Detenute ma anche attrici: il teatro al servizio delle donne al Pagliarelli di Palermo
La compagnia Oltremura è il laboratorio d’arte che dal 2015 si rivolge alla sezione femminile del carcere portando in scena spettacoli e drammaturgie autoprodotte
Il carcere Antonio Lorusso Pagliarelli, da luogo di espiazione a canale di cultura e produzione teatrale. Tutto questo è possibile grazie al lavoro costante della compagnia Oltremura che mette in primo piano la ricerca dell’identità della persona e soprattutto della propria femminilità.
Sono le donne le vere protagoniste di questa realtà ormai consolidata all’interno dell’istituto penitenziario palermitano e che dal 2015 coinvolge un numero sempre più in crescita di detenute che per la prima volta si approcciano al mondo del teatro in un contesto in cui le libertà della persona sono limitate.
«Il carcere è un terreno estremamente fertile per la sperimentazione – spiega Claudia Calcagnile anima della compagnia – perché è un luogo in cui la vita ha bisogno di potersi esprimere e comunicare».
Pugliese di nascita ma palermitana di adozione, Claudia è la direttrice l’ideatrice del progetto, con un background lavorativo improntato alla ricerca di attori che vivono in contesti di marginalità.
Nel 2018 la compagnia debutta al grande pubblico con lo spettacolo autoprodotto dal titolo “In stato di grazia”, che ha visto le attrici calcare anche il palcoscenico del teatro Biondo di Palermo. Un successo che ha trovato ulteriore riscontro a livello nazionale nella selezione per la rassegna nazionale di teatro in carcere “Destini incrociati” nel 2019.
Liberamente ispirato a “La lunga via di Marianna Ucria”, di Dacia Maraini, “In stato di grazia” è la seconda produzione della compagnia in cui volti, corpi, storie e stralci di poesia si fondono in un’unica voce che in silenzio precipita buia, senza quiete, verso un matrimonio che si deve celebrare.
Marianna: madre che piange la morte del figlio, moglie che cerca la via di fuga dalla costrizione, rincorre il tentativo di andare oltre se stessa, di sentirsi altrove, per poi trovarsi nuovamente immutata, dissimile, replicabile, come carta ricalcabile. Difficile dire dove finisca la vita di Marianna e cominci l’autobiografia delle attrici di quest’opera che è al tempo stesso momento di verità e riflessione sulla loro condizione. Ma che il progetto faccia parte di ognuna di loro è un dato di fatto: «Un’attrice – dice la regista – ha deciso, proprio in occasione di questa esperienza al teatro Biondo – di anticipare il rientro dal permesso premio».
Quello di Claudia Calcagnile è un laboratorio che subisce fortemente l’impatto delle condizioni carcerarie perché le attrici detenute possono essere trasferite o scarcerate, e lì si adegua, muta forma e rinasce ogni volta. Le difficoltà iniziali nell’interagire con persone che non hanno mai recitato in vita loro vengono immediatamente superate dalla mole di lavoro che richiede uno spettacolo costruito attraverso un processo creativo di drammaturgia collettiva, senza un copione predefinito.
Quelle di Oltremura sono infatti sceneggiature con un fortissimo impatto visivo, che nascono in itinere all’interno del laboratorio stesso, plasmandosi proprio sulla pelle delle attrici che ne prendono parte. I vestiti, le ambientazioni e i materiali utilizzati donano ad ogni performance un carattere unico e una sfumatura colore irripetibile.
Quello della risignificazione di sé e dello spazio è il tema centrale del laboratorio e sul quale si lavora costantemente per abbattere, mediante il processo creativo degli spettacoli, i confini reali che limitano il raggio di azione della persona all’interno di un istituto penitenziario.
Nonostante il lockdown a causa del Covid 19 abbia sospeso i lavori del laboratorio, la compagnia è rimasta comunque al fianco delle donne lanciando una open call dal titolo “Libere in camera”, sul tema della trasformazione. Un’idea rivolta alle donne che in questa quarantena hanno voluto contribuire alla ricerca del progetto di Oltremura condividendo sui propri social una foto o un testo ispirato al tema, accompagnato dagli hashtag #libereincamera e #oltremuralab. Il materiale sarà quindi oggetto di prossima pubblicazione.
Il messaggio è forte e chiaro: ogni donna deve sentirsi libera di esprimere una propria parte interiore, anche mediante la fotografia.
Il progetto diretto da Claudia Calcagnile si compone infatti di una matrice fotografica che parallelamente alle prove dello spettacolo di “In stato di grazia” ha dato vita al percorso di Francesco Paolo Catalano, esperto di immagine.
A metà tra lo storytelling e il surrealismo visivo, la fotografia di Catalano ha permesso di testimoniare il passaggio dalla persona al personaggio teatrale mettendo in camera la vita nelle sue più inaccessibili sfaccettature.