Il Genio di Palermo
Il genius loci come fondamenta di un aggregato umano
Il genius loci rappresenta una delle costanti che ritroviamo nelle narrazioni che stanno alle fondamenta
della costruzione di un aggregato umano, di un insediamento urbano. Dalla lupa di Roma all’elefante di
Catania, al quadro miracolosamente salvato dalle acque come nel caso della fondazione del santuario di
Tindari. Palermo non può essere da meno con il suo “genio” che è stato incalzato prima da Santa Oliva e
dalle altre tre “compatrone” della città Santa Ninfa, Sant’Agata e Santa Cristina e, successivamente, dalla
avanzata travolgente di Santa Rosalia alla quale si attribuì il miracolo della fine della pandemia provocata
dalla peste nella realtà urbana palermitana.
Il fascino del Genio
Il Genio, nonostante questi attacchi concentrici, mantiene intatto il suo fascino. L’invocazione
“Palermo e Santa Rosalia” che il Sindaco pronuncia ai Quattro Canti salendo sul carro trionfale accanto alla
statua della Santa portata in processione costituisce la testimonianza della compresenza di un culto pagano
che si affianca e convive con quello cristiano. Un intreccio ibrido con il quale si costruisce l’identità della
città. Cosa rappresenta il genio non si legge in modo immediato e, soprattutto, è difficile comprendere la
motivazione della sua permanenza strutturale nell’immaginario collettivo e simbolico nel contesto
palermitano. Bisogna scavare nella sovrapposizione strutturale dei miti e nella loro stratificazione, per
giungere alle radici della narrazione mitologica e per comprenderne l’origine. Una missione impossibile in
quanto, come sottolinea Gianfranco Marrone nel suo Palermo, “della fondazione di Palermo – data,
protagonisti, siti, maniere – non si ha notizia certa. Né tantomeno la città gode di un ben identificato mito
di fondazione che le restituisca sul piano leggendario e simbolico ciò che il supporto documentario e
l’indagine storiografica non riescono a donarle”.
Le fortune del Genio
Per capire le fortune del Genio dobbiamo seguire il percorso interpretativo tracciato da Marrone. Il punto
di partenza è la rilettura delle ipotesi formulate dal Di Giovanni che fanno riferimento a Saturno o Kronos
che come sappiamo è il dio che divora i propri figli. La chiave di lettura è legata allo studio delle pratiche
rituali legate ai culti popolari. Partiamo dal Festino e dall’invocazione “Viva Palermu e Santa Rosalia” che
segna il momento culminante del rito cerimoniale con il quale si pone la città sotto la protezione della
Santa e del Genio. Questa invocazione pronunciata, anzi a dir meglio gridata, dal rappresentante pro
tempore della città a nome di tutti i palermitani ci indicano che nel sentire popolare Genio e Santa Rosalia
costituiscono un tutt’uno.
Per Marrone il collegamento ancestrale che si fa tra le due figure è legato ai culti che si sono sempre
celebrati sul monte Pellegrino e nelle sue grotte sin dalla preistoria. Riprendendo le riflessioni di Gianfranco
Purpura nel suo Testimonianze puniche all’Acquasanta, sottolinea come la figura di “Rosalia, le cui ossa
furono rinvenute in una grotta del monte Pellegrino, è traduzione relativamente recente dell’antichissima
dea fenicia Tanit, che nel monte veniva celebrata in una serie complessa di riti, insieme ed accanto a un
altro dio, Baal Hammon, fenicio anch’esso”.
Il dibattito sulla rappresentazione del Genio di Palermo
Questa interpretazione ci permetterebbe di ricomporre tutte le tessere del puzzle: radicamento delle
culture semitiche nella realtà cultuale del palermitano legate al consolidamento urbano della presenza
umana grazie all’intervento dei Fenici che utilizzarono Palermo come stazione commerciale; presenza alle
falde del monte Pellegrino di un Tofet dedicato a Tanit e a Baal-Hammon del quale Gianfranco Purpura
ritrova delle tracce all’Acquasanta; romanizzazione di Baal-Hammon in Kronos non a caso divinità che
divora i propri figli o Saturno divinità che è collegata al mito dell’età dell’oro e alla fecondità della terra al
quale si fanno sacrifici umani; intervento della chiesa cattolica che con il culto di Santa Rosalia chiude il
cerchio dando legittimità alla continuità del mito rileggendolo in chiave moderna.
L’ipotesi interpretativa è affascinante ma, soprattutto, rimette in discussione un dibattito sulla
rappresentazione del Genio di Palermo che, in realtà, affascina soltanto gli “eruditi” per i palermitani il
genio è “Palermo” che si coniuga con Santa Rosalia: Viva Palermu e santa Rosalia.
Ninni Giuffrida