e i gessi per Vanni Fucci, per il pittore Paolo Vetri, Il leone di Caprera e il gruppo Gli iracondi).
Nel 1892 aveva avviato in città la “Fonderia artistica siciliana Rutelli”, prima opera la fusione in bronzo del gruppo Gli iracondi per la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, e quindi i bassorilievi de Lo sbarco dei Mille a Marsala e La battaglia al ponte dell’Ammiraglio per il monumento equestre di Garibaldi a Palermo. E tra le decine di opere di quegli anni ricordiamo qui soltanto l’altorilievo bronzeo raffigurante L’apoteosi di Vittorio Emanuele II per il foyer del teatro Massimo (1897).
Nello stesso 1900 Rutelli lavorò a Roma per la fontana delle Naiadi di piazza dell’Esedra (1901) “una delle più belle fontane moderne di tutta Europa”, e per il monumento a Nicola Spedalieri (1903), oggi in piazza Cesarini Sforza. L’abbinamento ideale è però certamente con l’opera che Rutelli realizza a Palermo per il Giardino all’Inglese, dedicando a un altro grande scrittore italiano il marmo di “un umanissimo Edmondo De Amicis che stringe con la sinistra il famoso Cuore”.
Ma soffermiamoci, a questo punto, sull’opera. Il “cortile del Vittorio Emanuele” è quello, com’è noto, del Collegio Massimo della Compagnia di Gesù, a quella data ancora con la pavimentazione originaria, con disegni geometrici realizzati con ciotoli di diverso colore, circondato dal quadriportico con loggiato dei primi del XVII secolo; rigore tardomanieristico, in cui l’alto podio si inserisce perfettamente nella assialità percepita sin dal grande portone sul Cassaro, e con l’altezza ragionata sull’inquadramento nell’arcata retrostante.
Due bassi gradini alzano l’opera rispetto al piano della pavimentazione, quattro plinti, digradanti e con le superfici diversamente trattate, aumentano ancora l’altezza della base del piedistallo, finemente lavorato a strisce orizzontali che ne fanno vibrare la superficie e sul cui fronte a leggerissimo rilievo sono ancora leggibili nei caratteri tipici del liberty la data (VI MAGGIO MCM) e la dedica (A DANTE), su cui poggiano i tre volumi (di cui sembrano potersi sfogliare le pagine e con i titoli a rilievo sui dorsi) sfalsati per indurre una sensazione di rotazione che fa apparire, finalmente, il busto quasi come appena voltatosi a guardare l’osservatore. Sensazione accresciuta dalla posa del volto e dalla direzione dello sguardo, diretto verso un punto preciso, quasi a invocare una “reciprocità” tra il poeta e il suo ammiratore. Volto marcato, quasi carnoso, con i tipici segni dell’iconografia dantesca, il profilo e il cappello legato sotto la gola, la mantella aperta e la blusa abbottonata: una perfetta esecuzione, a conferma della “straordinaria perizia” di Rutelli.
Sia nella fotografia del 1900 che in quella del 1924 (3) il busto è adorno di una corona d’alloro che, a ben osservare le due immagini e avendo in entrambe e a due decenni di distanza la stessa forma e posa soprattutto nella rigidità dei nastri, potrebbe essere stata in metallo.
Meno di un decennio dopo, l’11 aprile 1908, alle spalle dell’Alighieri, sarà collocato in un sottarco un altro busto, dedicato stavolta a Giosuè Carducci (4), che non sopravviverà alle bombe del 1943: la fotografia del 1924 ci consente, per fortuna, di vedere entrambe le opere.
Il busto, ben più piccolo di quello dell’Alighieri, era “opera di Antonio Ugo (5) che pensò il maestro e lo fermò nel marmo come uno spirito magno dell’antica Roma”. La realizzazione fu promossa da “due giovani, secondati con unanimità di consenso dai compagni con la usata generosità del Comune” e voluta perché “vogliamo vederne la cara e fiera e buona immagine accanto a quella del gran padre Alighieri, che il Rutelli scolpiva: vogliamo trarne dall’uno e dall’altro gli auspici per la scuola e per la vita”.
Se aggiungiamo il ricordo del giovane Luigi Pirandello studente (6), sul finire dell’Ottocento, del Liceo, possiamo quasi immaginare i tre grandi scrittori “animare” il cortile, le scale, le aule.
Abbiamo chiesto a Michela Sacco Messineo, professore ordinario di letteratura italiana dell’università di Palermo, di aiutarci a meglio leggere l’iniziativa palermitana nel contesto del “Sesto centenario della visione dantesca”.
“Questa preziosa testimonianza, fra le poche di cui resta traccia delle numerose e svariate celebrazioni palermitane nel suo costituire un ulteriore tassello dell’ermeneutica dantesca in quegli anni, va studiata con la dovuta attenzione. Il volume – afferma la studiosa – raccoglie quattro delle relazioni sulla Commedia svolte in quell’anno, precedute dalla introduzione dal titolo Cronaca della festa a firma del preside del liceo Vittorio Emanuele di allora, Carlo Canili, fra i più attivi organizzatori di quelle manifestazioni nelle scuole. I licei si tassarono per contribuire alla realizzazione dell’opera, il suggestivo busto di Alighieri poggia sui volumi di alcune delle sue più note opere, con richiamo esplicito alla sua fisionomia di pensatore politico oltre che di poeta e filosofo. È questa una delle prime testimonianze marmoree del Novecento, presto replicate in molte città italiane”.
Ma come si era arrivati a queste celebrazioni palermitane, in una città in cui fin a poco tempo prima si stentava a organizzare l’attività di un “Comitato” dantesco?
L’autore della Commedia rappresentava ormai un’icona della identità nazionale. Questa nuova fisionomia contribuiva a diffondere più capillarmente l’organizzazione di comitati ormai presenti in quasi tutte le città in rappresentanza della Società dantesca fiorentina, di cui a fine Ottocento era presidente Pasquale Villari. Lo storico, in data 24 maggio 1898, aveva sollecitato Giuseppe Pitrè, suo sodale e amico, a farsene carico per la capitale della Sicilia, dove il Comitato esistente dal 1894 non era considerato molto attivo. Ma il folklorista era titubante e poco convinto.
Il rinnovato interesse per Dante nell’Isola non veniva però solo alimentato dalle sollecitazioni della Società fiorentina.
Vi aveva in un certo senso contribuito, pur se indirettamente, anche Giovanni Pascoli, che insegnava in quegli anni nell’Università di Messina e proprio fra 1898 e il 1902 scriveva i suoi saggi danteschi, La Minerva oscura, La mirabile visione, Sotto il velame. E nel febbraio del 1900, in occasione dei festeggiamenti per il VI anniversario del viaggio dell’autore della Commedia, leggeva presso la Società Dante Alighieri di Messina un memorabile discorso, La Sicilia di Dante, in cui insisteva sull’importanza dell’isola nell’universo dantesco.
E in quegli anni Palermo viveva la sua Belle époque.
“La città, pur fra enormi contrasti e arretratezza sociale, si andava rivitalizzando culturalmente fino a dotarsi di splendide opere come la costruzione del teatro Massimo, l’apertura dello splendido albergo di Villa Igiea, due dei luoghi che ospitarono gli avvenimenti legati alle manifestazioni dantesche. Alcune delle conferenze più significative, come gli applauditi interventi sulla Commedia di Francesco Torraca, si svolsero nel foyer del teatro Massimo e alcuni dei ricevimenti legati alla presenza di conferenzieri ospiti, nel salone liberty del Grand hotel”.
Note:
1 Carlo Canili, NEL SESTO CENTENARIO DELLA VISIONE DANTESCA. LE SCUOLE SECONDARIE DI PALERMO. MAGGIO MDCCCC., Remo Sandron Editore, Milano – Palermo, 1900
2 Mario Rutelli, a cura di Franco Grasso. Civica Galleria d’Arte Moderna, Palermo, 1998
3 Sala Contarini, G. Notizie intorno all’istituto. in Annuario del R. Liceo Ginnasio Vittorio Emanuele, anno scolastico 1922-23. Palermo, 1924.
4 Troviamo la descrizione dell’evento, non dell’opera, nel volume Inaugurandosi il busto a Giosuè Carducci nel R. liceo-ginnasio Vittorio Emanuele di Palermo il giorno 11. aprile 1908 di Antonio Faiani, stampata a Palermo, “a cura degli insegnanti e alunni del R. Liceo Ginnasio Vittorio Emanuele per iniziativa dei Professori U. A. Amico e V. Vaccaro”, nel 1908. L’unica copia schedata nell’OPAC di SBN è conservata presso la Biblioteca comunale di Calatafimi, e riporta la dedica e l’autografo dell’autore.
5 Più “moderno” del Rutelli, Antonio Ugo aveva allora 38 anni: il busto del Carducci, quasi certamente sin qui inedito, non figura nel catalogo delle sue opere più note.
6 Luigi Pirandello frequentò il Liceo tra il 1882 e il 1886, vedasi il volume Luigi Pirandello, Conchiglie ed Alighe, Piccole Prose, Spigolature storiche, edito dalla Regione siciliana, Polo regionale di Agrigento per i siti culturali nel 2018.