Economia e uso sociale del libro a Palermo tra medioevo ed età moderna
La ricorrenza annuale della Giornata mondiale UNESCO del libro e del diritto d’autore è stata l’occasione per realizzare a Palermo una giornata denominata La via dei librai che non solo ha trasformato il Cassaro alto in una libreria a cielo aperto ma ha innescato in modo virtuale moltissime altre iniziative che hanno avuto come comune denominatore l’oggetto libro. L’Officina di studi medievali si è fatta promotrice di un seminario di studi dal titolo Economia e uso sociale del libro a Palermo tra medioevo ed età moderna.
Insieme a Nicola Cusumano abbiamo effettuato alcune letture focalizzando due temi: la costruzione tra ‘500 e ‘600 della rete di commercializzazione in Sicilia della merce libro con un intervento dal titolo dal Bazar alla libreria specializzata; la individuazione del ruolo delle biblioteche e dei circuiti librari come strumento per il riformismo settecentesco con una conversazione su Biblioteche e circuiti librari nella Palermo del XVIII secolo.
Utilizzando il modello strutturale francese, ho cercato di approfondire il primo obiettivo di ricerca che mi ero posto cioè di ricostruire il funzionamento della struttura della commercializzazione della merce libro in Sicilia delineandone i tratti essenziali.
La commercializzazione delle opere a stampa nell’isola, si articola su tre livelli differenti nei quali si utilizzano professionalità diversificate e cioè: il mercante intermediario che gestisce la distanza tra le aree di produzione tipografica europee con il mercato siciliano grazie alla rete di agenti e di commissionari predisposta per la commercializzazione di altri tipi di merci; il mercante di città che compra dall’intermediario-grossista e vende al minuto e che si trasformerà in uno specifico mercante-operatore culturale denominato librarius: l’ambulante cioè il venditore che opera nel circuito delle fiere spostandosi dall’una all’altra, trasportando le merci su un animale da soma o sulle spalle e assicurando, in assenza di botteghe strutturate sul territorio, una distribuzione capillare del prodotto. Questi tre protagonisti non agiscono come monadi indipendenti, ma sono collegati tra di loro da una rete di rapporti commerciali e finanziari, funzionale alla costruzione del mercato librario regionale.
Al vertice della struttura di commercializzazione siciliana del Cinquecento sta il mercante intermediario la cui azione si deve misurare con un mercato del libro discontinuo e modesto, la cui caratteristica è di non essere così «ampio e continuo a sufficienza in modo da consentire ai mercanti di specializzarsi trattando un’unica merce o rivolgendosi ad una sola area di vendita o a svolgere una sola funzione commerciale».
I centri di produzione tipografica che riforniscono la Sicilia sono diversi, ma si caratterizzano per il fatto che la compensazione tra le diverse partite di giro in dare e avere è attuata utilizzando un meccanismo di compensazioni di credito e di transazioni commerciali dove il libro è trattato alla stessa stregua di qualsiasi altro tipo di merce. La rete di distribuzione del libro in Sicilia si costruisce nel Cinquecento sulla dorsale di commercializzazione che unisce Venezia con Messina, da dove la merce si ridistribuisce verso la Calabria, Catania e Palermo. A loro volta questi centri assicurano la copertura delle aree da loro tradizionalmente servite per la fornitura di altri tipi di merci come i panni o i metalli. Una situazione che cambia nel Seicento quando si aprono nuovi canali di importazione del libro che si affiancano a quelli di Venezia, dando la possibilità a Palermo di potere trovare nuovi equilibri commerciali non condizionati dallo scalo messinese.
(Per chi volesse approfondire il tema della commercializzazione del libro in Sicilia tra ‘500 e ‘600 può consultare l’allegato pdf strutture libro)