E Franca Viola disse no. Storia di una donna che cambiò l’Italia
Dopo cinquantaquattro anni dal suo rapimento, la donna di Alcamo rimane simbolo di coraggio per quel suo rifiuto che determinò un cambiamento sociale
Più di cinquant’anni fa ha squarciato il velo di omertà dietro cui si celavano soprusi e violenze subiti dalle donne. Lo chiamavano “matrimonio riparatore”, in realtà era l’ennesima prova di forza nei confronti di chi quel matrimonio non lo voleva affatto.
Era l’Italia post fascista, quella del dopoguerra, divisa tra un nord che cresceva economicamente e un sud inghiottito nelle viscere della sua terra di polvere e fango. La Sicilia era l’emblema di un Paese spaccato in due: da un lato la questione meridionale delle terre e dall’altro quella delle strade asfaltate e insanguinate di delitti eccellenti.
Correva l’anno 1965 e in questa terra in cui i diritti delle donne erano gli ultimi dei problemi da affrontare, c’era lei, Franca Viola, una ragazza di appena 17 anni di un piccolo paese in provincia di Trapani, Alcamo. Con il suo “no” portò nelle aule del tribunale l’uomo che l’aveva rapita e violentata. Perché, alla fine, c’era sempre la scappatoia del matrimonio a mettere tutto a posto.
Il 26 dicembre di quell’anno. Filippo Melodia, con la sua banda di amici, si presenta a casa Viola e, dopo aver distrutto tutto e gravemente malmenato la madre, porta via Franca e il fratellino. Le si è aggrappato alle gambe nel tentativo di proteggerla, e dopo un po’ è rispedito a casa. La giovane, invece, tenuta prigioniera prima in un caseggiato isolato e poi in casa della sorella del suo aguzzino, ad Alcamo. Racconterà in seguito di essere rimasta digiuna per giorni e di essere stata violentata. Appena due anni prima, i due erano stati fidanzati con il consenso dei genitori, ma le condanne penali a carico di Filippo Melodia avevano convinto il padre di Franca a rompere il fidanzamento.
Il giorno di capodanno, il padre di Franca viene contattato dai parenti di Melodia per la cosiddetta paciata: un incontro che, in pratica, mette la famiglia davanti al fatto compiuto. E obbliga, in maniera nemmeno poi tanto sottintesa, a far accettare ai genitori della ragazza le nozze dei due giovani. Il padre e la madre di Franca, d’accordo con la polizia, fingono di acconsentire alle nozze riparatrici, ma il giorno successivo la polizia irrompe nell’abitazione, libera Franca ed arresta Melodia e i suoi complici.
Franca Viola aveva detto “no”. La donna che aveva subito le violenze perpetrate da quell’uomo ha rifiutato qualsiasi compromesso che la società dell’epoca avrebbe giustificato pur di mascherare l’onore oltraggiato. Filippo Melodia è stato condannato per violenza carnale, violenza privata, lesioni, minacce e per il ratto a scopo di matrimonio. Dopo avere scontato la sua pena è stato ucciso nei pressi di Modena da ignoti nel 1978 con un colpo di lupara.
I commenti tratti dall’archivio della Stampa dimostrano il clima di quiescenza all’epoca dei fatti: “il ratto in Sicilia è l’unico sistema perché due fidanzati possano coronare il loro sogno d’amore”, dichiarava l’avvocato di Filippo Melodia.
“Noi – sono ancora le sue parole a conclusione della sua arringa – deprechiamo questo episodio di costume. Ma sarebbe ingiusto che, mentre voi giudici vi accingete a bonificare un ambiente, Filippo Melodia, figlio di questo ambiente, pagasse in modo sproporzionato per colpe che, obiettivamente, non sono soltanto sue”.
La storia di Franca è stata fonte di ispirazione per molti tra cui il cantautore Otello Profazio, che ne ha fatto canzone con “La regina senza re”, e ancora il regista Damiano Damiani che ha girato un film nel 1970 con Ornella Muti, dal titolo “La moglie più bella”.
Una storia che in breve tempo raggiunge il Vaticano: Franca Viola, dopo avere incontrato in udienza papa Paolo VI, nel 2017 viene ricevuta anche da papa Francesco.
Continua a vivere ad Alcamo, ha sposato l’uomo che ama e ha due figli. Ha cambiato le sorti delle donne italiane. Nel suo piccolo ha cambiato la storia di un paese intero.