L’Inghilterra e le sue sovrane
Storie di donne dalla tempra inossidabile, ma anche coraggiose, vive e intraprendenti
Le donne, nelle vicende della monarchia inglese, hanno avuto sempre un ruolo fondamentale.
Nel XVI secolo, Enrico VIII promosse lo scisma anglicano, sull’onda del rifiuto del pontefice di annullare il matrimonio con Caterina D’Aragona, per sposare la sua amante, Anna Bolena, che lo aveva convinto che l’erede che portava nel grembo era un maschio. Da questa unione nascerà invece una bambina, Elisabetta, che si affiancherà in linea di successione ad un’altra donna, Maria, e Anna Bolena lascerà la sua testa sotto la scure del boia nella Torre di Londra.
Dopo il regno assai breve del giovanissimo Edoardo, prende le redini Maria. Per farlo, deve fare giustiziare un’altra donna: Lady Jane Grey, la figlia della duchessa del Suffolk, che era stata nel frattempo dichiarata regina. Maria pensa che la missione affidatale dal destino sia riportare l’Inghilterra nell’alveo della Chiesa cattolica. E per realizzarla usa le maniere forti facendo giustiziare centinaia di suoi oppositori e guadagnandosi così l’appellativo di bloody Mary.
Invero, Maria la sanguinaria aveva mal interpretato i segni del destino: un matrimonio politicamente sbagliato con il futuro Filippo II re di Spagna e un tumore ovarico cancellarono sia il suo progetto di restaurazione cattolica che la possibilità di avere un erede che continuasse la sua linea di successione. Il trono reale passò quindi ad un’altra donna, Elisabetta I, sopravvissuta a tutti gli intrighi di corte e alla mannaia del boia regio che operava nella Torre di Londra.
La monarchia inglese e la svolta di Elisabetta
Elisabetta pose le premesse politiche e sociali per la costruzione della potenza economica, commerciale e politica dell’Inghilterra. Sopravvissuta al vaiolo, aveva elaborato un progetto politico per l’Inghilterra nel quale non trovò posto un marito, in quanto era convinta che una sua scelta nei confronti di un pretendente rispetto ad un altro avrebbe avuto conseguenze nefaste per il futuro della nazione. Gli uomini, Elisabetta li utilizzava: li illudeva di aver conquistato il suo cuore ma, nel momento in cui non rientravano nel contesto del suo progetto politico-istituzionale, li affidava alla scure del boia della Torre di Londra.
Le fortune dell’Inghilterra si costruiscono dunque sulle donne. Dopo Elisabetta I – l’altra regina che, con la sua personalità, influenzò la spinta espansionistica dell’Inghilterra anche nei confronti dell’India (di cui, nel 1876, diventò imperatrice) – fu la regina Vittoria che segnò a tal punto la sua epoca che questa venne definita “vittoriana”. Una personalità complessa, che ebbe accanto a sé il marito, Alberto. Il quale ebbe grande influenza su di lei e si può dire che Vittoria fu una grande regina proprio in quanto ebbe accanto un uomo come Alberto.
Anche con l’ascesa al trono dell’attuale regina d’Inghilterra, a Elisabetta II venne affidato il compito di rimettere nella linea di successione al trono una donna. L’abdicazione di suo zio Edoardo VIII fu provocata dall’impossibilità di fare accettare come sua sposa l’americana Wallis Simpson, con due divorzi alle sue spalle e con una personalità fortissima. Scegliendo di mantenere il rapporto con la Simpson, il re fu costretto ad abdicare senza un erede legittimo e, quindi, divenne sovrano d’Inghilterra il fratello minore Giorgio VI, padre di Elisabetta.
La madre è Elizabeth Angela Marguerite Bowes-Lyon: la “regina madre” un’altra donna che ebbe un ruolo fondamentale nel supportare suo marito nel difficile compito di essere re d’Inghilterra durante il sanguinoso conflitto mondiale. Giorgio VI era un sovrano timido, balbuziente e insicuro che trovava in lei un rifugio sicuro. Con la sua forte personalità, la “regina madre” infuse coraggio all’intera nazione e rimase a Londra anche nel periodo dei terribili bombardamenti nazisti.
Una donna eccezionale, Elizabeth, di grande cultura, che ho avuto occasione di incontrare nel 1988 in occasione del suo viaggio in Sicilia a bordo dello yacht Britannia grazie al quale toccò Catania, Siracusa e infine Palermo. Uno dei luoghi che a Palermo volle visitare fu il Palazzo dei Normanni.
Chi scrive, capo di Gabinetto del presidente Salvatore Lauricella, venne incaricato di fare da cicerone alla Regina madre. Il percorso fu centrato, su espressa richiesta di Elisabetta, sulla sala di Ruggero e sulla torre Pisana. Le domande erano pertinenti e incalzanti sui normanni, sui simboli, su cosa avessero fatto in Sicilia.
Conosceva molto bene il greco e mi pose delle questioni specifiche sui frammenti di mosaico sopravvissuti dopo i pesanti interventi di ristrutturazione borbonica, dissertando sull’iconografia bizantina adottata nella rappresentazione nell’esaltazione della conquista della Sicilia da parte dei normanni. Parlammo anche di alcune analogie tra i mosaici “laici” siciliani della sala di Ruggero e le rappresentazioni dell’arazzo di Bayeux.
Un incontro indimenticabile, che mi è rimasto impresso nella memoria e che ho condiviso con un’altra donna di eccezione quale era la signora Lina Lauricella.