Il furgone e, appeso all’albero, il “maresciallo” di Ustica. 13 morti sospette – Parte seconda
Nel 1986 Dettori venne inviato in Francia per un corso della durata di sei mesi presso il centro radar militare di Montagel, tra Nizza e Montecarlo. Durante la permanenza in Francia andò incontro ad un esaurimento nervoso per cui al rientro in Italia si affidò a uno psichiatra di Grosseto prendendo una serie di licenze per malattia. Al rientro in servizio non venne più assegnato al centro Radar ma fu, dai responsabili del Centro, destinato agli uffici amministrativi, collocazione che non gli fu gradita e che lo portò ad intentare una causa di servizio nei confronti dell’Aeronautica.
E a proposito del corso in Francia, nella citata intervista a Repubblica, la moglie del Dettori parla dei timori che il marito nutriva e che ebbe a manifestare quando ritornò dalla Francia prima dei sei mesi previsti per la durata del corso. Afferma infatti Carla Dettori: “Alberto doveva rimanere sei mesi in Francia ma alla fine di quell’estate tornò a Grosseto. Mi chiamò di notte era sconvolto: mi chiese se gli volevo bene. Dissi certo Albe’, ma cosa ti hanno fatto? Mi disse che vedeva sui muri la scritta “Il silenzio è d’oro e uccide”. Io gli dicevo di stare tranquillo e di tornare da noi. Andai a prenderlo alla stazione: Albe’ ma che c’hai? Lui mi fece cenno di tacere, poi a casa si mise a cercare microspie, smontò il telefono, un armadietto, mi fece togliere degli orecchini. Era anche sicuro di essere pedinato. Mi prese un braccio e disse: Lo vuoi capire che se io parlo toccano la nostra famiglia?”.
Qualcosa certamente era accaduto durante la sua permanenza in Francia. Dettori quindi aveva paura probabilmente in quanto minacciato da qualcuno perché mantenesse il silenzio su quanto aveva visto la notte in cui il DC9 era stato abbattuto nei cieli di Ustica. Mario Dettori forse era entrato in una vicenda troppo grande per lui e non soltanto era privo di sostegno da parte di chi tale sostegno avrebbe dovuto assicurargli ma, era fatto oggetto di pressioni e minacce perché, teste diretto e non smentibile, tacesse quello che la notte del 27 giugno 1980, mentre era in servizio alla base di Poggio Ballone, aveva visto sui radar e che lo aveva portato ad affermare che in cielo era stata sfiorata la terza guerra mondiale.
Il centro Radar dell’Aeronautica di Poggio Ballone riveste una importante posizione strategica della difesa aerea del nostro Paese. Le indagini condotte dalla magistratura a Poggio Ballone hanno portato alla luce tutta una serie di depistaggi e di ostacoli frapposti all’accertamento della verità da parte dei militari presenti in tale Centro nelle ore in cui si verificò la tragedia di Ustica, menzogne e depistaggi che portarono alla incriminazione di parecchi di costoro; e tra le menzogne, come si è visto, vi fu il tentativo di non fare comparire nella lista dei militari presenti nella base, al momento della strage, il nominativo del maresciallo Dettori, giustificando tale gravissima omissione con il fatto che al momento della redazione dell’elenco da fornire alla Procura, il Dettori era già morto. E ciò senza dire della scomparsa di documenti e registrazioni che avrebbero potuto aiutare gli inquirenti a ricostruire ciò che era avvenuto nei cieli di Ustica la notte del 27 giugno 1980.
Il giudice Priore infatti nella parte della sentenza-ordinanza dedicata al centro radar di Poggio Ballone scrive. “Un sito di eccezionale rilievo, del quale se si fossero conservati documenti e registrazioni, oltre che le memorie degli operatori, ben altro livello avrebbe potuto raggiungere la ricostruzione del disastro di Ustica e dei fatti connessi. Un sito, in cui più degli altri emerge che le carenze, le scomparse, le distruzioni non si sono casualmente verificate, ma sono state frutto di interventi ben meditati ed organizzati”
In una intervista rilasciata ad Andrea Purgatori sul Corriere della Sera, il capitano Mario Ciancarella, uno dei colleghi con cui Dettori si era confidato, riferisce di una telefonata ricevuta da quest’ultimo e nel corso della quale, agitatissimo aveva detto: “Comandante siamo stati noi a tirarlo giù. Siamo stati noi” e continua: “Lo bloccai subito : “ma che stai dicendo?. E lui: “E’ una cosa terribile…” Era sempre più agitato. Gli dissi “Guarda, ti rendi conto che è una cosa enorme, ci vogliono delle prove dei riferimenti”. E lui: “Io non le posso dire nulla, perché qua ci fanno la pelle”. Cercai di calmarlo, perché tanto più era agitato, tanto più poteva essere pericoloso per lui”. Queste affermazioni confermano come il Dettori vivesse un forte turbamento perché a conoscenza di qualcosa di estremamente grave cui aveva assistito la notte della esplosione in volo del Dc9 Itavia e come temesse, in quanto depositario di un terribile segreto, per la propria vita. Era senza dubbio un uomo la cui coscienza era tormentata da un segreto spaventoso.
Il Ciancarella, ex capitano dell’aeronautica in servizio alla base di Pisa fino al 1980, venne espulso dall’ Arma in quanto accusato di insubordinazione per avere fondato il movimento dei militari democratici. Nel Novembre 2016, 33 anni dopo, il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha dato mandato agli uffici competenti di procedere al reintegro del capitano Ciancarella, avendo il Tribunale di Firenze accertato che il decreto con il quale dopo la strage di Ustica era stato radiato, portava la firma falsa del presidente della Repubblica Sandro Pertini. Una vicenda di estrema gravità che potrebbe trovare una spiegazione nel fine di neutralizzare il suddetto militare depositario delle scottanti confidenze apprese dal collega Dettori.
E non va trascurato il fatto, altra strana coincidenza, che l’ex colonnello dell’Aeronautica, Alessandro Marcucci che aveva come il Ciancarella ricevuto le confidenze del Dettori e che insieme al Ciancarella indagava con discrezione sulla strage di Ustica, morì il 2 febbraio 1992 a Campocecina in uno strano incidente aereo. Il maresciallo Dettori infatti, che con loro si era confidato e che sugli schermi del radar aveva visto degli aerei che volavano intorno al DC9, aveva insinuato in loro il dubbio che il DC9, nei cieli di Ustica, si fosse trovato al centro di uno scenario di guerra venendo abbattuto da un missile aria-aria. Disse il Ciancarella nella citata intervista al Corriere della Sera : “Mi disse che la storia del Mig (l‘aereo libico caduto nella Sila,n.d.r.) era una puttanata. Poi mi diede tre spunti : comandante si guardi gli orari degli atterraggi dei Jet militari la sera del 27 giugno, i missili a guida radar e quelli a testata inerte. Poi non lo sentii più”.
Va poi menzionata una telefonata anonima pervenuta e andata in onda durante la trasmissione televisiva “Telefono giallo” in cui, un maresciallo dell’aeronautica, che volle rimanere anonimo, affermo: “La tragedia di Ustica fu causata da una battaglia aerea tra due Tomcat americani e il Mig 23 libico precipitato sui monti della Sila”. Certo non si può affermare che si tratti della verità, considerata anche la fonte anonima, ma non può non rilevarsi la rispondenza a quanto riferito dal Dettori ai colleghi Ciancarella e Marcucci secondo cui il DC9 era stato abbattuto da un missile per essersi trovato al centro di una battaglia aerea.
Al ritorno nel 1986 dalla Francia, dove era stato inviato, come si è detto per un corso, la moglie del Dettori riferisce che il marito era cambiato e impaurito ed appariva ossessionato dalla possibilità che qualcuno potesse intercettarlo anche attraverso delle microspie magari attraverso dei microfoni collocati all’interno del telefono. Si sottopone a visita psichiatrica e riferisce al medico che lo esamina di essere a conoscenza di un “complotto organizzato dai servizi segreti italiani e Francesi”. Viene formulata dallo psichiatra la diagnosi di sindrome dissociativa. Le sedute si protraggono fino al 23 marzo del 1987, poi viene rinvenuto impiccato ad un albero. Nel 1992, allorquando viene, a seguito di un esposto dei familiari, riaperta l’inchiesta, il cognato di Dettori riferì ai magistrati che il giorno del funerale, non visto, aveva ascoltato alcuni sottufficiali dell’Aeronautica che parlavano tra di loro e di avere sentito uno di loro che rivolto agli altri diceva : “Fatevi i cazzi vostri perché sennò andiamo per aria tutti”
Come già in altri casi di morti sospette anche il Dettori si sarebbe suicidato in preda ad uno stato depressivo e a una sindrome ossessiva che avrebbero determinato una sua instabilità psichica. Era una persona debole che non riusciva a sopportare il peso del segreto di cui era depositario, segreto che non poteva rendere pubblico per il silenzio impostogli anche con minacce di rappresaglia nei confronti suoi e dei familiari.
Posto che è rimasto accertato in maniera inequivocabile che la sera del disastro Dettori era in servizio alla base di Poggio Ballone, non vi è dubbio che quella sera fu testimone di qualcosa che lo turbò profondamente. Certo non vi sono prove per potere affermare che il maresciallo Dettori sia stato “suicidato” allo scopo di impedirgli di rivelare quanto da lui constatato. Il segreto di quella notte lo ha portato con sé. Ma che ciò possa essere accaduto è esplicitamente adombrato nelle parole del giudice istruttore Priore il quale, a proposito del Dettori così scrive nella sentenza ordinanza: “sulla sua morte restano indizi che egli fosse in servizio la sera del disastro in sala operativa, che sia stato teste di quanto avvenuto e “visto” da quel radar, che si sia o sia stata determinata in lui una mania di persecuzione per i fatti in questione, specie nel periodo di missione in Francia. Se ha visto quello che mostravano gli schermi di quel centro radar, che aveva visione privilegiata su tanta parte della rotta del DC9 e di quanto intorno ad esso s’è consumato, se ne ha compreso la portata, al punto tale da confessare a chi gli era più vicino che quella sera si era sfiorata la guerra, ben si può comprendere quanto grave fosse il peso che su di lui incombeva. E quindi che, in uno stato di depressione, si sia impiccato. O anche, dal momento che egli stava diffondendo le sue cognizioni, reali o immaginarie, e non fosse più possibile frenarlo, che sia stato impiccato. Sui singoli fatti come sulla loro concatenazione non si raggiunge però il grado della prova”.
La morte di Dettori apre tutta una serie di morti per incidenti stradali non chiari dove gli investitori non vengono mai identificati, di infarti che colgono uomini giovani e in piena salute, di suicidi dalle modalità quanto meno anomale, di incidenti aerei con velivoli carbonizzati e vittime indenni; morti che interessano sottufficiali dell’aereonautica, piloti, generali, politici, un medico. Tutte queste morti, in numero di quindici, hanno però in comune il fatto che le vittime avevano qualcosa a che fare con l’abbattimento del DC9 dell’Itavia.