Eretiche. Donne che riflettono, osano e resistono
Note su un libro recente di Adriana Valerio
Il volume di Adriana Valerio presenta un accurato studio su alcuni profili muliebri vissuti dai primi secoli del Cristianesimo fino all’età Contemporanea. Nelle pagine iniziali l’autrice riprende quella condizione di «subalternità femminile rispetto all’uomo» (p.43); tuttavia non manca di focalizzare il discorso sui tentativi di affrancamento compiuti da alcune donne tramite la predicazione. Si tratta di esempi orientati verso iniziali forme di indipendenza, che trovano una precisa collocazione nella profezia montanista e nei volti delle profetesse Massimilla, Priscilla o Quintilla. Per gli anni relativi al Basso Medioevo, vengono invece selezionati specifici casi di misticismo, profetismo e martirio. Di Margherita Porete, Margherita Boninsegna da Trento, Guglielma da Milano e Giovanna d’Arco, Valerio restituisce un’organica dissertazione sui motivi per i quali queste ultime vennero sottoposte all’attenzione dell’Inquisizione e al supplizio del rogo. Contestualmente, nel volume viene messo in risalto il ribellismo che coinvolse numerose donne appartenenti ai diversi strati della società basso medievale (Merlo, 1989; Orioli, 2004; Dufrasne, 2009; Benedetti, 2019). Ciò consente al lettore di ripensare alla storiografia che, a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, si è ampiamente preoccupata di investigare i caratteri dei movimenti ereticali medievali dimostrando l’effettivo coinvolgimento della componente femminile. D’altra parte, le opere di Raoul Manselli, Cinzio Violante, Herbert Grundmann, Gioacchino Volpe, Ovidio Capitani e Giovanni Grado Merlo hanno notevolmente contribuito nel chiarire il ruolo rivestito dalle donne nei fermenti sociali, religiosi e politici che investirono i comuni medievali. Relativamente al XVI secolo, l’autrice riconsidera il coinvolgimento delle nobildonne Giulia Gonzaga, Isabella Bresegna e Renata di Francia nei fermenti della Riforma Protestante. L’interpretazione si pone in continuità, presentandosi come una ragionata sintesi, con alcuni studi che, a partire dal secolo scorso, hanno intimamente indagato il contatto tra queste nobildonne e «il germe del luteranesimo» (Fontana, 1889; Rambaldi, 1992; Bainton, 2000; Pierce, 2003; Fragnito, 2004; Felici, 2015; Rambaldi, 2015; Tomassone, Valerio, 2018). A tali studi hanno fatto seguito le indagini di Marina Caffiero, Michela Valente, Massimo Moretti, Isabel Harvey, Giuseppina Minchella, Francesco Vitali e Benedetto Fassanelli. Inclusi in un interessante volume miscellaneo, i contributi di questi studiosi hanno messo in evidenza il variegato mondo femminile che, situatosi ai confini dell’ortodossia, della libera predicazione, dell’adesione alle idee di matrice riformata e dell’affettata santità, si presentava con singolare arguzia, in contesti sociali costantemente differenti, al cospetto dei giudici della fede. Ciò che è stato dimostrato – tramite un rigoroso impiego di specifiche fonti archivistiche – è come alcune inquisite, strumentalizzando l’attribuita condizione di deficienza – imbecillitas sexus – tentassero un dialogo paritetico con i giudici della fede. Tentativo che, contrariamente, determinò quasi sempre un durissimo braccio di ferro con la controparte inquisitoriale (Caffiero, Lirosi, 2020; Berger, 1968; Dalla Torre, 1983). Anche Adriana Valerio si sofferma sul serrato conflitto tra la componente femminile e lo zelo degli inquisitori. Questo elemento, nel volume, si dimostra non certamente limitato ai secoli della modernità, ma gradatamente si intensifica nella fase di accentramento del potere pontificio durante e successivamente al processo di unità nazionale. Nella rinnovata lotta contro il centralismo curiale emerse, durante il XIX secolo, la viva partecipazione di alcuni gruppi femminili. L’attività associazionistica che nel mondo protestante coincise, durante l’età del Risveglio, con la nascita delle «case delle diaconesse» (Rubboli, 2011) si mostrava votata principalmente ad opere caritative. Tuttavia, come opportunamente sottolineato nella seconda parte del volume, questa azione non mancò di sfociare in pratiche spesso orientate alla libera predicazione e dunque deprecabili in quanto non sottoposte al vaglio della curia pontificia. Impiegando la ricca letteratura sul pontificato di Pio X siamo in grado di risalire a quegli specifici ordinamenti che, contestualmente al Modernismo, colpirono uomini e donne non adeguatesi al dogmatismo preposto da Roma (Vian, 2012). D’altra parte, sedimentati proprio sullo sfondo della Pascendi Dominici Gregis – e dalle successive disposizioni di Benedetto XV (Renzi, 2009) – rimanevano i profili di quelle donne ritenute dalla Chiesa come ai limiti dell’ortodossia cattolica. Al riguardo, Adriana Valerio restituisce un lucido affresco delle sofferte vicende di Antonietta Giacomelli, Elisa Salerno, Sorella Maria, Maria Montessori e Marie Deluil-Martiny. Queste ultime furono infatti vittime di continui interdetti da parte della Curia divenendo, a più riprese, testimoni di uno scontro indiscutibilmente di lunga durata. D’altra parte, a chiudere il volume è proprio l’interessante bilancio sulle eresie del XXI secolo e sulle nuove disposizioni degli ambienti clericali in materia di fede. L’autrice chiarisce come l’attenzione della Congregazione per la dottrina della fede (1965) sia andata riponendosi, specialmente a partire dagli anni 2000, nelle cause di falsa santità e, in modo particolare, intorno alla «questione dei ministeri» (p.141). Ne emerge un quadro dettagliato, ampiamente suffragato dagli esempi concreti presenti nel volume, relativo a quei gruppi e associazioni femminili presenti soprattutto in Germania e in Francia. Sono proprio questi che oggi vengono interpretati dalla Chiesa Cattolica come focolai attivi di «nuove eresie».