L’ultima leonessa. La vita di Giulia Florio attraverso gli occhi della figlia Costanza
Giulia Florio e Costanza Afan de Rivera: due donne della dinastia Florio a confronto e la storia di una famiglia che ha dominato la scena siciliana e nazionale del Novecento.
Giulia Florio, per tutti “Giugiù”
Giulia Florio è nata a Palermo il 20 aprile del 1909, a villa Olivuzza, nella lussuosa dimora dove l’impronta della dinastia segnò la storia di un’epoca. Era la quinta figlia di Ignazio e donna Franca, i quali erano talmente certi che dovesse essere un maschio il fututo nascituro, da non avere neppure pensato a un nome femminile. Alla fine optarono per uno di quelli usati già in famiglia e la chiamarono Giulia, detta Giugiù.
La giovinezza di Giugiù
A raccontare di lei è la figlia Costanza nel libro “L’ultima leonessa” edito Sperling & Kupfer, in cui emerge la figura di una madre che da giovane sapeva cosa volesse e in ogni circostanza esprimeva posizioni e punti di vista chiari: impossibile farle cambiare idea. Appassionata di musica, aveva avuto la fortuna di avere come maestro di pianoforte Giacomo Puccini.
La sorella Igiea, terzogenita di Ignazio e donna Franca, era stata tutto per Giugiù, quasi una mamma. In effetti Donna Franca, battezzata dalla cronaca del tempo “la regina di Palermo”, aveva un modo tutto suo di essere madre. Bellissima e carismatica, ma molto provata nella sua esperienza di maternità a causa dei precedenti lutti.
La morte che colse nella prima infanzia i due figli (Giovanna e Ignazio, “Baby boy” morirono rispettivamente a 9 e 5 anni) è stata definita la causa determinante della loro rovina. Ignazio non era più lo stesso, racconta l’autrice, tanto da trasformarsi da finanziare a dissipatore, accentuando altresì il suo essere un marito infedele.
Giulia Florio, una donna emancipata
Giugiù era nata durante il declino dell’impero economico dei Florio e negli anni difficili in cui le abitudini della famiglia cambiarono inesorabilmente, lasciandosi alle spalle lo sfarzo della Belle époque. Si trasferisce a Roma, dove può stare più vicina alla sorella Igiea che aveva intanto sposato il duca Averardo Salviati. Studia e decide di voler lavorare, senza aspettare di trovare l’uomo giusto con cui creare una famiglia e avere dei figli da crescere, per finire a ricamare all’uncinetto dal pomeriggio fino all’ora del vespro.
Era bravissima a parlare le lingue straniere e trovò subito un’occupazione alla Sezione propaganda del ministero degli Esteri con il compito di elaborare il materiale da diffondere presso la stampa estera. Erano gli anni dell’Italia fascista.
L’amore con Achille Belloso Afan de Rivera Costaguti
Il loro incontro rende giustizia a chi sogna un amore da favola tra un giro di valzer e uno sguardo che rende quel momento indimenticabile. Il 6 luglio 1939 la chiesa di San Patrizio, a Roma, risplendeva della luce riflessa di Giulia che convolava a nozze con Achille de Rivera Costaguti con cui ebbe cinque figli. Costanza fu l’ultima.
Gli anni della guerra e la salvezza delle famiglie ebree
Durante le persecuzioni razziali del 1943, Giulia e Achille consentirono a molte famiglie ebree di lasciare il ghetto di Roma approfittando della adiacente porticina di servizio di Palazzo Costaguti per uscire dall’altro portone che dava su piazza Mattei. Molte famiglie ricevettero asilo nel palazzo, sfruttando le intercapedini fra un piano e l’altro, fra le volte e le solette orizzontali. I nomi di Giulia Florio e del marito sono ricordati nel Giardino dei Giusti, in Israele, per avere salvato anziani, donne e bambini da un destino crudele.
Giugiù è morta nel 1989 all’Aurelia Hospital di Roma, e prima di esalare l’ultimo respiro espresse la volontà di vedere tutti e cinque i suoi figli insieme.
Costanza Afan de Rivera. Due generazioni a confronto
La chiamarono Costanza come la bisnonna, la madre di donna Franca. È nata a Roma nel 1950.
Lei stessa si definiva una ragazza indisciplinata. Era figlia del periodo delle contestazioni giovanili, quelle degli anni ‘70 , e Mamà – così Costanza usava chiamare sua madre Giulia – stringeva i denti nel vederla vestita da eversiva, con i jeans a zampa d’elefante strappati sulle ginocchia e un maglione sudamericano. Erano gli anni dei collettivi e delle occupazioni, e a lei la politica piaceva.
Nel 1974 ci fu il referendum sul divorzio e qui vennero fuori le due generazioni di donne Florio a confronto: Giugiù votò contro, la figlia invece a favore. Così successe anche sul tema dell’aborto. Giugiù era discendente del retaggio di una società che sottostava ai dettami del buon costume e alle regole imposte da un ordine delle cose che stabiliva le posizioni di ciascuno nella società. Maturava negli ultimi anni la convinzione di aderire al partito democratico italiano di unità monarchica.
La sua idea si contrapponeva ai modelli sfacciati di femminismo e piuttosto avanzava un’uguaglianza di genere insita nella natura stessa del genere umano, che non necessitava di riconoscimenti esterni.
Costanza invece faceva parte del mondo in cui tutto quello che non era valorizzato, come la questione femminile, doveva essere rivendicato a gran voce.
Costanza, che negli ultimi anni si era trasferita a Palermo dove ha avuto la cittadinanza onoraria dal sindaco Leoluca Orlando, si è spenta all’età di 70 anni il 15 settembre 2020. Si era battuta tanto perché il celebre dipinto con la collana di perle di sua nonna Franca, opera di Giovanni Boldini, restasse a Palermo (vedi articolo) e che la strada che porta al villino dei Florio a Palermo (via Gugliemo Oberdan) venisse intitolata a donna Franca.
Nella sua vita è stato sempre vivo l’impegno di custodire la memoria dei suoi genitori, che si è tradotto nel libro “L’ultima leonessa”.
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