Alla scoperta degli alberi di Palermo: un libro ne rivela la mappatura in città
L’appuntamento con gli autori Rosario Schicchi e Manlio Speciale venerdì 10 luglio alle 18 sotto il ficus dell’Orto Botanico
Un omaggio alla città, a chi ci vive e a chi la visita: “Gli alberi di Palermo” (pubblicato da Palermo University Press) non vuole essere una semplice guida al riconoscimento delle piante, ma una continua scoperta di come il verde urbano interagisce con la comunità.
Frutto del lavoro del direttore dell’Orto botanico, Rosario Schicchi, e del curatore, Manlio Speciale, il volume è un utile strumento per tutti coloro che desiderano imparare a riconoscere gli alberi che punteggiano i viali, i parchi e i giardini della città. “Gli alberi di Palermo” soddisferà le curiosità sia dei più esperti che dei semplici visitatori affascinati dalla bellezza degli straordinari esemplari presenti in città e spesso sconosciuti. Sono più di 150 le specie arboree e arbustive, ordinate alfabeticamente, e ognuna di esse è accompagnata da una dettagliata scheda tecnica che include anche le esigenze colturali, le curiosità e dove trovarla. Il supporto fotografico di Marco Zerilli contribuisce al rapido riconoscimento degli esemplari per confrontarli dal vivo e ammirarne la bellezza nelle diverse stagioni dell’anno.
Il libro verrà presentato venerdì 10 luglio alle 18 sotto il ficus dell’Orto botanico. Insieme agli autori, saranno presenti Fabrizio Micari, Magnifico rettore dell’Università di Palermo, Paolo Inglese, direttore del sistema museale d’Ateneo, Antonio Motisi, del corso di laurea magistrale in Architettura del paesaggio, e Andrea Sciascia, direttore del Dipartimento di architettura. A coordinare gli interventi sarà invece il giornalista Mario Pintagro. L’ingresso è consentito fino ad esaurimento posti.
«È un’occasione importante anche per riflettere sulla salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo razionale ed ecosostenibile delle nostre città, ma anche un dovere, in momenti come questi» commenta il rettore dell’università di Palermo, Fabrizio Micari.
“Le acque attraversano da tutte le parti la capitale della Sicilia, dove scaturiscono anche fonti perenni. Palermo abbonda di alberi da frutta […] e dentro la cerchia delle mura che tripudio di frutteti, quale magnificenza di ville e quante acque dolci correnti, condotte in canali dai monti”: con queste parole il geografo magrebino Al Idrisi nel 1139, ospite di Ruggero II, raccontava la bellezza di pan hormos.
Il Settecento è invece il periodo storico delle grandi trasformazioni urbanistiche e del dibattito scientifico e culturale. È il secolo del Grand Tour di Goethe, della nascita di Villa Giulia e dell’Orto botanico. Proprio per l’interesse scientifico di diverse istituzioni – in testa quest’ultimo – e la passione collezionistica privata sono stati piantati alberi esotici di grande impatto paesaggistico che nessuna altra città italiana può vantare.
«I nobili facevano a gara per introdurre piante nuove per adornare le loro ville e giardini e quindi hanno favorito l’introduzione di diverse specie – racconta Rosario Schicchi – come la Vachellia Karroo che figurava nella lista delle piante dei principi di Butera prima ancora che venisse diffusa all’Orto Botanico e in altre zone di Palermo».
Tra le piante più curiose, non può passare inosservato “il più grande pannello solare d’Europa”, come ama definirlo Schicchi, cioè il Ficus macrophylla columnaris presente a Villa Garibaldi e all’Orto botanico dove ricopre una superficie di circa 3000 mq. Piantato nel 1843, proviene dall’isola di Norfolk, in Australia ed è l’albero più grande del continente europeo.
«Alberi monumentali come i ficus connotano Palermo e sono veri e propri simboli della città, che in modo più evidente fanno emergere quanto il nostro territorio, ancora in grado di ospitarli, è patrimonio di inestimabile valore storico, culturale, paesaggistico e scientifico» commenta il rettore.
Sin dall’Ottocento invece, a fare breccia nel cuore dei palermitani, secondo Schicchi, è stata la Plumeria rubra, cioè la pomelia. Quasi non esiste balcone che non sfoggi i suoi fiori dal periodo estivo fino a quello autunnale.
Così come, anche se di epoca più recente, non possono passare inosservati, tra i viali della Villa Giulia o di via Archirafi, i fiori rosei dell’albero nazionale del Paraguay. cioè l’Handroanthus heptaphyllus, nota come Tabebuia per la notevole somiglianza di caratteri. Proveniente dall’America latina fece il suo ingresso all’Orto botanico nel 1982.
«Palermo è una città dal pollice verde ma potrebbe esserlo di più – afferma Schicchi, auspicando maggiore cura per il verde urbano – la natura è un impegno per la società, va mantenuto, va curato, e va portato avanti nel tempo, ha bisogno di manutenzione ordinaria e straordinaria».
Prof. Paolo Inglese Direttore del sistema museale dell’Università di Palermo Prof. Rosario Schicchi Direttore dell’Orto Botanico dott.ssa Teresa Mannino Amica dell’Orto – Comunicatrice Prof. Ninni Giuffrida Editore
Il libro edito da Palermo University Press, infatti, vuole essere anche una forma di educazione del cittadino alla vita delle piante, quella che manca al palermitano del 2020, secondo una critica puntigliosa e costruttiva di Paolo Inglese, direttore del sistema museale dell’università di Palermo, che aggiunge quanto il problema nasca da una cattiva istruzione familiare.
In questo spaccato della società l’ateneo riveste un ruolo di guida indiscussa: «La promozione del patrimonio paesaggistico e del rispetto per l’ambiente è per UniPa un’azione educativa – prosegue Fabrizio Micari – che coinvolge la comunità verso il progresso della qualità, della sostenibilità, dello sviluppo economico, della legalità e della coesione sociale per il nostro territorio e diventa valore da custodire per consegnarlo alle generazioni che verranno insieme ad un futuro possibile e migliore».
«Le piante arricchiscono l’anima di una città e la qualità della vita di ciascuno di noi», gli fa eco Inglese, che nella prefazione del libro diffonde il pensiero del filosofo bengalese Rabindranath Tagore, secondo cui gli alberi sono lo sforzo della terra per parlare al cielo in ascolto. La parola “vegetale”, insomma, è tutt’altro che sinonimo di inattività o mancanza di poesia.
L’osservazione di Inglese sull’evoluzione del rispetto del verde urbano a Palermo attraversa gli anni sin dal secondo dopo guerra, in cui la costruzione di parti della città è stata effettuata in totale disprezzo del giardino.
La sua è una critica amara che non si tramuta in rassegnazione: «Sono convinto, come altri intellettuali (tra cui Marco Martella, storico dei giardini e scrittore) che il verde sia un pezzo di storia e di futuro dell’uomo, luogo di importanza sociale e culturale rivoluzionaria fondante della città e del rapporto tra questa e la natura. Palermo vive i suoi giardini in modo distratto».
A fare riflettere Inglese sulla mancanza di responsabilità del cittadino medio circa la straordinaria bellezza arborea che lo circonda è proprio la totale passività degli abitanti davanti alla chiusura decennale di un parco, il Ninni Cassarà. Emblematico caso di una città che prova a rinascere puntando al verde e allo stesso tempo tiene i cancelli chiusi senza battere ciglio.
«Tutta la città nuova, da via Notarbartolo a viale Strasburgo, non è stata pensata minimamente nel rispetto della storia della città e del suo verde – continua Inglese – e c’è un altro caso paradossale a Palermo che tutti noi guardiamo e ignoriamo». Si riferisce al “giardino proibito” di villa Mazzarino, tra lo stadio Renzo Barbera e Villa Sofia: «C’è uno spazio verde dietro un muro. La villa dei principi di Mazzarino è ancora oggi uno spazio verde non fruibile e si vede da fuori con meravigliose piante, totalmente circondato da muri». Altro esempio riportato è anche l’Ospizio marino nella borgata dell’Arenella, un meraviglioso potenziale giardino sul mare dove invece un muro di cinta lungo la strada il guardo esclude.
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