Elites transnazionali
“Sistema imperiale spagnolo” e “integrazione dinastica” sono due costrutti storiografici in intima connessione tra di loro: costituiscono quasi un’endiadi. Il primo costrutto, ampiamente circolante da qualche decennio nella ricerca storica e nel dibattito internazionale, sta a rappresentare il massimo sviluppo della potenza iberica, tra l’età di Filippo II e quella di Filippo IV, come una “catena di comando”, fondato: sull’unità religiosa e politica garantita da una prestigiosa dinastia; la presenza di una regione-guida, la Castiglia; il tendenziale coordinamento fra le direttrici del centro dell’impero e le sue applicazioni-traduzioni nelle periferie dei reinos; sottosistemi che come potenze regionali sono chiamati a svolgere funzioni strategico-militari ed economiche fra loro coordinate, dalle quali dipende la conservazione dell’intero impero (l’Italia è un sottosistema); l’egemonia nelle relazioni internazionali. Fondamentale per questa formazione politica sovrastatuale e sovranazionale, al tempo stesso unitaria e interdipendente nelle sue parti, è il processo di “integrazione dinastica” che coinvolge soprattutto le nobiltà dell’impero: cioè l’adozione da parte della Corona di tutti quegli strumenti atti a rafforzare la fedeltà dei sudditi aristocratici e a meglio cementare il loro consenso alle strategie politiche dei sovrani asburgici. E’ questo un aspetto della complessiva strategia del compromesso fra Corona e aristocrazie che caratterizzò il governo spagnolo in Europa nella prima età moderna, attraverso la gratificazione delle esigenze dello status nobiliare e l’acquisizione di lunga durata della fedeltà nobiliare.
Il processo di integrazione dinastica presenta, fra XVI e XVII secolo, due volti diversi. Cambiano mezzi, procedure, figure della mediazione fra monarchia e aristocrazia dall’età di Filippo II a quella di Filippo IV, ma il fine è lo stesso. Sotto Filippo III e Filippo IV sono i validos ad amministrare la grazia del re, a controllare la concessione di feudi e titulos, ad occupare quasi totalmente la sfera della gestione del potere e della sua redistribuzione.
Come l’impero è un sistema di circolazione fra il tutto e le parti fra loro interdipendenti, così l’integrazione dinastica consente alle aristocrazie “nazionali” di inserirsi, soprattutto attraverso la partecipazione alle campagne militari, nei diversi teatri di guerra della monarchia spagnola e partecipare alle strategie di politica internazionale. In questo senso le aristocrazie diventano transnazionali.
Ad illustrare attraverso una vicenda esemplare il processo qui assai schematicamente descritto è ora il volume di Maria Anna Noto, Eliktes transnazionali. Gli Acquaviva di Caserta nell’Europa asburgica (secoli XVI-XVII), Franco Angeli, Milano 2018.
Scrive con chiarezza esemplare l’autrice: “L’esperienza che si offre alle nobiltà del sistema imperiale, proprio grazie alla natura sistemica della Monarchia spagnola, è l’integrazione in un universo aristocratico internazionale, in cui hanno modo di svilupparsi molteplici sensi di appartenenza, sia di tipo convergente sia di tipo divergente: la convergenza è favorita dall’unico fulcro, cui tutti tendono e da cui tutti dipendono, cioè il sovrano; la divergenza è determinata dalla specifica provenienza nazionale di ciascuno, intrisa di valori comunitari e costituzionali, salvaguardati nel rapporto di soggezione alla Corona e dei quali i ceti dirigenti si sentono tutori”.
La Noto ci racconta la storia degli Acquaviva di Caserta, ramo degli Acquaviva d’Aragona, dalla sua fondazione con Baldassarre Acquaviva che cementa la fedeltà alla Spagna e consolida il patrimonio feudale, al conseguimento del principato da parte di Giulio Antonio, all’apogeo del casato con Andrea Matteo Acquaviva, “aristocratico del Regno, aristocratico d’Europa”, doppia fisionomia conseguita attraverso la partecipazione intensa alle campagne militari, le reti internazionali, le alleanze matrimoniali, fino all’estinzione del ramo casertano con l’ultima erede, Anna.
Caratteri ricorrenti di questa storia sono la vocazione alla milizia e all’arte della guerra come tratto saliente di status; l’unitaria visione della stirpe con gli Acquaviva che dimorano nei propri feudi ma sanno proiettarsi sulla scala internazionale; la venerazione per il duca Giulio Antonio, trucidato dai turchi nell’eccidio di Otranto del 1481 e considerato martire della cristianità; l’autorappresentazione di una famiglia perfettamente allineata agli Asburgo di Spagna.
Tipico esempio della capacità, dimostrata dall’aristocrazia del Regno di Napoli, di integrarsi nella grande trasformazione politica dei primi decenni del Seicento – l’ascesa cioè dei validos, prima Lerma poi Olivares – è Andrea Matteo, principe, consigliere di Stato, insignito del titolo del Toson d’oro, nei campi di battaglia a servizio della Corona. E’ il simbolo di un compiuto processo di integrazione dinastica.