Il nome della rosa – La serie tv
Prima parte
La miniserie ispirata al romanzo omonimo di Umberto Eco del 1980 è un chiaro omaggio all’universo emotivo e intellettuale che caratterizzava gli uomini durante la fine dell’età medievale.
I due protagonisti, il frate francescano Guglielmo da Baskerville (uno strepitoso John Turturro) e il suo giovane novizio, il benedettino Adso da Melk, raggiungono un’abbazia circondata dal freddo e dalla neve per prendere parte ad una disputa relativamente al tema della povertà tra rappresentanti francescani e il papato avignonese. Il loro arrivo è però segnato da varie morti misteriose, che sconvolgono la quotidianità del luogo. Guglielmo da Baskerville inizia a indagare seguendo le tracce, alla ricerca disperata di un filo logico. Mentre il giovanissimo novizio deve subire le provocazioni dei frati maggiori, il suo maestro prova a scoprire la verità, con astuzia e lucidità intellettuale.
Le vicende rispecchiano un modo di raccontare che riprende le moderne serie televisive poliziesche, in cui a essere dominante è l’immagine di un misterioso avvenimento, attorno cui viene costruito uno scenario di raziocinio e prevedibile evoluzione, segnato dalle vicende private dei personaggi, che danno il senso all’opera complessiva.
Diversi sono i riferimenti filosofici, ad Aristotele in particolare, per una prospettiva di analisi dell’ignoto che vuole eliminare ogni possibile forma di pregiudizio, per provare a capire, attraverso un indirizzo morale di ordine psicanalitico.
Seconda parte
Il mondo televisivo contemporaneo ci presenta una versione dell’opera di Umberto Eco senza dubbio originale, a tratti innovativa, per la presenza di attori di un ottimo livello interpretativo come John Turturro, ma vanno sottolineati anche altri aspetti. Il senso della serie, nella sua seconda serata, ha mostrato un netto calo di audience rispetto all’esordio televisivo, segno che il pubblico ha incontrato per strada qualcosa che non è piaciuto. Possiamo riferirci a un’indagine descrittiva che tenta di rispettare le dinamiche delle fiction poliziesche moderne e non riesce a mantenere un indirizzo coerente con un certo standard prefissato. Nello specifico, ciò che è veramente distante è l’orizzonte intellettuale in cui la storia è stata costruita dal suo autore, Umberto Eco, rispecchiata molto nel film con Sean Connery degli Anni Ottanta. Erano di sicuro altri tempi, per il pubblico e per il rapporto con le immagini, ma il calo di telespettatori del secondo appuntamento con la serie televisiva dedicata a “Il nome della rosa” non è casuale, secondo le analisi che stiamo presentando in questa sede. Le ricerche di connessioni con il passato e i ricordi dei protagonisti sono ben fatte, in parte evidenziano lo stile cinematografico di Ron Howard e altri grandi registi contemporanei, ma il modo in cui la struttura, nel suo insieme, è data sembra appartenere a una situazione priva di riferimenti morali e intellettuali, soprattutto in relazione al romanzo da cui sono tratte le vicende.
Ogni versione di un’opera è un’esperienza che va vissuta fino in fondo e siamo certi che la serie potrà ancora darci diversi spunti per indagini critiche, ma l’origine di un testo, poi diventato immagine, deve essere base per le nostre prospettive di studio e revisione, in una rappresentazione di pensiero. Quindi, la vicinanza con Eco è meglio mantenerla sempre, specie con una delle sue creature più elaborate e dense di significato.
Terza parte
I due episodi della serie televisiva tratta dal celebre romanzo di Eco ci portano in atmosfere che ben si saldano con il periodo storico in cui le vicende sono ambientate, ossia il tardo Medioevo. Siamo nei pressi dell’abbazia ove si trovano i protagonisti e il bosco fa da contraltare rispetto alle sale con colonne in cui i monaci si ritrovano per pregare e discutere, specie dopo la visita dei messi del Papa, che portano direttamente da Avignone un dono pregiato per l’abbazia, quel Cristo crocefisso scolpito nell’oro che suscita ammirazione e sdegno insieme.
Vediamo come le vicende emotive si mescolino sempre più con la ricerca del vero, seguendo facoltà razionali messe a dura prova da eventi misteriosi e strane apparizioni, tra cui quella del libro scritto in greco nell’infermeria dell’abbazia. Il legame tra maestro e allievo resta, ma viene posto in situazione di disagio per le vicissitudini che colorano l’esistenza del quotidiano, come è giusto che sia. Il richiamo alla donna vista come oscuro presagio, nascosta e confinata nell’orizzonte della stregoneria, viene facilmente alla memoria, per le dinamiche che coinvolgono i personaggi nel bosco. I processi sono all’ordine del giorno quando si tratta di mettere in dubbio la buona fede.
Alcune colluttazioni fanno da sfondo a mutamenti continui di scenario, tipici del genere thriller. L’opera prosegue spedita verso la sua conclusione, ma ancora parecchie situazioni devono essere chiarite.
Quarta parte
Il racconto televisivo tratto dal romanzo di Eco prevede caratteristiche di immagini sempre più ombrose, quasi come i film dedicati alla saga di Harry Potter. Il cielo nuvoloso che inaugura il passaggio dal giorno alla notte è lo sfondo del nuovo interrogatorio degli emissari mandati nell’abbazia dal Papa avignonese. I metodi brutali di confronto tra gli uomini di Chiesa e gli eretici già condannati in partenza mettono a nudo paure e sofferenze, mentre le emotività sgorgano tra le segrete dell’edificio religioso, nelle prigioni e all’esterno. Il tema della caccia alle streghe è ormai diventato persistente, soprattutto seguendo il filo conduttore per cui i capelli rossi sono segno del demonio. In generale, possiamo dire che è l’amore a essere riconosciuto come negatività, per il suo carattere troppo divinatorio, che richiede di necessità la resa dell’umano di fronte all’incontro con l’altro, che, in un modo o nell’altro, rende comunque più forti.
La storia prosegue verso la sua conclusione e sembra che la risoluzione degli enigmi non allontanino certi pregiudizi, che solitamente persistono. La scelta tra ciò che è giusto e ciò che è facile è una chiave di volta che si potrebbe ben evidenziare qui, per trattare di decisioni e delle ultime lezioni di un maestro al suo allievo prediletto. E’ l’esistenza tutta che viene pervasa di costellazioni misteriose, non si può lasciare che siano solo delle morti oscure a creare per noi il senso dell’ignoto. Per quale ragione un amore sorge all’improvviso e costringe a mettere da parte desideri e intuizioni intellettuali senza preavviso? Forse è lì un inizio di prove da superare, come provano a fare i protagonisti della serie attraverso il metodo dialettico, un continuo interrogarsi e la volontà di conoscere, che, in fondo, per l’uomo, dura tutta la vita.