I rifiuti nella Giornata mondiale della Terra?
Come pensare, in modo concreto e fuori dalla retorica, al tema dei rifiuti nella giornata mondiale della Terra? Semplicemente recuperando una visione integrata e ricordando l’ABC di quel che si può fare.
Preliminarmente giova evidenziare, al di là della auspicabile riduzione/prevenzione e riutilizzo dei rifiuti, che assieme al riciclaggio e al recupero rientrano nell’ambito della «economia circolare», ad oggi, stante la selva normativa e le poche “azioni” finora intraprese, le operazioni più immediate sono quelle del riciclaggio e del recupero dei rifiuti: se non si cambia davvero, allora il rischio è della sola circolazione di… «carte»!
Com’è noto, le quattro direttive europee del «Pacchetto sull’economia circolare» recepite con altrettanti decreti legislativi, tra i quali, per quanto riguarda i rifiuti, assumono importanza il d.lgs. 3 settembre 2020, n. 116 e il d.lgs. n. 121 propongono una «economia circolare» che, per l’appunto, va meglio indagata e compresa, al di là dei tanti proclami, se non maschere, persino ideologiche, addirittura etiche, fors’anche inscritte nelle strategie di riprotezione del mainstream economico..
Si caldeggia e si condivide l’esigenza di riconversione economica e degli stili di vita, riconsiderando altresì il nostro rapporto con la natura e con gli squilibri, tra il capitale naturale e costruito dall’uomo, in un mondo che va considerato come «un’unica famiglia», piuttosto che assecondare ciecamente mere esigenze geopolitiche e di mercato.
Evitiamo però di arruffare genericamente e indistintamente tutto e tutti nella distruzione della natura: peraltro ancora va spiegato «perché gli individui spesso prendano decisioni che chiaramente non sono nel loro interesse. Non va certamente a nostro vantaggio procurarci una fine prematura, ma nonostante tutte le informazioni disponibili sui pericoli del cancro ai polmoni e dell’obesità, continuiamo a fumare e a mangiare cibi grassi. Argomenti simili sono stati addotti per il cambiamento climatico e l’inquinamento provocato dall’uomo».
Abbisogna quindi definire, nuove strategie negli obiettivi di salvaguardia ambientale e socio-economici, se non nuove teorie, partendo necessariamente da diversi approcci.
L’approccio dovrà essere integrato e interdipendente tra la sostenibilità ambientale e quella economica, nella ricerca di un equilibrio e consapevoli del «limite entro il quale l’alterazione all’ambiente può essere ritenuta sostenibile», in una ricollocazione umana che dismetta «una volta per tutte quella visione manichea che separa cielo e terra, spirito e materia, anima e corpo» considerando altresì che «la giustizia ambientale è inseparabile dalla giustizia sociale».
Uno degli aspetti più stimolanti della materia ambientale rimane l’interdisciplinarietà, influenzata dall’olismo ecologico.
Nell’economia del presente scritto ci limitiamo ad evidenziare i principali nodi che riguardano i rifiuti collegati alle tematiche prima accennate.
Anzitutto, la fondamentale questione del «limite» delle risorse, donde la necessità di ridurre gli sprechi; la necessità di rivedere (se non cambiare) la produzione e il consumo, con l’analisi del ciclo di vita dei prodotti; l’attingimento a nuove risorse per la produzione, ad es. composti con le risorse riciclate/recuperate dai materiali dei rifiuti, il che porta ad un diverso mercato e sistema di approvvigionamento. Sono materiali ovviamente non più considerati rifiuti (ad es. EoW) o, ancora, che non sono stati giuridicamente considerati sin dall’origine rifiuti (es. sottoprodotti).
Prima ancora, si ricorra alla c.d. «bioeconomia» nella progettazione e alla diversa composizione/utilizzazione dei beni, ma anche dei servizi che producono rifiuti. Tutto questo, tra altro, potrà consentire: l’indipendenza dalle forniture estere, come pure dai mercati e dai loro prezzi, l’offrire maggiori alternative tra le fonti non più fossili, bensì rinnovabili/compostabili. Come conseguenza non potranno che migliorare: le emissioni in atmosfera, il Co2, l’acqua, gli scarti, etc., al contempo riducendosi gli impatti ambientali. Ulteriori effetti positivi si potranno verificare anche per il problema della cementificazione, della sottrazione dei terreni agricoli per la realizzazione di impianti (ad es. rifiuti), piuttosto che insediarli nelle aree da ripristinare (ex cave, discariche e aree da bonificare, etc.).
Altre potenzialità connesse al sistema del riciclo/recupero, possono avvenire con gli appalti verdi di cui al codice degli appalti (D.Lgs. 18 aprile 2016, n.50) si tratta del c.d. Green Public Procurement (GPP), cui afferiscono anche i cosiddetti criteri ambientali minimi (CAM), ovvero delle indicazioni tecniche del Piano d’Azione Nazionale per gli acquisti pubblici sostenibili (PAN GPP).
Come accennato in esordio, al di là degli slogans, le strategie incidenti direttamente sui meccanismi produttivi di degrado ambientale, la prevenzione (ma non solo), si collocano nel lungo periodo.
Come già notato in altra sede, le finalità e gli obiettivi come quantificati e tempificati, di riduzione, riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti (sintetizzate nelle famose «4 R») nonostante la volontà del legislatore e l’impegno di molti operatori rimangono difficilmente concretabili nel medio periodo.
Ora si deve comprendere che: al di là delle note questioni giuridiche che si intersecano con le regole tecniche; dei recenti interventi operati col metodo tariffario Arera, nei suoi riflessi sul servizio pubblico locale e sulla governance; delle porosità tra le operazioni di smaltimento (all. «D» alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006) e le operazioni di riciclaggio e recupero (allegato «C» alla parte IV del d.lgs. cit.); dei successi nei raggiungimenti degli obiettivi della raccolta differenziata; delle carsicità (ancora oggi trascurate) che si aprono attraverso gli impianti intermedi, il commercio e l’intermediazione dei rifiuti (emblematicamente quelli di cui al codice EER 191212), è necessario un intervento più avveduto, sia a livello nazionale, che nei successivi livelli territoriali, onde consentire la messa in coerenza il sistema e l’avvio di sane incentivazioni per gli operatori di settore, cosiccome per i produttori dei rifiuti.
Pur vero, in parte qua rimangono trascurate le problematiche della disciplina REACH (Registration Evaluation Authorisation of Chemicals: registrazione, valutazione, ed autorizzazione delle sostanze chimiche) nel loro rapporto con le normative ambientali, sottraendo molti prodotti all’orbita della riciclabilità/recuperabilità. Si tratta di una disciplina imposta ai prodotti, ma anche alle materie prime secondarie (come sintomaticamente avviene nei decreti EoW, col CSS, etc.), che invece non si applica ai rifiuti. Altri problemi, connessi al riciclaggio/recupero, scaturiscono dalla disciplina sugli inquinanti organici persistenti (PoPs) nei loro limiti e concentrazione massima ammissibile (Cfr. Regolamento europeo 1021 del 2019, allineato alla Convenzione di Stoccolma del 2004) e dal decreto Mattm 15 maggio 2019, n. 62 sui PAP (pannolini, pannoloni ed assorbenti).
Rieccoci alla progettualità dei materiali, alla loro produzione, alla loro commercializzazione al loro consumo. Se veramente si vuole sviluppare una industria del riciclo, non basta operare con lo spauracchio di obiettivi fissati a mo’ di bandierine in una mappa bellica.
Certo bisogna coinvolgere più soggetti competenti (non tanto le competenze formali, quanto quelle manageriali), prevedendo la possibilità di contribuire ai congrui investimenti nel settore, consentendo una tempistica che riesca a contemperare le lungaggini burocratiche, con i cronoprogrammi realizzativi e della messa in esercizio di impianti, delle attrezzature, know how, etc.
Tutto ciò non senza scegliere tra diverse opzioni nel «bilancio tra i costi economici ed effetti esterni (..) considerando anche il fatto che le opzioni che hanno apparentemente un minore impatto ambientale possono essere tecnicamente non realizzabili, eccessivamente negative per il benessere e la qualità di vita della popolazione, ricche di effetti esterni negativi non immediatamente percepibili, eccessivamente costose rispetto ai benefici».
Nella circostanza della giornata mondiale della Terra, quali possono essere ulteriori attività volte ad agire sui rifiuti, oltre alla riduzione degli impatti ambientali come prima accennato? Va affrontato il problema della qualità del materiale.
Ad esempio, concentrandoci sulle biomasse. Esse sono la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprese sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani. Questi ultimi vengono assunti intorno al 40% del totale dei rifiuti urbani prodotti (al Sud la percentuale è notoriamente maggiore rispetto al Nord Italia).
Il recupero di materia da questi rifiuti avviene in impianti di compostaggio (con processi vari, ad es. di decomposizione aerobica delle sostanze organiche) e di trattamento intermedio (anche se per esperienza siamo contrari per la produzione di compost al ricorso degli impianti di trattamento meccanico biologico, detti «TMB»), a seconda delle caratteristiche dei rifiuti trattati potrebbero essere impiegati come ammendante (ove si ottenga un compost di qualità da matrici selezionate alla fonte, utilizzabile in agricoltura e nel florovivaismo per migliorare la qualità del terreno) o per impieghi paesistici, insomma si tratta di materiale teoricamente utilizzabile anche per la limitazione della erosione e desertificazione.
Da sfondo rimangono le esigenze di una vera incentivazione e di aiuti fiscali, in una economia vieppiù finanziarizzata, più ancora serve cultura, ricerca e interdisciplinarietà, perché la formazione e l’istruzione assumono «una importanza vitale per contrastare il calo di tensione morale», nella «pratica della libera discussione non infrenata da alcun presupposto dogmatico», rassegnandoci, se necessario, a «una cultura della minore ricchezza (..), di un benessere più limitato», abbiamo in effetti bisogno di «una crescita diversa».
Infine, occorre rileggere l’economia con la lente dei diritti umani, ma non solo perché «Un approccio incentrato sulla liberà può concorrere a una visione adeguatamente ampia ed estensiva delle esigenze degli esseri viventi», ciò non senza un «governo partecipativo (..secondo..NdR) una curva di apprendimento in ogni tipo di azione sociale (..) nel dibattito, la regolamentazione, la fiducia, la generosità e la pazienza (..quali..NdR) modi di reclamare ciò che il mercato ci ha sottratto sul piano psicologico (…) nel problema di come fare a potenziare il nostro politico (..facendo..NdR) leva su più immaginazione, più creatività e più coraggio».