Distanziamento sociale: aumentano casi di ansia e depressione, soprattutto negli adolescenti
Il cosiddetto distanziamento sociale a causa del Covid-19 sta facendo ammalare l’intero sistema. Gli esperti parlano di effetti da sindemia, i maggiori danni si ripercuotono soprattutto tra gli adolescenti.
La parola alla psicoterapeuta Maria Lisma
Distanziamento sociale vs distanziamento sanitario
Quella del Covid-19 è una società che si sta ammalando su più fronti, lentamente e spesso inconsapevolmente, ma a farne le spese sono soprattutto gli adolescenti.
Se è vero che le parole sono importanti, più che di “distanziamento sociale” si dovrebbe parlare di “distanziamento sanitario”, imposto cioè dall’emergenza pandemica. O semplicemente di un distanziamento che, per quanto necessario, ha costretto l’individuo ad isolarsi, a nascondersi dietro uno schermo per continuare a comunicare con il mondo. Questo è stato il primo passo verso il baratro della solitudine che, in alcuni casi, ha portato a depressione e a tentativi di suicidio anche tra i più giovani.
È qui che il Covid-19 ha colpito su più fronti collateralmente: nella mente.
Cos’è la sindemia
La sindemia è l’insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall’interazione sinergica di malattie trasmissibili e non trasmissibili, caratterizzata da pesanti ripercussioni, in particolare sulle fasce di popolazione svantaggiata. Il Paese (e tutto il mondo, sebbene con gradazioni differenti) è sottoposto a dura prova e il Servizio sanitario nazionale fronteggia una situazione senza precedenti, alla quale deve adattarsi con rapidità e capacità di reazione immediate.
A fare il punto sulla condizione attuale dal punto di vista psicologico è Maria Lisma, psicologa e psicoterapeuta: «Il Covid-19 non riguarda solo una condizione sanitaria, ma produce conseguenze economiche, relazionali, interpersonali. Il virus si è trasformato in una malattia dell’intero sistema». Lisma ha spiegato con un’immagine chiara la ripercussione del virus nelle vite di ognuno: il Covid-19 si infiltra come acqua in una spugna. Questo per dire che non lascia scampo a nessuno. L’intero sistema della collettività è messo a dura prova, ma ad avvertirne i colpi sono soprattutto gli adolescenti in cui la dimensione della solitudine ha sortito i primi effetti.
Conseguenze psicologiche degli adolescenti al tempo del Covid-19
Essere adolescenti ai tempi del Covid-19 non è una sfida da affrontare da soli nel buio della cameretta. Sono aumentati le sintomatologie ansiose, depressive e disturbi di somatizzazione, per molti, inoltre, si è verificato un calo significativo del livello di autostima. Di quest’ultimo caso si ha diretta contezza nella didattica a distanza, in cui molti ragazzi non si fanno vedere in schermo perché hanno difficoltà nel sentirsi guardati e paura di non essere accettati.
Tra i 10 e i 16 anni, nella cosiddetta età dello sviluppo, tutto è amplificato. Quello che circonda l’adolescente sembra prendere la forma di ostacoli insormontabili, barriere a qualsiasi sogno o desiderio. È l’età dei primi amori e della scoperta di se stessi a livello sessuale. Tutto ciò è messo fortemente a repentaglio dalle misure anti Covid-19, che limitano quello di cui invece l’insieme di queste emozioni adolescenziali si nutre: il contatto con i coetanei.
«Quello che stiamo riscontrando è un aumento della dimensione della solitudine, elemento costante amplificato – ha commentato la psicoterapeuta – e a fare scattare l’allarme è che si tratti di una solitudine piena di virtuale, cioè dietro uno schermo».
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I segnali d’allarme per famiglie con adolescenti al tempo del Covid
I segnali d’allarme che destano i primi sospetti di un disagio a livello psicologico degli adolescenti sono avvertiti in prima battuta dalla scuola e solo successivamente dai genitori.
Il calo del rendimento scolastico è tra questi, e richiama subito l’attenzione dell’insegnante che avrà così premura di comunicarlo alla famiglia.
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Quello che desta la maggiore preoccupazione degli esperti, e che si fa largo tra i giovanissimi, è invece il cutting cioè una forma di autolesionismo su parti del corpo facilmente raggiungibili, procurata dalla lama, per lo più di temperamatite.
«Dicono di farlo perché il dolore fisico consente di dimenticare quello mentale», ha spiegato Maria Lisma. Il genitore può scoprirlo accidentalmente trovando un lenzuolo o un accappatoio sporchi di sangue.
A questi si aggiunge il cambiamento delle abitudini alimentari: così c’è chi mangia tutto il giorno e chi non mangia per niente. Collegato al ritmo alimentare è il sovvertimento del circolo circadiano con lo stare svegli fino a tarda notte: cosa fa un ragazzo o una ragazza fino a così tardi? Questa è la domanda che ogni genitore dovrebbe porsi nei confronti dei propri figli e preoccuparsi soprattutto nel caso in cui la risposta immediata dell’adolescente sia: “guardo video”. Internet può essere un mondo irto di insidie per i più piccoli, che nessun genitore dovrebbe evitare di affrontare, per il bene dei propri figli.
I pericoli di Internet per gli adolescenti aumentano ai tempi del Coronavirus
Gli esperti parlano di solitudine virtuale che in alcuni casi sfocia in gesti estremi, come quello di Palermo che ha visto vittima una bambina di 10 anni alle prese con una sfida mortale lanciata tramite l’applicazione Tik Tok.
I ragazzi aggirano con molta facilità il cosiddetto parental control. Essere genitori è difficile, soprattutto nel discernere cos’è bene da cosa non lo è per la salute dei figli.
Il genitore di un adolescente, oggi, spesso non si sente abbastanza adeguato alle circostanze ma è bene avere il polso fermo, ha affermato senza indugio Lisma: i social non riguardano solo i ragazzi ma anche i genitori.
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Per spiegare questo passaggio l’esperta usa un esempio chiaro: quando un bambino comincia a camminare il genitore mette le mani intorno al bacino per non farlo cadere, così quando muove i primi passi in bicicletta. Quando però il bambino si tuffa nel mondo virtuale il genitore non l’accompagna più. Questo è cruciale, ha spiegato la psicoterapeuta, perché equivale a dire che la persona in questione può cavarsela da sola, ma non è così. Il genitore è la bussola dei figli, anche quando si tratta di iniziare un processo di alfabetizzazione dei nuovi mezzi di comunicazione.