Quando Palermo cacciò gli studenti ebrei dall’Università
La Shoah attraverso gli occhi dei ragazzi
Venivano da tutta Europa ed erano più di tremila gli studenti di origine ebraica che frequentavano gli atenei italiani. Più di cinquanta all’Università di Palermo, fino a che il sogno di diventare dottori non svanì con l’approvazione delle leggi razziali.
A loro sono dedicate le iniziative che domenica 26 e lunedì 27 gennaio vedranno i saloni dello Steri arricchirsi di documenti, fotografie, lettere e testimonianze di chi quel dramma di perdere tutto in un soffio lo ha vissuto.
Correva l’anno 1938 e il rettore dell’Università degli studi di Palermo, Giuseppe Maggiore, percorreva in pompa magna l’atrio della facoltà di giurisprudenza accerchiato dalla milizia fascista.
«La vita universitaria è un aspetto della vita nazionale, oggi sentiamo che l’Università non può essere apolitica cioè agnostica cioè assente dalla vita nazionale. Occorre una chiara coscienza razziale che stabilisca non soltanto delle differenze ma delle superiorità altissime. L’ebraismo, nemico inconciliabile del fascismo, e siffatte considerazioni giustificano le misure antisemitiche adottate dal gran consiglio, misure che non rappresentano una persecuzione ma attuano una campagna di energica profilassi della vita nazionale».
Recitavano così le parole scandite durante il suo discorso di apertura dell’anno accademico del 12 novembre 1938 e ricostruito grazie al lavoro dell’archivio storico di Ateneo.
“Gli studenti ebrei e l’Università di Palermo ai tempi del fascismo” è infatti il titolo della mostra che sarà inaugurata domenica 26 gennaio alle 11 nella Sala delle Verifiche dello Steri.
Si intitola invece “Ruah. Il respiro di Dio” lo spettacolo che aprirà il pomeriggio di domenica 26 alle 16, con la regia di Sabino Civilleri e gli allievi della Scuola dei Mestieri del Teatro Biondo e gli studenti del Cds Dams.
I nazisti dicevano ai prigionieri dei lager: «ammesso che voi riusciate a sopravvivere non vi crederà nessuno». Sarà invece l’aprirsi all’immaginazione della pagina più dolorosa del passato a divenire canale di comunicazione con l’arte e ponte fra le generazioni.
Guardare al Giorno della Memoria dalla parte degli studenti permette di far venire in luce le loro storie, la loro quotidianità di ragazzi universitari, la voglia di viaggiare e conoscere il mondo per imparare. Palermo era per loro un’opportunità di crescita intellettuale.
È stata la riforma Gentile del 1923 ad aprire le porte degli atenei italiani ai ragazzi stranieri che ne facevano richiesta, con l’ausilio di benefici, agevolazioni e borse di studio. «Possiamo dire che dal 1920 al 1939 – racconta Alessandro Hoffmann – si sono iscritti all’Università di Palermo più di sessanta ragazzi di origine ebraica». Una ricostruzione del percorso di studi di questi studenti a cui sta lavorando il professore ha permesso di scoprire che cinquanta di questi erano ebrei stranieri, la maggior parte dei quali si laureavano in medicina: ben trentaquattro di essi sono diventati medici.
Si ricordano i quattro fratelli Ovazza, tra cui il politico Mario Ovazza e il professore di ingegneria applicata alle macchine Elia Ovazza. «Le carte universitarie arrivano fino a un certo punto e quindi l’idea è di tentare di capire che fine hanno fatto questi ragazzi. Due di loro, Józef Lewsztein e Chaia Chasis, sappiamo che sono stati sicuramente assassinati», ha concluso Hoffmann. Ed è proprio alla loro memoria che verrà dedicata la targa nell’atrio dello Steri lunedì 27 gennaio alle 18,30.
Sulla scia di questo stesso spirito di memoria che diventa consapevolezza, il 7 novembre 2019 il consiglio di amministrazione dell’Università ha trasformato quello che era il “premio Maggiore” per la migliore tesi di diritto penale in “Premi di laurea sulla migliore tesi sulla Shoah” con una borsa di studio di 500 euro alle due tesi di laurea migliori sul tema.