Editoriale – Vittime dell’Unità
Tra storia e memoria collettiva non c’è identità . La prima è una forma di conoscenza fondata su un metodo scientifico, sull’analisi e l’interpretazione critica di fonti e documenti. Il rapporto presente-passato è necessario. Sono i problemi del presente che inducono a considerare e riconsiderare i fatti del passato. Ma esso non può mai essere schiacciato strumentalmente sull’attualità. La memoria invece è un insieme complesso e a volte contraddittorio di sentimenti e risentimenti; ha a che fare con la sfera emotiva, che spesso falsa l’immagine e la rappresentazione del passato. Per tutti questi motivi è assai difficile costruire una “memoria condivisa”.
L’unificazione politica dell’Italia fu un evento doloroso, perchè ogni processo storico violento e accelerato implica danni e vittime. Ma fu, al tempo stesso, inevitabile e necessario: inevitabile, perchè portò a compimento l’obiettivo e la volontà di una parte non marginale del nostro paese che lottò per realizzare il trinomio patria-nazione-libertà ; necessaria, perchè fu l’unico modo per integrare un piccolo Stato e un insieme di piccoli Stati nel concerto dell’Europa più avanzata.
Detto questo, sia pure in estrema e schematica sintesi, risulta allora chiaro come sia una facile scorciatoia l’uso politico della memoria, con rischi conseguenti di falsificazione della storia: soprattutto oggi in cui il discrimine fra destra e sinistra, fra valori e ideali dell’una e dell’altra, sia sempre più labile e difficilmente riconoscibile.
E allora tutto va bene per la conquista del consenso: anche l’uso strumentale e contraddittorio dei punti di riferimento per nobilitare, si fa per dire, il politico di turno che si è precipitato a salire sul carro delle vittime del Risorgimento e dell’Unità. Così il senatore Paglia, nel presentare la sua mozione all’assemblea legislativa, ha messo insieme i nomi di Antonio Gramsci, Indro Montanelli e Pino Aprile. Facciamo allora un pò di chiarezza. Gramsci, in tutti i suoi Quaderni del carcere, pur interpretando il Risorgimento come rivoluzione agraria mancata, non ha mai negato il valore progressivo dell’Unità italiana. Montanelli ha avuto il merito di abile divulgatore, ma, al tempo stesso, ha preso non poche cantonate sul piano del giudizio storico. Pino Aprile è certo un fenomeno editoriale da studiare, capire attentamente e da non prendere sotto gamba, visto che ha venduto centinaia di migliaia di copie dei suoi libri. Napoletanismo, neoborbonismo, duosicilianismo, terrorismo, insomma le argomentazioni e il linguaggio alla Aprile hanno successo al Sud come al Nord dell’Italia perchè fanno leva sull’autodifesa dell’identità per differenza nel mondo globalizzato, sul rifugio nostalgico in quella mitica età dell’oro rappresentata, nel caso del Mezzogiorno, dal periodo borbonico. Naturalmente si tratta di prospettive velleitarie, prive di qualsiasi possibilità di realizzazione e, soprattutto, assai pericolose perchè alimentano spinte separatiste e lacerazioni del quadro unitario nazionale.
La consigliera regionale del M5S Valeria Ciarambino, nel suo intervento su questo giornale, ha dimentica che il 17 maggio a Portici si è svolta una giornata di incontro fra politici e intellettuali per lanciare la mozione per la memoria delle vittime dell’Unità. A quell’incontro sono intervenuti, fra gli altri, lo scrittore Pino Aprile, il presidente del movimento neoborbonico Gennaro De Crescenzo, giornalisti e diversi rappresentati del M5S. Una strana alleanza, che certo non accredita i grillini come fautori di ideali unitari.
La Ciarambino conclude il suo intervento inneggiando alla conoscenza come principio di ogni libertà e al recupero della consapevolezza della nostra storia A me pare che gli strumenti, le alleanze, le vie adottate dal M5S vadano in tutt’altra direzione: strumentalizzare la memoria, far leva su sentimenti e risentimenti come via maestra per allargare la sfera del consenso politico. Ma, per favore, lasciamo stare la storia che è ben altro!