Editoriale – L’uso politico della memoria come antistoria
Tira una brutta aria antiunitaria nelle istituzioni locali del paese, regioni e comuni del Mezzogiorno in particolare. Il 4 luglio il Consiglio regionale della Puglia approva quasi all’unanimità, con pochissimi dissensi trasversali e col favore di partiti di destra, di centro e di sinistra, una mozione presentata dal M5S per ricordare le vittime meridionali dell’Unità d’Italia, i paesi rasi al suolo e promuovere convegni ed eventi atti a rammentare i fatti in oggetto, coinvolgendo anche istituti scolastici di ogni ordine e grado.
E’ solo l’ultimo atto, per ora, di un’impressionante sequenza iniziata il 13 febbraio. In quel giorno il M5S deposita presso il Consiglio regionale della Campania la mozione per le vittime dell’Unità. Il documento prevede l’istituzione di una “giornata della memoria” nell’anniversario della resa di Francesco II a Gaeta (13 febbraio 1861) per ricordare i meridionali morti nel processo di annessione e ristabilire una verità assente nei manuali scolastici. La mozione è sostanzialmente la stessa che, tra febbraio e marzo, farà capolino in altre istituzioni regionali come Abruzzo, Molise, Basilicata, Sicilia e in molti comuni. Nello stesso periodo Sergio Puglia del M5S presenta analoga proposta al Senato della Repubblica: nel suo intervento sostiene che al Sud i piemontesi si sono comportati nientemeno come i nazisti a Marzabotto e nello stesso calderone, a supporto della sua tesi, mette insieme i nomi di Gramsci, Montanelli e Aprile.
Poteva mai mancare all’appuntamento il sindaco della nostra città? Giammai. Così il 20 aprile De Magistris propone di revocare la cittadinanza onoraria, conferita in precedenza dal municipio, al generale Enrico Cialdini. Il Consiglio, fatto assai grave, all’unanimità la vota. Era stata già avanzata la richiesta di rimuovere il busto di Cialdini dalla Camera di Commercio. E in un esaltante “cupio dissolvi” il testo originale prevedeva anche la rimozione del busto di Cavour. Nello stesso mese il Consiglio comunale napoletano chiede alla Commissione cultura di valutare la creazione di una giornata per il ripristino della verità storicae della memoria dell’unificazione nel Mezzogiorno. Grazie all’intervento della presidente della Società Napoletana di Storia Patria, Renata De Lorenzo, e della contemporaneista Marcella Marmo, l’assessore Nino Daniele giunge a più miti consigli e fa congelare la delibera.
Era necessario passare in rassegna questo meticoloso inventario perchè esso restituisce le giuste proporzioni di un fenomeno che non può essere scambiato per folklore o per manifestazione isolata di gruppi marginali. E’ in atto un tentativo di soggetti politici di provenienza diversa: quello cioè di assumere la rappresentanza di un vittimismo meridionale che sposta e proietta gli effetti e le ragioni del malessere, derivante da una condizione generale di crisi, in un diffuso sentimento antiunitario.
Questi soggetti giocano sporco per allargare il consenso alla loro politica. Sovrappongono la memoria alla storia: o, meglio, l’invenzione della tradizione, il mito dell’età dell’oro borbonica con i suoi presunti primati, la conquista del Sud da parte dei coloni piemontesi, il fantasioso numero delle 100mila vittime meridionali immolate all’obiettivo dell’unificazione, ai risultati della più accreditata ricerca scientifica. Così neoborbonismo e populismo vanno a braccetto nell’uso pubblico dell’antistoria: e stanno diventando ingredienti non opposti ma complementari di nuove modalità di ricerca del consenso, a cui non è certo estraneo il sindaco de Magistris.
Bisogna ragionare attentamente su questo vero e proprio salto di qualità che sta investendo la rappresentanza dei territori e le istituzioni locali nel Mezzogiorno, col rischio di una nuova, profonda frattura. E, francamente, di tutto ha bisogno il nostro paese tranne che di questo.